Consiglio di Stato – VI Sezione – Sentenza n. 1788 del 25 marzo 2009 Ampia discrezionalità Amministrazione sul riconoscimento cittadinanza italiana
Nel caso di specie il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza volta ad ottenere la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9 Legge n. 91 del 1992 richiamando per un verso i poteri ampiamente discrezionali spettanti all’Amministrazione dell’interno in relazione al vaglio delle istanze quali quella in parola e, per altro verso, il contenuto della nota istruttoria con la quale la Questura ha ritenuto l’odierna appellante non adeguatamente inserita nel contesto sociale, economico lavorativo italiano (anche a causa di precedenti penali a carico della richiedente). Le censure svolte relative all’erroneità della sentenza appellata non possono trovare accoglimento. Al riguardo, occorre prendere le mosse dalla circostanza secondo cui a fronte dell’istanza volta alla concessione della cittadinanza, l’Amministrazione dell’Interno gode di un’amplissima discrezionalità potendo valutare con rilevanti margini di apprezzamento la sussistenza di uno specifico interesse pubblico al rilascio della concessione. Sotto tale profilo, le valutazioni poste in essere dall’Amministrazione dell’Interno in relazione alla sussistenza di uno status illesae dignitatis (morale e civile) in capo al richiedente, possono essere censurate in sede giurisdizionale solo se affette da profili di palese irragionevolezza o di evidente abnormità. Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’esame del complesso delle circostanze nella specie rilevanti palesa l’insussistenza di elementi idonei ad infirmare la correttezza delle valutazioni operate dal Ministero dell’interno.
In particolare, si ritiene che dal complesso delle circostanze appurate in sede istruttoria e trasfuse nella nota della Questura (nota richiamata ai fini della motivazione per relationem del provvedimento impugnato in prime cure) non emergono profili di irragionevolezza in ordine alla scelta di ritenere l’insussistenza di un prevalente interesse pubblico alla concessione della cittadinanza in favore dell’attuale appellante.
Alla luce di ciò il Consiglio di Stato respinge l’appello.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1788/09
Reg.Dec.
N. 1665 Reg.Ric.
ANNO 2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 1665/2004, proposto:
-dalla sig.ra SELIMOVIC Mujezira, rappresentata e difesa dall’Avv. Lorenzo Trucco ed elettivamente domiciliata in Roma, al Viale Carso, n. 23, presso l’Avv. Mario Angelelli
contro
-il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del Piemonte, n. 2124 del 2002, depositata in data 21 dicembre 2002, con cui è stato respinto il ricorso iscritto al n. 2407 del 2000;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del giorno 9 gennaio 2009 relatore il Consigliere Claudio Contessa e uditi, altresì, l’Avv. M. R. Damizia per delega dell’Avv. Trucco e l’Avv. dello Stato Guizzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La sig.ra Selimovic riferisce di essere cittadina della ex Jugoslavia e di essere entrata in Italia nel 1977 (dalla nota della Questura di Torino in data 5 febbraio 1999 emerge, invece, che l’appellante abbia fatto ingresso in Italia all’età di quattordici anni, ossia, nel 1973).
Riferisce di essere titolare di regolare permesso di soggiorno, di svolgere attività salariata in Italia e di essere adeguatamente inserita nel contesto sociale italiano.
Con istanza in data 18 settembre 1998, la sig.ra Selimovic faceva istanza di ottenere la cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, co. 1, lettera f) della l. 5 febbraio 1992, n. 91 (‘Nuove norme sulla cittadinanza’).
Risulta agli atti che la Questura di Torino (deputata a svolgere l’istruttoria di rito sull’istanza di cui sopra), con nota in data 5 febbraio 1999 ebbe ad esprimere parere sfavorevole sull’istanza, atteso che:
– l’odierna appellante non aveva sempre rispettato la normativa nazionale in tema di soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, avendo ottenuto il primo permesso di soggiorno solo nel 1987;
– a carico della richiedente sussistevano alcuni precedenti penali (ad es.: una pena patteggiata per il reato di furto aggravato e due procedimenti penali pendenti per il reato di ricettazione);
– in definitiva, la sig.ra Selimovic non poteva dirsi inserita nel contesto sociale, economico lavorativo italiano, con la conseguenza che l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana dovesse essere respinta.
Pertanto, con il provvedimento in data 2 dicembre 1999 (fatto oggetto di impugnativa in prime cure), il Ministero dell’interno respingeva l’istanza di cui sopra richiamando per un verso i poteri ampiamente discrezionali spettanti all’Amministrazione dell’interno in relazione al vaglio delle istanze quali quella in parola e, per altro verso, il contenuto della richiamata nota istruttoria della Questura del febbraio 1999.
Il provvedimento di diniego veniva, quindi, impugnato innanzi al T.A.R. del Piemonte il quale, con la sentenza oggetto dell’odierno gravame, respingeva il ricorso.
Al riguardo, il primo giudice riteneva in primo luogo infondato il motivo di doglianza fondato sulla carenza di motivazione dell’atto di diniego, ritenendo che l’atto negativo fosse adeguatamente motivato per relationem attraverso il rinvio al contenuto dell’istruttorio svolta dalla Questura.
Nel merito, il T.A.R. riteneva che il provvedimento di diniego non risultasse affetto dal alcun profilo di manifesta irragionevolezza o di palese illogicità, sulla base del complesso delle circostanze riferibili all’odierna appellante.
La decisione in questione veniva impugnata in sede di appello dalla sig.ra Selimovic, la quale ne lamentava l’erroneità e ne chiedeva l’integrale riforma articolando un unico complesso motivo di doglianza (Eccesso di potere – Violazione di legge – Ingiustizia manifesta).
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’interno, il quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.
All’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2009 le parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una cittadina della ex Jugoslavia avverso la sentenza del T.A.R. del Piemonte con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento del Ministero dell’interno con il quale era stata rigettata l’istanza volta ad ottenere la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9 della l. 5 febbraio 1992, n. 91 (‘Nuove norme sulla cittadinanza’).
2. Con l’unico motivo di ricorso, la sig.ra Selimovic lamenta l’erroneità della sentenza in epigrafe, per la parte in cui ha ritenuto che il contenuto della nota istruttoria della Questura di Torino in data 5 febbraio 1999 fosse idoneo a supportare un provvedimento negativo sull’istanza di concessione della cittadinanza italiana.
In particolare, il T.A.R. avrebbe malamente interpretato la rilevanza, ai fini delle proprie determinazioni, dei pregiudizi penali esistenti a carico dell’odierna appellante, con particolare riguardo alla pena patteggiata nel 1997 per furto aggravato, la quale non avrebbe comunque potuto essere valutata ai fini dell’esame dell’istanza di concessione della cittadinanza.
Ciò, in quanto per un verso la sentenza resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non sarebbe assimilabile ai fini che qui rilevano ad una sentenza di condanna ed in quanto, per altro verso, il reato di cui sopra sarebbe comunque estinto per decorso del quinquennio dalla condanna (art. 445 c.p.p.).
Ancora, il T.A.R. avrebbe nella specie omesso di rilevare il vizio del provvedimento impugnato in prime cure, consistente nella carenza di motivazione in relazione all’insussistenza di uno specifico interesse pubblico al rilascio della cittadinanza in proprio favore, anche in considerazione del dimostrato inserimento dell’odierna appellante nell’ambito del tessuto socio-economico nazionale.
2.1. I motivi dinanzi sinteticamente richiamati, che possono essere esaminati congiuntamente, non possono trovare accoglimento.
Al riguardo, occorre prendere le mosse dalla circostanza (condivisibilmente sottolineata dalla difesa erariale) secondo cui, a fronte dell’istanza volta alla concessione della cittadinanza, l’Amministrazione dell’Interno gode di un’amplissima discrezionalità potendo valutare con rilevanti margini di apprezzamento la sussistenza di uno specifico interesse pubblico al rilascio della concessione.
Sotto tale profilo, le valutazioni poste in essere dall’Amministrazione dell’Interno in relazione alla sussistenza di uno status illesae dignitatis (morale e civile) in capo al richiedente, possono essere censurate in sede giurisdizionale solo se affette da profili di palese irragionevolezza o di evidente abnormità.
Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’esame del complesso delle circostanze nella specie rilevanti palesa l’insussistenza di elementi idonei ad infirmare la correttezza delle valutazioni operate dal Ministero dell’interno.
In particolare, si ritiene che dal complesso delle circostanze appurate in sede istruttoria e trasfuse nella nota della Questura del 5 febbraio 1999 (nota richiamata ai fini della motivazione per relationem del provvedimento impugnato in prime cure) non emergano profili di irragionevolezza in ordine alla scelta di ritenere l’insussistenza di un prevalente interesse pubblico alla concessione della cittadinanza in favore della sig.ra Selimovic.
Fra le circostanze che depongono nel senso della non irragionevolezza delle richiamate determinazioni, occorre richiamare in primo luogo il mancato rispetto, da parte dell’odierna appellante, delle norme in materia di soggiorno dei cittadini stranieri sul territorio nazionale, risultando in atti una lunga permanenza come clandestina (il primo permesso di soggiorno fu rilasciato nel 1987, mentre l’ingresso della sig.ra Selimovic sul territorio nazionale è da farsi risalire ad un periodo compreso fra il 1973 ed il 1977).
In secondo luogo, appare comunque rilevante ai fini del decidere l’intervenuta condanna dell’odierna appellante ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per il reato di furto aggravato.
Sotto tale profilo, la sentenza gravata appare condivisibile laddove ha ritenuto che, anche a prescindere dall’integrale assimilabilità della sentenza di c.d. patteggiamento resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. ad una pronuncia di condanna, nondimeno il fatto storico ad essa sotteso possa comunque essere autonomamente valutato dall’Amministrazione dell’interno ai fini della ponderazione dei diversi interessi coinvolti nell’ambito del procedimento di cui all’art. 9 della l. 91 del 1992.
In terzo luogo, la pendenza di alcuni procedimenti penali per reati di indubbia gravità (ricettazione) e la convivenza con un soggetto pluripregiudicato (il sig. Bahto Ahmetovic) rappresentano ulteriori elementi i quali, se pure di per sé non sufficienti a deporre univocamente nel senso del rigetto dell’istanza, non forniscono certo, nel complessivo quadro soggettivo dinanzi sinteticamente richiamato, elementi favorevoli nel senso dello status illesae dignitatis in capo alla sig.ra Selimovic, né nel senso della sussistenza di uno specifico interesse pubblico al rilascio del richiesto provvedimento di favore.
Al riguardo, si ritiene che gi ulteriori elementi addotti dalla sig.ra Selimovic a sostegno delle proprie tesi (con particolare riguardo allo svolgimento di attività salariata, alla lunga permanenza sul territorio nazionale ed alla disponibilità di un’abitazione in Italia) non appaiono di per sé idonei a confutare la complessiva ragionevolezza del provvedimento impugnato in prime cure.
Sotto tale aspetto si osserva, inoltre: i) che il tempus di residenza in Italia del cittadino straniero rappresenta condizione necessaria ma non certo sufficiente per la concessione della cittadinanza; ii) che l’attività lavorativa svolta dalla sig.ra Selimovic (attività saltuaria nell’ambito dei cantieri di lavoro organizzati dal Comune di Torino) non risulta caratterizzata da alcun requisito di stabilità.
3. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2009 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe Barbagallo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Claudio Contessa Consigliere, Rel.
Presidente
GIUSEPPE BARBAGALLO
Consigliere Segretario
CLAUDIO CONTESSA ANDREA SABATINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero………………………………………………………………………………….
a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria