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TAR Lombardia Sentenza 16 aprile 2008 Legittimo rinnovo permesso soggiorno per elementi sopravvenuti

TAR Lombardia – Brescia – Sezione I – Sentenza n. 384 del 16 aprile 2008.
E’ illegittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per violazione dell’art. 5, co. 5, D. Lgs. 286/98. Il provvedimento di diniego fondato su una precedente condanna va annullato nel caso in cui sopraggiungano nuovi elementi. L’art. 5, comma 5 del D.lgs. n. 286 del 1998 prevede infatti che: “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
Tra le circostanze che precludono il rilascio del permesso di soggiorno (e quindi anche il rinnovo del medesimo) vi è il caso in cui lo straniero “risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2, c.p.p, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dall’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.
Nella situazione in esame, tuttavia, anche se la condanna riportata configura una delle ipotesi ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, si sottolinea che la condotta sanzionata si è rivelata solo episodica ed unica e che il ricorrente, ancor prima dell’adozione del detto provvedimento di rifiuto, aveva già ottenuto un posto di lavoro.
Il Collegio non pone in dubbio la discrezionalità del legislatore nel valutare le esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, ma sottolinea che le norme di cui si tratta, appaiono frutto di bilanciamento di interessi, fra una “politica dell’accoglienza” (che privilegi il lato personale ed umano, ovvero l’indubbia possibilità di recupero sociale di chi sia incorso in vicende anche penalmente rilevanti) ed una “politica del rigore”, che punta ad inserire, nel tessuto sociale e tra i numerosissimi lavoratori stranieri, solo quelli che offrono le migliori garanzie di positivo apporto e migliore inserimento nella collettività, senza che l’una o l’altra di tali scelte trovino ostacolo nella Carta Costituzionale.
E’ necessario valutare nuove circostanze sopravvenute che siano tali da attenuare il disvalore riconducibile a singole condotte devianti, ovvero tali da giustificare, in via eccezionale, quell’inserimento dello straniero nel territorio nazionale, che appaia ormai positivamente in atto, come nel caso stesso.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1323 del 2005, proposto da:
Hsissou Abdelaziz, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Gilardoni, con domicilio eletto presso Massimo Gilardoni in Brescia, via Solferino, 31
contro
Questore di Brescia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l’annullamento
del decreto del Questore 16.8.2005, di denegato rinnovo del permesso di soggiorno.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Questore di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 03/04/2008 il dott. Mario Mosconi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Si rappresenta qui di seguito il contenuto del provvedimento impugnato con il quale, in data 16 agosto 2005, viene rifiutato al ricorrente il rinnovo permesso di soggiorno:
“Esaminati gli atti d’Ufficio relativi al cittadino extracomunitario Hsissou Abdelaziz nato il 15.10. 1969 in Marocco dai quali risulta che il predetto, in data 9.5.2005, ha depositato presso questo Ufficio istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato;
Atteso che la permanenza sul territorio dello Stato italiano non è consentita quando lo straniero non soddisfa i requisiti previsti per l’ingresso ed il soggiorno come indicato nell’art.4 del D.lgs 286/98 così come modificato dalla L. 189/2002;
Accertato che il suddetto straniero è stato condannato dal Tribunale di Brescia con provvedimento del 27.4.2004 alla pena di anni uno di reclusione e al pagamento di euro 1721,34 per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti;
Ritenuto quindi che il cittadino de quo non soddisfi le condizioni richieste dalle vigenti disposizioni per la permanenza sul territorio italiano in quanto il fenomeno dello spaccio di droga crea un elevato allarme sociale contro il quale l’Autorità di P.S., nell’esercizio della sua fondamentale funzione di Polizia di prevenzione, ha l’obbligo giuridico di adottare tutti i provvedimenti e le misure necessarie sia di carattere preventivo che repressivo;
Visti gli art. 4 co3 e 5 co. e 6 del Dlgs 286/98, come modificati dalla legge 189/2002, a norma del quale non è consentito l’ingresso e tantomeno la permanenza in Italia di stranieri che abbiano riportato gravi condanne per i delitti dell’art. 380 co.1 e 2 c.p.p. “ovvero per reati inerenti gli stupefacenti”, senza lasciare alla P.A. alcun margine di discrezionalità;
Considerato di dover omettere la comunicazione di cui all’art. 10 bis della L. 241/90 come modificato dalla L. 15(05 in quanto il presente provvedimento rientra nella categoria dei c.d. atto dovuti e non discrezionali, vista la specificità e tassatività dell’art. 4 co.3 del T.U. n. 286/98 in materia di cause ostative all’ingresso ed al soggiorno di cittadini stranieri;
DECRETA
L’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno è rifiutata.
Lo straniero sopra generalizzato deve lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni dalla notifica del presente provvedimento. In caso di inosservanza del provvedimento sarà espulso ai sensi dell’art. 13 del D.lgs n. 286/1998.
Avverso il provvedimento di rifiuto è ammesso ricorso gerarchico al Prefetto ovvero giurisdizionale innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio, nel termine di giorni 30 e 60 dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa o dalla piena conoscenza dell’atto.
Copia del presente provvedimento viene consegnata allo straniero”.
Deduce in termini l’istante, con un unico articolato motivo di censura, la violazione dell’art. 5, 5° c. del dec.lgvo n. 286 del 1998 alla stregua del fatto che egli – prima dell’adozione del provvedimento impugnato – aveva già trovato lavoro stabile ed in ragione del fatto che il reato ascrittogli si dimostrerebbe come atto isolato, unico e di lieve entità.
Sostiene inoltre il medesimo di non aver ricevuto, preventivamente, l’avviso di avvio del procedimento poi sfociato nel detto rifiuto, chiedendo, infine, il risarcimento dei danni.
La questione sottoposta all’esame del Collegio riguarda, in primo luogo,l’avvenuta emanazione, o meno, dell’atto impugnato in conformità alla disciplina vigente, con riferimento all’art. 5 comma5 del D.lgs. 25.7.1998, n. 286 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione), in base al quale “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
Tra le circostanze che precludono il rilascio del permesso di soggiorno (e quindi, in base alla norma sopra riportata, anche il rinnovo del medesimo) l’art. 4, comma 3 del medesimo D.lgs – nel testo introdotto dall’art. 4, comma 1, della legge 30.7.2002, n. 189 – pone espressamente il caso in cui lo straniero “risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2 del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dall’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.
Nella situazione in esame non è contestato che la condanna riportata dall’appellante configuri una delle ipotesi ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, a norma dei citati articoli 380 e 381 c.p.p., ma si sottolinea come la condotta sanzionata si sia successivamente rivelata solo episodica ed unica e che il ricorrente, ancor prima dell’adozione del detto provvedimento di rifiuto, abbia ottenuto un posto di lavoro.
In tale situazione, il Collegio ritiene fondata ed assorbente la annotata censura di violazione dell’art. 5, comma 5 del D.lgs n. 286/1998; se in via generale, infatti, la norma sopra riportata non lascia margini di discrezionalità, circa l’entità della pena, l’abitualità o la segnalata occasionalità della condotta sanzionata, nonché circa la valutazione della personalità complessiva dell’imputato, non manca tuttavia la previsione di una possibile deroga, in via eccezionale, ove si ravvisi la “sopravvenienza di nuovi elementi”, evidentemente da valutare caso per caso, in rapporto ai dati emergenti dagli atti (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI: 20.4.2006, n. 2199; 17.5.2006, n. 2866, 27.6.2006, n. 4108; 17.5.2006, n. 2866; n.1031 del 11.3.2008 e, per utili spunti, n. 415 del 28.2.2008).
Nel caso di specie, la condanna riportata nel 2004 dall’attuale appellante rientra fra quelle ostative, ex se, al rilascio o al successivo rinnovo del permesso di soggiorno, ma sono stati evidenziati dall’interessato – come riscontrabile dalla documentazione in atti – “nuovi elementi” che, in base alla citata normativa, avrebbero potuto consentire, in via eccezionale, il rinnovo stesso; la condotta penalmente sanzionata, infatti, risulta unica ed episodica e di non eccessiva entità. V’è poi il fatto ulteriore che il ricorrente ha trovato un posto di lavoro in data antecedente al su menzionato rifiuto.
In tale situazione, il diniego non doveva ritenersi atto vincolato, sussistendo la possibilità di una valutazione di merito, ragionevolmente indirizzata ad una diversa conclusione della procedura di rinnovo di cui trattasi, dovendo ritenersi erronea – alla luce di tutte le circostanze sopra esposte – l’avvenuta qualificazione dell’appellante come persona irreversibilmente pericolosa e non inserita, legalmente, nel contesto sociale.
Non viene così e nella fattispecie posta in dubbio la discrezionalità del legislatore nel valutare le esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, in rapporto a fenomeni di vasta portata che, in un determinato momento storico, possono porre problematiche eccezionali quali l’ampiezza del fenomeno immigratorio, la registrata crescita di condotte devianti (con conseguente allarme sociale) e l’oggettiva difficoltà di controllo capillare del territorio; circostanze queste che possono, porre, su una base di ragionevolezza, anche disposizioni molto rigide, che vedano preclusa la permanenza sul territorio nazionale di chi sia stato condannato per determinati reati, nella consapevolezza della impossibilità di compiere accertamenti approfonditi sulla pericolosità sociale dei singoli.
Del resto le norme di cui si tratta, appaiono frutto di bilanciamento di interessi, fra una “politica dell’accoglienza” (che privilegi il lato personale ed umano, ovvero l’indubbia possibilità di recupero sociale di chi sia incorso in vicende anche penalmente rilevanti) ed una “politica del rigore”, che punta ad inserire, nel tessuto sociale e tra i numerosissimi lavoratori stranieri, solo quelli che offrono le migliori garanzie di positivo apporto e migliore inserimento nella collettività, senza che l’una o l’altra di tali scelte trovino ostacolo nella Carta Costituzionale, non essendo imposta – anche nell’ottica della legislazione restrittiva, attualmente vigente, – alcuna presunzione assoluta di pericolosità sociale del singolo, ma solo una esigenza di condotta irreprensibile per l’ingresso e la permanenza in Italia dello straniero; ed è la stessa logica sopra indicata, in ogni caso, ad imporre perciò che sia possibile valutare (come appunto previsto dalla normativa in esame) nuove circostanze sopravvenute che, come quelle ravvisabili nel caso di specie, siano tali da attenuare il disvalore riconducibile a singole condotte devianti, ovvero tali da giustificare, in via eccezionale, quell’inserimento dello straniero nel territorio nazionale, che appaia ormai positivamente in atto, come nel caso stesso.
Il ricorso va dunque accolto in via assorbente rispetto all’ulteriore rilievo di mancato avviso preventivo dell’avvio del procedimento inerente.
Negativa è, invece, la risposta alla domanda di risarcimento.
Ed invero, a tutto concedere, resta il fatto che, nella specie, in ragione della complessità e delle note difficoltà interpretative in ordine al dec.lgvo 286/98, nessun profilo di negligenza o di superficialità può essere imputabile alla Questura; e questo, già di per sé, ne esclude il relativo fondamento.
Senza contare che tale contenuto del profilo soggettivo della cd. colpa è stato solo apoditticamente affermato sussistere in capo alla Questura, a fronte di una responsabilità che sarebbe, in ipotesi, extracontrattuale.
Quanto alle spese di lite esse vanno compensate, sussistendo al riguardo sufficienti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia – Sezione di Brescia – definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti della P.A..
RESPINGE siccome infondata la domanda risarcitoria.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 03/04/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Mario Mosconi, Presidente, Estensore
Gianluca Morri, Primo Referendario
Mauro Pedron, Primo Referendario
   
   
IL PRESIDENTE, ESTENSORE  
   
      
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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