TAR EMILIA ROMAGNA – Sezione I – Sentenza del 17 Gennaio 2008 n. 00072
Rinnovo permesso di soggiorno – Impugnazione diniego -Infondatezza motivi censura – Rigetto ricorso per condanne penali ostative al rinnovo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L’EMILIA-ROMAGNA
BOLOGNA
SEZIONE I
Registro Sentenze: 72/2008
Registro Generale: 777/2005
nelle persone dei Signori:
CALOGERO PISCITELLO Presidente
GIORGIO CALDERONI Cons., relatore
GRAZIA BRINI Cons.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 777/2005 proposto da:
CHENG DACA
rappresentato e difeso da:
GABRIELE AVV. PIETRO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA JACOPO DELLA LANA 12
presso
GABRIELE AVV. PIETRO
contro
QUESTORE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA RENI 4
presso la sua sede
MINISTERO DELL’INTERNO
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA RENI 4
presso la sua sede;
per l’annullamento
del decreto 7 marzo 2005, con cui il Questore della Provincia di Bologna ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il cons. Giorgio Calderoni;
Uditi, alla pubblica udienza del 6.12.2007, gli avvocati delle parti, presenti come da verbale;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I. Il ricorrente, di nazionalità cinese, impugna il decreto in epigrafe, con cui il Questore della Provincia di Bologna ha respinto la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, con una motivazione poggiante sui seguenti elementi:
i) ascrizione del richiedente alle categorie di cui all’art. 1 legge 1423/56, in forza dei precedenti penali a suo carico, quali: denuncia per il reato di cui all’art. 22 D. Lgs. n. 286/98 (poiché occupava alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno); e arresto, per violazione dell’art. 12 commi 1, 3 e 4 del medesimo D. Lgs. (perché sorpreso, al valico di frontiera del Brennero, mentre introduceva tre cittadini clandestini nel territorio nazionale);
ii) assenza del requisito della disponibilità di sufficienti mezzi di sussistenza, di cui ai parametri indicati dall’art. 29 del medesimo D. Lgs. 286.
In contrario, il ricorrente deduce le seguenti censure:
1. violazione artt. 13, comma 2 lett. c) D. lgs. n. 286/98 e art. 1 legge n. 1423/1956, perché non si farebbe menzione dello stato in cui versano i procedimenti penali addebitatigli;
2. violazione dell’art. 5 D. lgs. n. 286/98 e s.m.i., in quanto i parametri dell’art. 29 del medesimo D. lgs. non sarebbero applicabili all’ipotesi del rinnovo del permesso di soggiorno;
3. eccesso di potere, che risulterebbe in re ipsa dalle deduzioni che precedono.
II. Resiste al ricorso il Ministero dell’Interno.
III. Con Ordinanza 14 luglio 2005, n. 683, questa Sezione respingeva l’istanza cautelare presentata dal ricorrente, “tenuto conto della relazione della Questura di Bologna, da cui risulta la presenza di condanna per favoreggiamento all’immigrazione clandestina”.
L’Ordinanza veniva confermata dal Consiglio di Stato (Sez. VI – 24 gennaio 2006, n. 316), con l’analoga motivazione che “ad una sommaria delibazione i motivi di censura prospettati nei confronti dell’impugnato diniego di rinnovo del permesso di soggiorno non appaiono assistiti da adeguati elementi di fondatezza”.
Indi, la causa è passata in decisione all’odierna pubblica udienza, senza che nuovi scritti difensivi o documenti siano stati dimessi dalle parti in causa.
IV.1. Ciò premesso, il Collegio deve riconfermare l’avviso espresso, in I e II grado, dal Giudice della cautela, stante anche l’assenza di nuovo materiale processuale da delibare.
IV.2. Invero, riveste decisivo rilievo, ai fini di decidere la causa nel merito, la circostanza giuridico-fattuale (evidenziata, come detto, dalla relazione d’ufficio, depositata agli atti di causa dalla Questura di Bologna) che a carico del ricorrente sia stata emessa condanna c.d. patteggiata alla pena di 8 mesi di reclusione (passata in giudicato il 4.7.2004), per il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina: trattasi di circostanza (intervenuta condanna, anche patteggiata, per la suddetta tipologia di reato) che, ai sensi dell’art. 4, comma 3 t.u. 25 luglio 1998 n. 286, come modificato dall’art. 4 l. 30 luglio 2002 n. 189, costituisce fatto preclusivo dell’ammissione dello straniero in Italia.
IV.3. L’anteriorità della condanna al diniego qui controverso rende priva di pregnanza la censura (in cui si sostanzia il primo mezzo di impugnazione), circa la mancata menzione, nel provvedimento stesso, della fase e dello stato del procedimento penale, in quanto il ricorrente, su cui espressa richiesta è stata pronunciata la sentenza de qua, era, all’epoca, ben a conoscenza del passaggio in giudicato, a suo carico, di una pronuncia penale di condanna per un reato ostativo all’ingresso e soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale.
IV.4. Va pertanto, disattesa, la censura rivolta in ricorso avverso il profilo motivazionale del decreto controverso e poggiante sull’esistenza di precedenti penali, a carico del richiedente, tali da far escludere la sussistenza, in capo al medesimo, dei requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno.
IV.5. Tale profilo motivazionale, oltreché immune dalle censure in contrario dedotte in ricorso, è, altresì, idoneo a sorreggere autonomamente il diniego impugnato, con la conseguenza che a nulla rileva l’eventuale fondatezza degli ulteriori mezzi di impugnazione dispiegati, in quanto gli stessi:
– o investono esclusivamente il concorrente profilo di natura reddituale, opposto dalla Questura (secondo motivo);
– o (terzo motivo) rivestono natura meramente consequenziale rispetto ai primi due mezzi di impugnazione, che sono, viceversa, risultati privi di rilievo.
V. In conclusione, il ricorso deve, per le ragioni sopra esposte, essere respinto.
Anche in considerazione dell’esito della fase cautelare del giudizio, le spese di lite vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico della parte ricorrente, secondo la misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, RESPINGE il ricorso in epigrafe.
Condanna il ricorrente a rifondere, all’Amministrazione dell’Interno, le spese di lite, che liquida in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna, il 6 dicembre 2007.
Presidente f.to Calogero Piscitello
Cons. Rel. est. F.to Giorgio Calderoni
Depositata in Segreteria in data 17.1.2008
Bologna li 17.1.2008
Il Segretario
f.to Luciana Berenga