TAR LOMBARDIA: convertibile la carta di soggiorno in permesso per lavoro a seguito di mancata convivenza tra i coniugi
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia con sentenza del 9 marzo 2010 ha accolto il ricorso di un cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, rilasciato a seguito del matrimonio contratto con cittadina italiana, al quale la Questura aveva revocato e rifiutato la conversione in permesso per lavoro subordinato.
L’art. 30, comma 1bis del D.Lgs. 286/98 che disciplina questa tipologia di permesso di soggiorno espressamente prevede, quale condizione necessaria per suo rilascio, il permanere della convivenza tra i coniugi e la revoca qualora tale requisito venga meno. E’ però convertibile il permesso per motivi familiari in altro tipo di permesso (studio, lavoro) se interviene tra i coniugi la separazione, lo scioglimento del matrimonio o la morte del coniuge sempre che esistano i presupposti per il rilascio del nuovo permesso di soggiorno (art. 30, comma 5 cit.) .
Nel caso di specie dopo il matrimonio era seguita la convivenza tra i coniugi e il ricorrente era stato regolarmente assunto alla dipendenze di una società come operaio saldatore, contribuendo al menage familiare. Dopo tre anni cessava la convivenza e nelle more della definizione della causa di divorzio il ricorrente presentava istanza di conversione del permesso per motivi familiari in permesso per lavoro subordinato, essendo in possesso di tutti i requisiti di legge (alloggio, reddito sufficiente per il sostentamento, assenza di precedenti penali).
La Questura di Milano provvedeva, successivamente, alla revoca del permesso per motivi familiari (quale atto dovuto) e al rifiuto della richiesta di conversione, asserendo la mancanza dei requisiti necessari per la conversione previsti dall’art. 30 comma 5 del D. Lgs. 286/98.
Avv. Mascia Salvatore