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Consiglio di Stato: cittadinanza negata a chi insulta qualcuno dandogli del razzista

Negata la cittadinanza italiana a uno straniero che aveva dato del razzista ad un gestore italiano di un bar

La legge sulla cittadinanza, L. 5 febbraio 1992, n. 91, prevede che per la concessione della cittadinanza “per naturalizzazione” il richiedente, oltre ad essere residente in Italia da almeno 10 anni,  non deve esser stato condannato a seguito di processi penali o comunque non deve rappresentare un pericolo per la  sicurezza dello Stato italiano.

 

Anche se sono presenti le condizioni di legge (residenza e assenza di condanne) il Ministero dell’Interno, competente all’esame delle domande di riconoscimento della cittadinanza italiana, è tenuto a compiere una valutazione discrezionale sulla integrazione del richiedente nel tessuto sociale (art. 6 legge 91/92).

 

Nel caso di specie un cittadino tunisino si era visto rigettare il ricorso contro il diniego della Prefettura sul riconoscimento della cittadinanza italiana dal Tar Lombardia perché aveva insultato il titolare di un bar dandogli del “razzista”. Aveva così appellato il Consiglio di Stato lamentando l’eccesso di potere e l’infondatezza delle conclusioni dei giudici di primo grado.

 

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 52 del 10 gennaio 2011, ha però dato ragione al Tar Lombardia, rigettando quindi l’appello del cittadino tunisino, ritenendo che il fatto contestato, anche se privo di conseguenze penali (era intervenuta la Polizia ma non c’era stato un procedimento penale) “può essere stato ragionevolmente inteso – alla data di emanazione del provvedimento impugnato – come espressivo di una non ancora avvenuta piena assimilazione dei valori costituzionali”.

 

 

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