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TAR Emilia Romagna – Sent. del 18 marzo 2008 – Istanza rinnovo permesso –

TAR Emilia Romagna – Parma – Sezione I – Sentenza n. 166 del 18 marzo 2008 – Istanza rinnovo permesso di soggiorno – Diniego per carenza condizioni di legge
E’ legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno quando vengono a mancare le condizioni di legge.  Nel caso di specie l’invocata norma di cui all’art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (“Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili …”) ha una portata limitata, consistente nel permettere che, qualora non emergano condizioni preclusive, un elemento/requisito ritenuto necessario dalla legge possa considerarsi utile al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno sebbene non esistente al momento della richiesta, ma maturato e documentato dallo straniero solo successivamente. Nella fattispecie, però, una condizione preclusiva era insita nell’irregolarità che aveva inficiato l’ingresso dello straniero in Italia, sicché non si trattava di accertare la sopravvenienza di requisiti originariamente mancanti, quanto piuttosto di prendere atto della definitiva ed irreversibile carenza, all’atto dell’ingresso nel nostro Paese, di un presupposto legale (la minore età per il ricongiungimento familiare) non più suscettibile di avveramento o sanatoria. Donde, nella circostanza, l’impossibilità di fare applicazione della norma in questione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso n. 230 del 2006 proposto da Ezeala Rogers Sandro, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Cimaglia e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma, vicolo Politi n. 7;
contro
la Questura di Parma, in persona del Questore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria “ex lege”;
il Ministero dell’Interno;
per l’annullamento
del provvedimento cat. A12/2006 Div.Pas. n. 31 in data 29 giugno 2006, con cui la Questura di Parma ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno del ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Parma;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Udito, per il ricorrente, alla pubblica udienza del 4 marzo 2008 il difensore come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Titolare di un permesso di soggiorno in scadenza l’11 dicembre 2005, il ricorrente, cittadino nigeriano, presentava in data 8 novembre 2005 un’istanza di rinnovo del titolo di soggiorno e contestualmente la richiesta di variazione delle generalità e del luogo di nascita. Richiamando, tuttavia, la circostanza che, alla luce dei dati anagrafi corretti, risultava ora che l’interessato avesse a suo tempo fruito di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare quando in realtà non era più minorenne, e quindi sulla base di false dichiarazioni sottoscritte dalla madre nel dicembre 2000, la Questura di Parma ne desumeva la preclusione all’accoglimento della domanda (v. provvedimento cat. A12/2006 Div.Pas. n. 31 in data 29 giugno 2006).
Avverso tale atto ha proposto impugnativa l’interessato, imputando all’Amministrazione l’omessa indicazione delle ragioni per le quali non si sono accolte le sue osservazioni – formulate a seguito della comunicazione ex art. 10-bis della legge n. 241/90 –, la mancata considerazione della circostanza che sono sopraggiunti elementi che consentirebbero il rinnovo del permesso di soggiorno ex art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/98, la violazione del diritto all’unità familiare quale espressione dei diritti fondamentali della persona tutelati dall’art. 2 del d.lgs. n. 286/98. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.
Si è costituita in giudizio la Questura di Parma, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 26 settembre 2006 (ord. n. 183/2006); la sua riproposizione, successivamente, veniva dichiarata inammissibile dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 5 dicembre 2006 (ord. n. 246/2006). In sede di appello, tuttavia, la misura cautelare è stata concessa (v. Cons. Stato, Sez. VI, ord. 2 settembre 2007 n. 5038).
All’udienza del 4 marzo 2008, ascoltato il rappresentante del ricorrente, la causa è passata in decisione.
Il Collegio ritiene che il ricorso vada respinto.
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 – per avere l’Amministrazione omesso di motivare circa l’infondatezza delle osservazioni formulate dal ricorrente a seguito del c.d. “preavviso di rigetto” –, va rilevato che, secondo la giurisprudenza, la predetta comunicazione ha natura e finalità simili a quella dell’art. 7 della legge 241 del 1990, essendo entrambe preordinate a garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, e trova allora applicazione la previsione di cui all’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, ai sensi della quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il contenuto dispositivo dello stesso non avrebbe potuto essere diverso, e ciò coerentemente con l’indirizzo giurisprudenziale che ritiene inutile la comunicazione dell’avvio del procedimento in caso di attività vincolata, giacché la partecipazione dell’interessato non avrebbe potuto, comunque, apportare elementi di valutazione idonei ad incidere sul provvedimento finale (v. TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 6 novembre 2006 n. 2875). La circostanza, quindi, che – difettando nella fattispecie margini di discrezionalità circa i presupposti per il rinnovo del permesso di soggiorno – non era neppure necessario provvedere alla comunicazione ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 priva di per sé di fondamento ogni questione relativa ad eventuali manchevolezze nell’applicazione della norma.
Quanto, poi, all’asserita attuale sussistenza di tutte le condizioni di legge per il rilascio del permesso di soggiorno, va precisato che l’invocata norma di cui all’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 (“Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili …”) ha una portata limitata, consistente nel permettere che, qualora non emergano condizioni preclusive, un elemento/requisito ritenuto necessario dalla legge possa considerarsi utile al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno ancorché non esistente al momento della richiesta, ma maturato e documentato dallo straniero solo successivamente (v. TAR Umbria 14 maggio 2007 n. 439). Nella fattispecie, però, una condizione preclusiva era insita nell’irregolarità che aveva inficiato l’ingresso dello straniero in Italia, in esito ad una condotta tipizzata come illegittima dalla normativa in materia, sicché non si trattava di accertare la sopravvenienza di requisiti originariamente mancanti, quanto piuttosto di prendere atto della definitiva ed irreversibile carenza, all’atto dell’ingresso nel nostro Paese, di un presupposto legale (la minore età per il ricongiungimento familiare) non più suscettibile di avveramento o sanatoria. Donde, nella circostanza, l’impossibilità di fare applicazione della norma in questione.
Quanto, infine, alla lamentata violazione del diritto all’unità familiare, tutelato dalla Costituzione e indirettamente anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, osserva il Collegio che, come è stato ripetutamente accertato dalla giurisprudenza, la peculiare posizione dello straniero, caratterizzata dall’assoggettamento, in via di principio, a discipline legislative e amministrative che possono comportare, in casi predeterminati, anche l’espulsione dallo Stato, ha una ragione nel rilievo secondo cui la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali – ad esempio – la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione, e l’assolvimento di primari compiti, quale – in particolare – quello di presidiare le proprie frontiere attraverso il rispetto delle regole stabilite in funzione di un ordinato flusso migratorio e di un’adeguata accoglienza, poste a difesa della collettività nazionale e, insieme, a tutela di coloro che le hanno osservate e che potrebbero ricevere danno dalla tolleranza di situazioni illegali; la ponderazione di tali molteplici interessi pubblici, naturalmente, spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità, limitata soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli. Nel caso di specie, pertanto, l’Amministrazione non disponeva di alcun margine di autonomia di scelta, a fronte di un’irregolarità che, alterando l’ordinato flusso migratorio, aveva viziato l’ingresso dello straniero nel nostro Paese, in relazione a regole non irragionevoli o arbitrarie; né, d’altra parte, alla luce del principio “tempus regit actum”, può acquisire rilievo nella presente controversia la sopraggiunta disposizione di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 5 del 2007 (“… Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale …”), che ha ora investito l’Amministrazione di un potere discrezionale di cui la stessa era priva quando ha provveduto sull’istanza del ricorrente.
Il ricorso, in conclusione, va respinto.
Le spese di giudizio possono essere compensate, sussistendone giusti motivi in ragione della peculiarità della vicenda esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 4 marzo 2008, con l’intervento dei Magistrati:
Luigi Papiano, Presidente
Umberto Giovannini, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/03/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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