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TAR Emilia Romagna Sentenza 22 aprile 08 Annullamento diniego pds ancorché precedente espulsione

TAR Emilia Romagna, Bologna, Sezione I, Sentenza n. 1524 del 22 aprile 2008.
E’ illegittimo il rifiuto di rilascio del permesso di soggiorno, anche a seguito di provvedimento di espulsione del cittadino straniero.
Nella fattispecie, infatti, deve ritenersi che il ricorrente, benché destinatario di espulsione con accompagnamento alla frontiera eseguita, non versi più in situazione ostativa al rilascio del permesso di soggiorno e che il diniego del permesso di soggiorno sarebbe manifestamente irragionevole.
Al riguardo va rilevato che il ricorrente, pur se rientrato irregolarmente nel territorio italiano dopo il ritorno forzato in Albania (il 29 marzo 2000), ha svolto fino al momento della notifica del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno (18 settembre 2004) e a seguito del nullaosta ricevuto nel gennaio 2007, regolare attività lavorativa alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, manifestando concreta affidabilità e integrazione, posto che non risulta abbia mai tenuto una condotta contraria alla legge o ai regolamenti nazionali e locali.
Va rilevato poi che la scadenza dei termini di efficacia della espulsione era fissata in cinque anni prima delle modifiche introdotte con la legge Bossi-Fini per cui allo straniero è consentito di rientrare nel territorio dello Stato, sul presupposto che a distanza di tanti anni siano venute meno le ragioni di sicurezza e di ordine pubblico che giustificavano la permanenza del divieto di ingresso.
Nella fattispecie in esame pertanto è legittimo il rilascio il permesso di soggiorno al cittadino extra comunitario che per la sua situazione lavorativa, per il comportamento tenuto e per il tenore di vita si dimostri meritevole di soggiornare legalmente in Italia.

REPUBBLICA  ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER  L’EMILIA-ROMAGNA
BOLOGNA
SEZIONE I
nelle persone dei Signori:
CALOGERO PISCITELLO Presidente  
ROSARIA TRIZZINO Consigliere, relatore
SERGIO FINA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

ex articolo 9 legge 205/2000

nella Camera di Consiglio  del 10 Aprile 2008

Visto il ricorso 302/2008  proposto da:
LICO KLODJAN

rappresentato e difeso da:
BONATESTA AVV. FRANCESCO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA DEI MILLE, 19
presso
CALIFANO AVV. GIAN VITO

contro

QUESTURA DI FORLI’ CESENA  
rappresentata e difesa da:
AVVOCATURA DELLO STATO 
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA RENI 4
presso la sua sede

MINISTERO DELL’INTERNO 

per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, del provvedimento di rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro, emesso dal Questore della Provincia di Forlì-Cesena in data 16 gennaio 2007;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Forlì-Cesena;
Uditi nella camera di consiglio del 10 aprile 2008, relatore il Cons. Rosaria Trizzino, gli avvocati delle parti, come specificato nel verbale di udienza, anche in ordine all’eventualità dell’adozione di decisione in forma semplificata;
Visti gli articoli 21 e 26 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 come modificati dalla legge 21 luglio 2000 n. 205;
FATTO e DIRITTO
1. – Il ricorrente, cittadino albanese, impugna il provvedimento del Questore di Forlì-Cesena in data 16 gennaio 2007 con cui gli è stato rifiutato il rilascio del permesso di soggiorno deducendo la violazione degli articoli 5 e 22 del D.lgs n. 268 del 1998, dell’articolo 31 del D.p.r. n. 394 del 1999, non ché l’eccesso di potere per difetto di motivazione.
2. – Dall’atto impugnato e dalla documentazione in atti risulta:
a) che nei confronti del ricorrente era stato emesso dalla Prefettura di Catania, il 29 marzo 2000, provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera eseguito il giorno stesso;
b) che il ricorrente, rientrato in Italia senza richiedere l’autorizzazione prevista dall’articolo 13, comma 13 del D.lgs n. 286 del 1998, il 3 marzo 2003 aveva ottenuto il permesso di soggiorno, nell’ambito della procedura di emersione-legalizzazione del lavoro irregolare di cui alla legge 189 del 2002;
c) che con provvedimento 27 luglio 2004 il Questore di Forlì-Cesena aveva rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno a causa della pregressa espulsione;
d) che tale provvedimento è impugnato con il ricorso 1289 del 2004, tuttora pendente;
e) che a seguito di richiesta presentata dalla ditta Aldini Guido Sas il 14 marzo 2006 nell’ambito del decreto flussi per l’anno 2006, il 12 gennaio 2007 veniva rilasciato nulla osta al lavoro subordinato per l’assunzione del ricorrente;
f) che, a seguito di ciò veniva stipulato il contratto di soggiorno previsto dall’articolo 5 bis del D.lgs n. 286 del 1998 e chiesto il rilascio del permesso di soggiorno, rifiutato con l’impugnato provvedimento.
3. – Ciò premesso il Collegio deve rilevare che i motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno sono sostanzialmente riconducibili al provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera emesso nei confronti del ricorrente il 29 marzo 2000.
Peraltro, come sarà di seguito argomentato, tale provvedimento non può più costituire l’unico impedimento al rilascio di regolare permesso di soggiorno in presenza di legittime situazioni lavorative e alloggiative.
4. In punto di diritto va innanzitutto rilevato che l’articolo 1 comma 8 lett. a), del decreto legge 195 del 2002 preclude la regolarizzazione nei confronti dei cittadini extracomunitari che risultino destinatari di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbiano lasciato il territorio nazionale e si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13 comma 13 del D.lgs. n. 286 del 1998 (Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno).
La  Corte costituzionale, con sentenza 17 – 26 maggio 2006 n. 206 ha respinto l’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 1, comma 8 lettera a) citato osservando fra l’altro:
"… nel sistema vigente prima della legge n. 189 del 2002 la modalità abitualmente seguita per l’esecuzione dell’espulsione dal territorio dello Stato non era l’accompagnamento alla frontiera, bensì l’intimazione ad uscirne nel termine stabilito (art. 13, comma 6, del D.lgs. n. 286 del 1998). L’accompagnamento alla frontiera era previsto per chi fosse stato espulso dal Ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o appartenesse a categorie soggette a misure di prevenzione, ed anche per chi non avesse ottemperato all’ordine di lasciare il territorio italiano nel termine stabilito, o vi fosse entrato sottraendosi ai controlli di frontiera, qualora fosse privo di documento d’identità e il prefetto ravvisasse il pericolo di sottrazione alla misura.
Anche limitato alle ultime ipotesi ricordate – che sono poi quelle su cui i remittenti sono chiamati a pronunciarsi – l’accompagnamento alla frontiera non era correlato a lievi irregolarità amministrative ma alla situazione di coloro che avessero già dimostrato la pervicace volontà di rimanere in Italia in una posizione di irregolarità tale da sottrarli ad ogni normale controllo o di coloro che tale volontà lasciassero presumere all’esito di una valutazione dei singoli casi condotta sulla base di specifici elementi (sottrazione ai controlli di frontiera e mancanza di un documento d’identità). …….Alla stregua di tali principi, la scelta del legislatore (che possiede in materia un’ampia discrezionalità limitata soltanto dal vincolo della non manifesta irragionevolezza delle scelte compiute) di escludere la legalizzazione dei rapporti di lavoro dei cittadini extracomunitari colpiti da provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera non è manifestamente irragionevole e la disposizione censurata, tenuto conto del complesso degli interessi da tutelare, non incorre nel vizio del trattamento normativo eguale per situazioni sostanzialmente difformi".
4.1 – Dalla predetta sentenza emerge dunque che l’immediato accompagnamento alla frontiera dello straniero, che ha cercato di entrare in Italia eludendo i controlli di frontiera e senza documenti, è stato assunto dal Legislatore quale indice di un atteggiamento, mostrato dal cittadino extracomunitario, non meritevole di tutela.
Anche l’espulsione del ricorrente dal territorio nazionale con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, disposta dal Prefetto di Catania in data 29 marzo 2000, dovrebbe considerarsi, di conseguenza, impedimento alla legalizzazione del rapporto di lavoro così come rilevato dall’Amministrazione.
4.2 – Sennonché l’effetto preclusivo dell’espulsione, richiamata “esclusivamente come fatto che, nella valutazione del legislatore e ai fini della tutela degli interessi della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico dimostra la non meritevolezza e la inaffidabilità dello straniero che chieda la legalizzazione della sua posizione”, non ha valore assoluto e immodificabile nel tempo.
4.3 – Ed invero, alla scadenza dei termini di efficacia della espulsione (fissata in cinque anni prima delle modifiche introdotte con la legge Bossi-Fini) allo straniero è consentito di rientrare nel territorio dello Stato, sul presupposto che a distanza di tanti anni siano venute meno le ragioni di sicurezza e di ordine pubblico che giustificavano la permanenza del divieto di ingresso.
Se il mero decorso del tempo opera come condizione oggettiva ai fini di escludere la sussistenza di condizione ostative all’ingresso e soggiorno dello straniero espulso in Italia, ragioni di coerenza e ragionevolezza inducono ad estendere i medesimi effetti ove si verifichino specifiche condizioni soggettive.
5. – E dunque, nella fattispecie deve ritenersi che il ricorrente, benché destinatario di espulsione con accompagnamento alla frontiera eseguita, non versi più in situazione ostativa al rilascio del permesso di soggiorno e che il diniego del permesso di soggiorno sarebbe manifestamente irragionevole.
5.1 – Al riguardo va infatti rilevato che il ricorrente, pur se rientrato irregolarmente nel territorio italiano dopo il ritorno forzato in Albania (il 29 marzo 2000), ha svolto fino al momento della notifica del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno (18 settembre 2004) e a seguito del nullaosta del gennaio 2007 regolare attività lavorativa alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, manifestando concreta affidabilità e integrazione, posto che non risulta abbia mai tenuto una condotta contraria alla legge o ai regolamenti nazionali e locali.
5.2 – A tale ultimo proposito il Collegio deve infine rilevare che la legislazione vigente in materia di soggiorno di cittadini extracomunitari per motivi di lavoro sia nel suo complesso principalmente finalizzata, per un verso a tutelare l’ordine pubblico, la sicurezza personale dei cittadini e l’integrità dello stato; per l’altro, a garantire al lavoratore straniero il corretto e regolare svolgimento dell’attività lavorativa e la sua massima integrazione nello Stato.
Il rispetto e il perseguimento di tali finalità vanno pertanto sempre tenuti in primo piano e costituiscono imprescindibili elementi di valutazione per questo giudice tutte le volte che sia chiamato a giudicare della legittimità della permanenza nel territorio dello stato del lavoratore straniero.
E se di regola ciò vale per giustificare le ipotesi in cui lo straniero, pur se regolarmente occupato, viene privato del permesso di soggiorno per comportamenti anche in astratto contrari all’ordine pubblico o qualificati pericolosi per la sicurezza dei cittadini; non si vede perché le medesime valutazioni non possano essere svolte per favorire il cittadino extra comunitario che per la sua situazione lavorativa, il comportamento tenuto e il tenore di vita si dimostri meritevole di soggiornare legalmente in Italia.
5.3 – In considerazione di ciò e conclusivamente si deve ritenere che il cittadino albanese Lico Klodjan sia in possesso dei requisiti necessari per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.
6. Il ricorso va dunque accolto e per l’effetto l’impugnato provvedimento deve essere annullato.
Tuttavia, attesa la peculiarità della vicenda, ricorrono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese e competenze del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia Romagna – Bologna, prima sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 10 aprile 2008.
Presidente f.to Calogero Piscitello

Cons. rel. Est. F.to Rosaria Trizzino

Depositata in Segreteria in data 22.4.2008
Bologna li 22.4.2008
 Il Segretario
 f.to Livia Monari

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