in

TAR Campania Sentenza 30 aprile 2008 Precedente condanna penale causa ostativa rinnovo del permesso

TAR Campania, Napoli, Sezione VI, Sentenza n. 3063 del 30 aprile 2008
E’ legittimo il diniego di permesso di soggiorno fondato sull’esistenza di un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile.
Il ricorrente nelle censure svolte deduce l’irrilevanza del decreto, sul rilievo che quest’ultimo non potrebbe essere equiparato alla sentenza penale di condanna, tenuto conto dell’inapplicabilità allo stesso degli effetti penali e dell’inefficacia di giudicato nei giudizi civili ed amministrativi, ed inoltre che, nel caso di specie (trattandosi di fatti non rientranti nelle ipotesi di cui all’art. 380 C.P.), troverebbe applicazione il principio di irretroattività della legge penale, versandosi in una fattispecie di condanna riportata prima della modifica dell’art. 26 del D.Lgs. 286/1998 ad opera della legge 189/2002, che ha aggiunto, al menzionato articolo, il comma 7-bis, secondo il quale: “la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione III, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto d’autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del premesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica".
Ritiene in proposito il Collegio che, le condotte integratici delle fattispecie criminose indicate nell’art. 26 comma 7 bis rilevano come oggettivi indici di pericolosità sociale e quindi come meri fatti storici, indipendentemente dalla natura del provvedimento e dall’entità della pena; a dimostrazione di tale assunto sta la chiara disposizione non è già la "sentenza" di condanna a provocare il suddetto effetto ostativo, bensì "la condanna con provvedimento irrevocabile", nel cui ambito rientra senza dubbio "il decreto penale di condanna" divenuto irrevocabile.
La preclusione non rappresenta quindi una sanzione accessoria alla condanna né una conseguenza dell’attribuzione di natura di giudicato al provvedimento, bensì una preclusione di natura amministrativa che la legge fa derivare dall’aver riportato una condanna per determinati reati, che in definitiva incide sulla determinazione dei requisiti soggettivi per poter conseguire un provvedimento favorevole (il rinnovo del permesso di soggiorno) quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno di riprovevolezza (e quindi non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto dallo straniero.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
per la CAMPANIA – NAPOLI   Sezione VI
ha pronunciato la seguente 

SENTENZA

sul ricorso n. 6804 del 2006, proposto da
DIAGNE SAMBA
nato a Ndiagne in Senegal in data 12.03.1962, rappresentato e difeso dagli avv.ti Donatella D’Acunio e Anna Nunziante, con le quali elettivamente domicilia in Napoli alla via Pietro Colletta n.12
contro
QUESTURA DI NAPOLI
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale ope legis domicilia in Napoli alla via Diaz n.11
MINISTERO DELL’INTERNO
in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale ope legis domicilia in Napoli alla via Diaz n.11
per l’annullamento
 del decreto reso dal sig. Questore di Napoli prot. Cat. A12/2006/1°/Seg./DB del 13.06.2006, notificato in data 05.10.2006, avente ad oggetto il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;
 di ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale, comunque lesivo.
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTA la memoria di costituzione dell’Amministrazione intimata, con i relativi allegati;
VISTI gli atti tutti della causa;
UDITI alla pubblica udienza del 19 marzo 2008, relatrice la dr.ssa Ida Raiola, i procuratori delle parti: come da verbale;
RITENUTO in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 10.11.2006 e depositato in data 13.11.2006,  il ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe per i seguenti motivi di diritto:
 Violazione e falsa applicazione art.26, comma 7bis, D.Lgs. 286/98 come modificato dalla legge n.189/2002 –Violazione e falsa applicazione messaggio ministero dell’Interno del 09.09.2003 – Omessa istruttoria – Arbitrarietà – Manifesta ingiustizia – Ecceso di potere;
 Contraddittorietà con precedente determinazione – Omessa istruttoria – Arbitrarietà – Manifesta ingiustizia – Eccesso di potere.
Il Ministero dell’Interno si costituiva e resisteva al ricorso del quale chiedeva il rigetto.
In sede cautelare il Tribunale, con ordinanza n.1008/2007, respingeva l’istanza di sospensiva.
All’udienza pubblica del 19 marzo 2008 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Il Collegio osserva che il punto nodale delle questoni sollevate dalla difesa del ricorrente concerne la natura ostativa o meno, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, dell’esistenza di un decreto penale di condanna comminato per i reati previsti dagli artt. 110 – 474 e 62-bis C.P.  che l’istante ha riportato in data 12.03.2002  e che è divenuto irrevocabile in data 26.06.2002.
Parte istante deduce l’irrilevanza del menzionato decreto, sul rilievo che quest’ultimo non potrebbe essere equiparato alla sentenza penale di condanna, tenuto conto della inapplicabilità allo stesso degli effetti penali e dell’inefficacia di giudicato nei giudizi civili ed amministrativi,  ed inoltre che, nel caso di specie (non trattandosi di fatti di particolare allarme sociale, peraltro non rientranti nelle ipotesi di cui all’art. 380 C.P.), troverebbe applicazione il principio di iretroattività della legge penale, versandosi in una fattispecie di condanna riportata prima della modifica dell’art.26 del D.Lgs. 286/1998 ad opera della legge 189/2002 (la quale ha aggiunto al menzionato articolo il comma 7-bis, che ha ricompreso i reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione III, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto d’autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale nel novero delle ipotesi di revoca del permesso di soggiorno). 
I rilievi esposti sono, tuttavia, infondati.
Il cennato art. 26, comma 7-bis, del D.Lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/02, norma espressamente richiamata nell’atto impugnato, dispone: "la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione III, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto d’autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del premesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica".
Ritiene in proposito il Collegio che, alla stregua della interpretazione delle sopra riportate disposizioni normative, le condotte integratici delle fattispecie criminose indicate nell’art. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. n. 286/1998, comma aggiunto – come ricordato – dal comma 1 dell’art. 21, L. 30 luglio 2002, n. 189, rilevano come oggettivi indici di pericolosità sociale e quindi come meri fatti storici, indipendentemente dalla natura del provvedimento e dall’entità della pena; a dimostrazione di tale assunto sta la chiara disposizione non è già la "sentenza" di condanna a provocare il suddetto effetto ostativo, bensì "la condanna con provvedimento irrevocabile", nel cui ambito rientra senza dubbio "il decreto penale di condanna" divenuto irrevocabile.
La preclusione non rappresenta quindi una sanzione accessoria alla condanna, ovvero un effetto penale della condanna stessa, né tantomeno una conseguenza dell’attribuzione di natura di giudicato al provvedimento, bensì una preclusione di natura amministrativa che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’aver riportato una condanna per determinati reati e che in definitiva incide sulla determinazione dei requisiti soggettivi per poter conseguire un provvedimento favorevole (il permesso di soggiorno) che il legislatore è libero di fissare – salva la palese irragionevolezza della scelta, che nella specie nè è dedotta né sembra sussistente – in definitiva ricadendo la fattispecie preclusiva in fatti di rilevanza penale.
La preclusione in esame, in definitiva, non rappresenta un effetto penale, ovvero una sanzione accessoria alla condanna, bensì un effetto di natura amministrativa che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’aver riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno di riprovevolezza (e quindi non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto dallo straniero.
Cosicché non viene in rilievo il principio di irretroattività, che vale per la legge penale (e gli effetti penali), mentre per il procedimento amministrativo relativo al permesso di soggiorno, anche per ciò che riguarda l’individuazione dei presupposti pro-tempore rilevanti, vale il principio generale del tempus regit actum (T.A.R. Campania-Napoli, Sez. IV, 28 febbraio 2007 n. 2713; T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. II, 20.12.2006 n. 4105)
Infondato è anche il rilievo dell’omessa considerazione della concreta pericolosità e della situazione familiare del ricorrente, che si sarebbe nelle more perfettamente inserito nel contesto sociale, tenuto conto del prevalente orientamento giurisprudenziale (ex multis, TAR Piemonte, 31 marzo 2006, n. 1605; TAR Toscana, sez. I, 30 gennaio 2006, n. 210 e TAR Campania, sez. IV, 17 gennaio 2007, n. 1052) secondo il quale la condanna riportata dal ricorrente integra una delle ipotesi in cui la pericolosità sociale è presunta dal Legislatore, sicché l’Autorità di pubblica sicurezza, essendo vincolata dall’esistenza del provvedimento di condanna, non è chiamata a svolgere alcuna valutazione discrezionale. In proposito, la natura vincolata del provvedimento, dipendente dalla piana applicazione di norme di legge espressamente richiamate nell’atto impugnato, non richiede alcuna evidenziazione dell’interesse pubblico, sussistente in re ipsa e non bilanciabile con contrastanti interessi privatistici; peraltro il provvedimento impugnato dà esatto e puntuale conto delle causa ostativa al rinnovo, consistente nel precedente penale di cui sopra si è discusso.
Il ricorso è dunque infondato e ne segue il rigetto.
Sussistono giusti motivi di equità, a cagione della natura della controversia e degli interessi coinvolti, per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sesta Sezione di Napoli, pronunciando sul ricorso n. 6804 del 2006, proposto da Diagne Samba, meglio in epigrafe specificato, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 19 marzo 2008.
Dott. Alessandro Pagano Presidente f.f.
Dott.ssa Ida Raiola  Giudice est.
Dott. Sergio Zeuli Giudice
___________________________
___________________________

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]

IMMIGRAZIONE: AGENTI A MATRIMONIO CLANDESTINO, NOZZE A MONTE

IMMIGRAZIONE: CLANDESTINI SOCCORSI DA NAVE MARINA