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TAR Lazio Sentenza 28 maggio 2008 Illegittimo diniego cittadinanza italiana carenza approfondimenti

TAR Lazio Sentenza 28 maggio 2008 Illegittimo diniego cittadinanza italiana
TAR Lazio, Roma, Sezione II Quater, Sentenza n. 5212 del 28 maggio 2008
E’ illegittimo il provvedimento che ha dichiarato inammissibile la richiesta di cittadinanza italiana, della ricorrente coniugata con cittadino italiano, per difetto d’istruttoria e motivazione.
L’amministrazione aveva interrotto e concluso il procedimento in quanto “ non appariva certa l’identificazione dell’interessata”, il tutto sulla base di una nota della Questura. Dagli atti della Questura di Roma, acquisiti con istruttoria, la ricorrente risultava denunciata per “falsi in genere” e ricettazione sotto altro nome. Tuttavia, il riferimento a tale atto istruttorio non vale ad integrare una valida motivazione dell’atto impugnato. Eventuali dubbi sull’identità della richiedente, avrebbero potuto essere risolti svolgendo ulteriori approfondimenti istruttori soprattutto mediante il ricorso alle metodiche in uso per il riconoscimento dell’effettiva identità dello straniero, quali i riscontri fotodattiloscopici.
Va osservato, inoltre, che nella fattispecie in esame  ci si  è limitati a ritenere ostativa la mera denuncia per alcuni reati, senza svolgere i dovuti approfondimenti per verificare se nei confronti dell’istante  pendesse o meno un procedimento penale.
Per tale motivo il ricorso deve essere accolto e l’atto impugnato deve essere annullato.

REPUBBLICA ITALIANA N.                  Reg. dec.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.                  Reg. ric.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL  LAZIO (Sezione  II quater) 
ha pronunciato la seguente ANNO 2007

SENTENZA

sul ricorso 5130/2006  proposto da NANI TEUTA, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Maria Santini ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Raffaele Caverni n. 6;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
la Prefettura di Roma, in persona del Prefetto p.t., non costituito;
per l’annullamento, previa sospensiva,
– del decreto del Ministero dell’Interno K10.C/158853 del 6.7.2005 con il quale è stata respinta l’istanza di concessione della cittadinanza italiana;
-nonché di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e/o consequenziale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Vista la memoria della ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Floriana Rizzetto;
Uditi all’udienza pubblica del 9 aprile 2008, ai preliminari, l’avv. Santini per la ricorrente e l’avv.to dello Stato A. Colabolletta per il Ministero dell’Interno;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente, premesso di aver presentato istanza per la concessione della cittadinanza italiana in quanto coniugata con cittadino italiano, impugna l’atto indicato in epigrafe con cui la domanda è stata dichiarata inammissibile in quanto avendo la stessa usato diverse generalità (alias), non appariva certa l’identificazione dell’interessata.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1 Violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Illegittimamente la PA ha omesso di comunicare l’avvio del procedimento, impedendo alla ricorrente di rappresentare la propria situazione e di produrre documenti da cui si sarebbe potuta verificare l’identità personale della stessa.
2 Violazione dell’art. 8 comma 2,  della legge n. 91/92. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti. Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
L’emanazione del provvedimento di diniego non è possibile ove sia decorso il termine di due anni dalla presentazione dell’istanza. Nella specie il provvedimento è stato notificato all’interessato oltre il decorso dei due anni.
3 Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 per difetto o grave inadeguatezza della motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti. Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
La PA ha fondato il provvedimento impugnato sull’incertezza dell’identità della ricorrente, senza accertare, dalla documentazione allegata all’istanza, le esatte generalità della stessa e comunque senza richiedere le dovute integrazioni documentali per chiarire i dubbi sull’effettiva identità della stessa.
Si è costituita in giudizio con memoria formale l’amministrazione intimata.
Con ordinanza n. 3557 del 21.6.2006 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato in considerazione dell’assenza di profili di danno grave.
Con ordinanza presidenziale n. 122 del 7.3.2007 sono stati disposti incombenti istruttori, eseguiti in data 3.5.2007.
Con memoria in vista dell’udienza la ricorrente ha ulteriormente precisato le proprie deduzioni, ribadendo che i dubbi della PA potevano essere risolti mediante la documentazione allegata all’istanza (carta di identità) e ribadendo la tardività del provvedimento impugnato.
Alla Camera di Consiglio del 9 aprile 2008 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Oggetto del contendere è un provvedimento con cui la richiesta di cittadinanza italiana avanzata dalla ricorrente è stata dichiarata inammissibile, in quanto non appariva certa la sua identificazione.
Il primo mezzo di gravame si incentra sull’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, che avrebbe impedito alla ricorrente di rappresentare la propria situazione e di produrre documenti da cui si sarebbe potuta verificare l’identità personale della stessa.
La censura va disattesa.
Come ripetutamente affermato da ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, l’art. 7 della legge n. 241/90, che impone la PA di comunicare al destinatario del provvedimento finale l’avvio del relativo procedimento, non è applicabile ai procedimenti attivabili su istanza di parte, tra i quali rientra quello di concessione della cittadinanza italiana,  il quale, appunto, è necessariamente avviato su domanda dell’interessata.
Del pari infondato è il secondo mezzo di gravame, ove l’interessata lamenta la tardività del provvedimento impugnato, adottato oltre il termine di un biennio dalla presentazione dell’istanza previsto dall’art. 8 della legge n. 91/92.
Premesso che il termine di decadenza previsto dalla norma sopra richiamata, non inizia a decorrere, qualora l’esercizio di tale potere sia impedito per fatto dovuto all’interessato, che avendo declinato in passato false generalità non rende possibile la verifica della sussistenza di dette eventuali cause ostative  (cfr. TAR Piemonte, sez. I n. 432 del 9.3.2005; TAR Veneto, sez. III n. 714 del 6.9.2005), il Collegio rileva che, nella fattispecie in esame, l’istanza volta ad ottenere la cittadinanza italiana è stata presentata in data 16.9.03 ed il decreto del Ministro dell’Interno con il quale è stata respinta è stato tempestivamente adottato in data 6.7.2005 – quindi entro il termine biennale indicato- , risultando del tutto ininfluente la circostanza della notifica dello stesso in un momento successivo, non trattandosi di atto ricettizio.
Risulta invece fondato,nei limiti , il terzo  motivo di ricorso, ove si lamenta il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato.
L’atto evidenzia una intrinseca contraddizione tra la fase istruttoria e la motivazione finale, rilevata dalla stessa ricorrente nel contesto del terzo motivo.
 L’amministrazione ha ritenuto, infatti, di dover procedere alla fase di esame nel merito della richiesta, verificando, mediante i dovuti accertamenti, la sussistenza dei presupposti e dei requisiti prescritti per la concessione del beneficio richiesto.
In tale, avanzata, fase procedimentale, ha ritenuto di dover interrompere e concludere  il procedimento, con una declaratoria di inammissibilità, in quanto “ non appare certa l’identificazione dell’interessata”, il tutto sulla base di una nota della Questura in cui la stessa risultava identificata “ con l’alias Kristina  NANO”.
Dagli atti della Questura di Roma, acquisiti con istruttoria,  la ricorrente risultava denunciata in data 9.2.1998 per “falsi in genere” e ricettazione sotto l’alias Kristina Nano, nata in Albania il 21.6.1975.
Orbene, il riferimento a tale atto istruttorio non vale ad integrare una valida motivazione dell’atto impugnato,  né se inteso come interruttivo del procedimento, in quanto la ravvisata causa di inammissibilità non è stata oggetto di accertamento ed un mero dubbio non ne può giustificare l’adozione, tant’è che l’istanza era stata esaminata ed il blocco procedimentale è intervenuto successivamente, né tantomeno se interpretato come rifiuto nel merito dello stesso, atteso che, in tal caso, l’amministrazione avrebbe dovuto meglio evidenziare l’iter logico-giuridico seguito e le ragioni per cui l’esistenza di denunce era da ritenersi ostativa al rilascio del provvedimento richiesto.
In ogni caso, ove sussistenti, i dubbi sull’identità della richiedente, avrebbero potuto essere risolti svolgendo ulteriori approfondimenti istruttori soprattutto mediante il ricorso alle metodiche in uso per il riconoscimento dell’effettiva identità dello straniero, quali i riscontri fotodattiloscopici.
Per completezza di esame ed al fine di facilitare il compito dell’amministrazione nella fase della rinnovazione del procedimento, va osservato che nella fattispecie in esame  ci si  è limitati a ritenere ostativa la mera denuncia per alcuni reati, senza svolgere i dovuti approfondimenti per verificare se nei confronti dell’istante  pendesse o meno un procedimento penale.
Ne consegue la fondatezza del lamentato difetto di istruttoria e di motivazione.
Il ricorso va pertanto accolto, assorbite le altr4e censure, con annullamento dell’atto impugnato, fatti salvi, ovviamente, gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’amministrazione.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II quater, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 9 aprile 2008 con l’intervento dei Magistrati:
Lucia TOSTI Presidente
Renzo CONTI   Consigliere
Floriana RIZZETTO  Consigliere, est.

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