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TAR Lombardia Sentenza del 15 aprile 2008 Illegittimo diniego di concessione cittadinanza italiana

TAR Lombardia, Brescia, Sezione I, Sentenza n. 370 del 15 aprile 2008.
E’ fondato il ricorso presentato da un cittadino siriano avverso diniego di cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 91/1992, per difetto di motivazione in merito alla mancata concessione del beneficio. Il giudice amministrativo sottolinea che, nel caso di specie, il "potere altamente discrezionale" dello Stato configura un difetto di istruttoria e di motivazione perché non indica quali concrete valutazioni e quali effettivi elementi sono stati posti a base della decisione amministrativa.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la motivazione sul rigetto della concessione di cittadinanza italiana non necessita di una dettagliata esternazione dei fatti e delle circostanze inerenti la valutazione del grado di pericolosità del soggetto.
Nel caso in esame, tuttavia, il diniego si basa su circostanze infondate o acquisite semplicemente da altri enti senza che l’Amministrazione competente abbia svolto i necessari approfondimenti istruttori per accertare la veridicità degli elementi su cui fondare il rigetto.
In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1454 del 2003, proposto da:
Kadamani Mouaid, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Lanza, con domicilio eletto presso Paolo Lanza in Brescia, via Moretto, 60;
contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l’annullamento
DEL DECRETO MINISTERIALE 12.6.2003 N.K10/45607 DI RIGETTO ISTANZA DIRETTA AD OTTENERE LA CITTADINANZA ITALIANA.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 03/04/2008 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, cittadino siriano, propone ricorso contro il decreto K10/45607 del 12.06.2003 con cui il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza, prodotta dallo stesso ricorrente, diretta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della Legge n. 91/92.
La motivazione del diniego richiama il potere altamente discrezionale esercitabile dello Stato nella fattispecie in esame e, senza ulteriori specificazioni, la nota del 29.08.2002 n. 300/C/ 23458/J4/2000/3 Div.2657/02/R del Ministero dell’Interno – Dipartimento di P.S.- Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, dalla quale sarebbero emersi elementi tali da non ritenere opportuna la concessione della richiesta cittadinanza.
Al riguardo vengono dedotte due censure che, nella sostanza, denunciano violazione di legge per difetto di istruttoria e di motivazione, poiché l’impugnato provvedimento non indica quali concrete valutazioni e quali effettivi elementi sono stati posti a base della decisione amministrativa.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.
All’udienza del 3.4.2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
Va premesso che in esito all’istruttoria disposta dalla Sezione, in sede cautelare, con ordinanza n. 1265/03, il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Segreteria di Sicurezza – del Ministero dell’Interno, ha prodotto la citata nota 29.8.2002 classificata “riservato” da cui risultano i motivi posti a fondamento dell’impugnato provvedimento.
In particolare sono stati segnalati, a carico del ricorrente, relazioni con servizi informativi esteri, svolgimento di traffici illeciti con organizzazioni estere mediante fittizie imprese commerciali, condanna per emissione di assegni a vuoto e procedimento penale pendente per violazione della legge sugli stupefacenti;
In forza di tale quadro la Sezione, con ordinanza n. 829 del 25.5.2004, respingeva l’istanza cautelare, riservandosi ogni ulteriore diversa indagine in sede istruttoria ai fini del merito; approfondimento che veniva disposto con ordinanza 25.10.2005 n. 1054, finalizzata ad acquisire, dal Ministero dell’Interno, ulteriori informazioni atte a confermare la veridicità di quanto evidenziato nella predetta nota del 29.8.2002, nelle forme e con le modalità che lo stesso Ministero avesse ritenuto più opportune al fine di salvaguardare l’esigenza di cautela e di riserbo sulle informazioni fornite ai fini del giudizio e ancora oggetto di classificazione riservata.
In esito alla predetta istruttoria veniva depositata, in data 23.6.2006, la nota n. 400/C/23458/J4/2000/1094/06/R del 23.5.2006, con cui il Ministero in oggetto – Dipartimento di P.S.- Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, riferisce quanto segue: “l’Ente originatore delle informazioni di cui alla nota di questo Dipartimento n. 300/C/ 23458/J4/2000/3 Div.2657/02/R in data 29.08.2002, opportunamente interpellato al riguardo, ha rappresentato che gli elementi informativi già forniti non siano suscettibili di integrazione, stante la tutela delle note esigenze di riservatezza”.
Il Collegio, preso anche atto di quanto sopra, ritiene che il ricorso debba essere accolto, dovendosi condividere i denunciati vizi di violazione di legge per difetto di istruttoria e di motivazione.
È ben noto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la motivazione del diniego di concessione della cittadinanza italiana non necessita di una dettagliata esternazione dei fatti e delle circostanze inerenti la valutazione del grado di pericolosità del soggetto; orientamento condiviso anche da questa Sezione con sentenza 3.6.1996 n. 654.
Diversa è però la fattispecie in cui il diniego si basa su circostanze infondate o acquisite semplicemente da altri enti senza che l’Amministrazione competente abbia svolto i necessari approfondimenti istruttori per accertare la veridicità degli elementi su cui fondare il proprio diniego.
Nel caso in esame va osservato:
– che le uniche ragioni ritenute ostative alla concessione della cittadinanza italiana sono state quelle indicate nella nota del 29.08.2002 n. 300/C/ 23458/J4/2000/3 Div.2657/02/R del Ministero dell’Interno – Dipartimento di P.S.- Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, ossia: relazioni con servizi informativi esteri, svolgimento di traffici illeciti con organizzazioni estere mediante fittizie imprese commerciali, condanna per emissione di assegni a vuoto e procedimento penale pendente per violazione della legge sugli stupefacenti;
– che, tuttavia, non sono state indicate le specifiche condanne subite dal ricorrente per emissione di assegni a vuoto (circostanza che non pare essere coperta da alcun segreto). Al riguardo lo stesso ricorrente ha prodotto in giudizio il certificato penale del casellario giudiziario che “nulla” riporta alla data della sua emissione (13.2.2008). Analoga certificazione negativa era contenuta nel certificato in data 13.5.2004 depositato in data 25.5.2004;
– che il procedimento penale a carico del ricorrente, con le generalità Al Kodmani Mouaid, risulta essere stato archiviato in data 27.1.2003, ossia in epoca precedente alla data di adozione del provvedimento impugnato;
– che, come pare emergere dalla nota n. 400/C/23458/J4/2000/1094/06/R in data 23.5.2006, le ulteriori circostanze relative a relazioni con servizi informativi esteri e svolgimento di traffici illeciti con organizzazioni estere mediante fittizie imprese commerciali, sembrano essere state acquisite non direttamente dall’Amministrazione procedente, ma attraverso informative di altri enti in ordine alle quali nulla di più viene specificato;
– che, sul punto, né il ricorrente né questo giudice, hanno quindi la possibilità di valutare la rilevanza e la fondatezza delle stesse; inoltre non risultano essere assistite da alcuna indicazione circa la natura del segreto cui sarebbero sottoposte;
– che, al riguardo, giova ricordare che la recente Legge sul segreto 3.8.2007 n. 124, all’art. 42 comma 8, recita: “Qualora l’autorità giudiziaria ordini l’esibizione di documenti classificati per i quali non sia opposto il segreto di Stato, gli atti sono consegnati all’autorità giudiziaria richiedente, che ne cura la conservazione con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia”.
In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato per difetto di istruttoria e di motivazione.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia – definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 03/04/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Gianluca Morri, Primo Referendario, Estensore
Mauro Pedron, Primo Referendario
   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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