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Consiglio Stato 9 marzo 09 Normativa sopravvenuta non si applica a fatti pregressi commessi extraue

Consiglio di Stato – VI Sezione  – Sentenza n. 1340 del 9 marzo 2009 Normativa sopravvenuta non applicabile a fatti pregressi commessi dal cittadino extraue.
Il Consiglio di Stato accoglie l’appello avverso il provvedimento di diniego di permesso di soggiorno fondato sulla sussistenza a carico del ricorrente di alcune sentenze di c.d. “patteggiamento” per reati in materia di stupefacenti, ritenute di per sé ostative al rinnovo del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 4, comma 3, del D. Lgs. n. 286/1998. Il giudice di primo grado ha ritenuto irrilevante il fatto che le condanne siano state emesse anteriormente al rilascio del permesso di soggiorno, di cui si chiedeva il rinnovo ed anteriormente anche all’entrata in vigore delle modifiche apportate al citato art. 4, dalla legge n. 189/2002, in quanto il legislatore avrebbe qualificato tali condanne come oggettivi indici della pericolosità sociale. L’appellante contesta tale interpretazione e sostiene che in tal modo la normativa sopravvenuta si applicherebbe retroattivamente a fatti pregressi, commessi quando il cittadino extracomunitario era in uno stato di clandestinità e che al massimo l’amministrazione poteva valutare in sede di rilascio del primo permesso di soggiorno. Con le modifiche apportate nel 2002 all’art. 4 della legge n. 189/2002, il legislatore ha inteso fare riferimento certamente anche a fatti commessi prima dell’entrata in vigore delle norme, ma, nel richiamare le sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (“patteggiamento”), ha voluto equiparare, ai fini dei presupposti per il diniego del permesso di soggiorno, tali pronunce alle altre sentenze di condanna. Tale equiparazione non può operare però per il passato, perché altrimenti verrebbe meno il presupposto su cui si fonda l’istituto del patteggiamento, che richiede che l’imputato sia consapevole della pena (che richiede e accetta) e delle sue conseguenze. Nel caso di specie, al momento del patteggiamento (1990 – 1992), tale pronuncia non comportava alcuna conseguenza automatica ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno e da ciò consegue che una tale conseguenza automatica non può essere introdotta retroattivamente, fermo restando che i fatti oggetto della pronuncia possono essere valutati dall’amministrazione ai fini del giudizio sulla pericolosità sociale del cittadino extracomunitario.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1340/09
Reg.Dec.
N. 6995  Reg.Ric.
ANNO   2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Haji Ally Mtwana, rappresentato e difeso dall’ avv.to Fulco Ruffo, ed elettivamente domiciliato presso l’Avv. Umberto Segarelli, in Roma, via Giovan Battista Morgagni, n.2/a;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;
Questura di Perugia, non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, n. 128/2004 pubblicata il 25-3-2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 20-1-2009 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Udito l’Avv. dello Stato Borgo;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O    E    D I R I T T O
1. Con l’impugnata sentenza il Tar per l’Umbria ha respinto il ricorso proposto dal cittadino extracomunitario Haji Ally Mtwana avverso il provvedimento del Questore di Perugia del 20 novembre 2003 di diniego dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
Haji Ally Mtwana ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.
Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 4938/2004 è stata respinta la richiesta di sospensione dell’impugnata sentenza.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, impugnato in primo grado, è stato fondato sulla sussistenza a carico del ricorrente di alcune sentenze di c.d. “patteggiamento” per reati in materia di stupefacenti, ritenute di per sé ostative al rinnovo del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 4, comma 3, del D. Lgs. n. 286/1998.
Il giudice di primo grado ha ritenuto irrilevante il fatto che le condanne siano state emesse anteriormente al rilascio del permesso di soggiorno, di cui si chiedeva il rinnovo ed anteriormente anche all’entrata in vigore delle modifiche apportate al citato art. 4, dalla legge n. 189/2002, in quanto il legislatore avrebbe qualificato tali condanne come oggettivi indici della pericolosità sociale.
L’appellante contesta tale interpretazione e sostiene che in tal modo la normativa sopravvenuta si applicherebbe retroattivamente a fatti pregressi, commessi quando il cittadino extracomunitario era in uno stato di clandestinità e che al massimo l’amministrazione poteva valutare in sede di rilascio del primo permesso di soggiorno.
I motivi del ricorso in appello, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Con le modifiche apportate nel 2002 all’art. 4 della legge n. 189/2002, il legislatore ha inteso fare riferimento certamente anche a fatti commessi prima dell’entrata in vigore delle norme, ma, nel richiamare le sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (“patteggiamento”), ha voluto equiparare, ai fini dei presupposti per il diniego del permesso di soggiorno, tali pronunce alle altre sentenze di condanna.
Tale equiparazione non può operare però per il passato, perché altrimenti verrebbe meno il presupposto su cui si fonda l’istituto del patteggiamento, che richiede che l’imputato sia consapevole della pena (che richiede e accetta) e delle sue conseguenze.
Già in precedenza questa Sezione ha ritenuto che in sede di rinnovo del permesso di soggiorno, la disciplina di cui all’art. 4 comma 1 lett. b) l. 30 giugno 2002 n. 189 – che equipara, agli effetti della preclusione dell’ingresso e della permanenza nello Stato italiano, la sentenza che irroga la pena a seguito di patteggiamento a quella di condanna con rito ordinario – non trova applicazione nei casi in cui il procedimento di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i reati ivi contemplati sia concluso anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 189 del 2002 (Cons. Stato, VI, n. 5250/2006; n. 4343/2008);
Nel caso di specie, al momento del patteggiamento (1990 – 1992), tale pronuncia non comportava alcuna conseguenza automatica ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno e da ciò consegue che una tale conseguenza automatica non può essere introdotta retroattivamente, fermo restando che i fatti oggetto della pronuncia possono essere valutati dall’amministrazione ai fini del giudizio sulla pericolosità sociale del cittadino extracomunitario.
Tale autonoma valutazione non è, tuttavia, avvenuta nel caso in esame, in cui la Questura ha fondato il provvedimento di diniego unicamente sul carattere ostativo delle sentenze penali.
Per di più, si trattava di sentenze già esistenti al momento del rilascio del primo permesso di soggiorno e relative ad un periodo in cui il ricorrente viveva in situazione di clandestinità, poi cessata a seguito della ottenuta sanatoria.
L’amministrazione avrebbe dovuto valutare anche tale elemento, sempre ai fini del giudizio sulla pericolosità sociale, ma nessuna traccia di ciò vi è nel provvedimento impugnato.
L’impugnato provvedimento deve, quindi, essere annullato e, in esecuzione delle presente pronuncia, l’amministrazione dovrà riesaminare l’istanza del ricorrente, potendo valutare i fatti oggetto delle sentenze penali e dovendo nel contempo valutare la condotta tenuta dal ricorrente negli anni successivi, il suo inserimento in Italia e ogni altro fatto anche sopravvenuto.
3. In conclusione, l’appello deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato, in riforma della sentenza di primo grado.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio; mentre sull’istanza di liquidazione degli onorari spettanti al difesore a seguito dell’ammissione al gratuito patrocinio dell’appellante si provvede con separata ordinanza.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20-1-2009 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Claudio Varrone     Presidente
Maurizio Meschino     Consigliere
Roberto Chieppa     Consigliere Est.
Michele Corradino     Consigliere
Roberto Giovagnoli     Consigliere

Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere       Segretario
ROBERTO CHIEPPA    GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA

CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero………………………………………………………………………………….

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

      Il Direttore della Segreteria

 

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