Il provvedimento di rigetto, che era stato adottato dal Dirigente dello Sportello Unico per l’Immigrazione di Lecce, si basava su due punti. Il primo era il parere negativo emesso dalla Questura che rilevava la “non effettività del rapporto di lavoro”, sostenendo che a loro viso si trattava di un rapporto non veritiero. Il secondo punto era una mera supposizione di “completo disinteresse per l’esito della domanda” da parte del cittadino extracomunitario visto che non aveva prodotto delle osservazioni al preavviso di diniego emesso ai sensi dell’art. 10bis della Legge 241/1990. Su quest’ultimo punto il Tribunale ha sollevato la peculiarità di questo strumento legale, visto che una mancata attivazione da parte dell’interessato nei confronti della Pubblica Amministrazione non può supporre un vero e proprio disinteresse per l’istanza presentata.
I giudici, nella fattispecie, hanno primordialmente sottolineato che la Questura non può emettere un parere in merito alla natura del rapporto di lavoro, visto che la autorità di Pubblica Sicurezza può segnalare la sussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno, cioè può indicare se lo straniero interessato è una persona che minaccia l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale. Per di più, hanno ricordato che in merito alla capacità economica del datore di lavoro e la congruità delle condizioni di lavoro applicate, soltanto la Direzione Territoriale del Lavoro può emettere il proprio parere ai fini della procedura di regolarizzazione.
Il ricorso, quindi, è stato accolto visto non solo l’eccesso di potere dimostrato dalla Questura, ma anche perché la Prefettura è libera di dissociarsi dal parere formulato dalla Questura, trattandosi soltanto di un contributo consultivo obbligatorio ma non vincolante per l’esito della decisione finale che spetta allo Sportello Unico per l’Immigrazione.
Il Collegio, inoltre, ha ribadito che per poter dimostrare che il rapporto di lavoro è finto, è indispensabile procedere con accertamenti e riscontri effettivi, perché non basta la semplice supposizione. Anche perché ai sensi del D.Lgs. 109/2012, la disponibilità del datore di lavoro di regolare il rapporto di lavoro si basava nella premura di versare il contributo forfetario di €1.000,00 nonché di procedere al pagamento dei contributi previdenziali a favore del dipendente per il periodo antecedente e successivo.
Nel presente caso, anche se il rapporto di lavoro era regolarmente finito prima che il SUI decretasi l’archiviazione della pratica, il datore di lavoro aveva depositato tutta la documentazione richiesta dalla procedura di emersione 2012, compresa la copia di dichiarazione di cessazione del rapporto di lavoro.