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TAR Parma Sentenza 15 luglio 08 Accolto ricorso rinnovo pds esclusione rilevante allarme sociale

TAR Emilia Romagna, Parma, Sezione I, Sentenza n. 355 del 15 luglio 2008.
Titolare di un permesso di soggiorno per “lavoro subordinato”, il ricorrente, cittadino pakistano, si vedeva respingere la richiesta di rinnovo del titolo abilitativo perché soggetto socialmente pericoloso a causa di vari precedenti di polizia a suo carico, presupposto per essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini e dello Stato, condizione incompatibile con il protrarsi della sua presenza in Italia.
Ora, è pur vero che il giudizio di pericolosità sociale costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, e che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo deve limitarsi a verificarne l’eventuale manifesta arbitrarietà, irragionevolezza o falsità dei presupposti di fatto, non essendo necessaria una sentenza irrevocabile di condanna, né occorrendo il previo accertamento della commissione di specifici fatti costituenti reato. Tuttavia, la condotta del soggetto deve essere in ogni caso tale da dimostrarne l’inclinazione a delinquere e da escludere, secondo l’”id quod plerumque accidit”, l’episodicità del comportamento fonte di allarme sociale.
Ciò posto, e venendo al caso di specie, il Collegio osserva come le varie denunce penali e deferimenti all’Autorità giudiziaria (rissa aggravata e minacce nel 2000, minacce e falso ideologico nel 2005) e l’arresto per rissa aggravata nel 2004 non abbiano avuto conseguenze in sede penale, nessun procedimento per i primi risultando avviato ed emergendo invece per l’episodio del 2004 la sopraggiunta assoluzione in primo grado.
In particolare, non sono state indicate ulteriori significative condotte riprovevoli (c’è solo un generico riferimento alla presunta rissosità del soggetto) mentre l’episodio del “falso ideologico” riguarda fattispecie criminosa per la quale l’ordinamento sottende un giudizio di disvalore e un livello di gravità che escludono situazioni di rilevante allarme per la comunità, né d’altra parte sono state associate alla vicenda circostanze idonee ad evincerne la propensione a procurarsi i mezzi di sostentamento attraverso l’esclusivo ricorso a strumenti illeciti, onde emerge evidente l’incompletezza degli accertamenti operati.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso n. 343 del 2006 proposto da Ghuman Javed Iqbal, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Beretti, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;

contro

la Questura di Reggio Emilia, in persona del Questore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;

per l’annullamento

del provvedimento cat. A12/2006 – Imm/mgL del 16 gennaio 2006, con cui la Questura di Reggio Emilia ha disposto il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno del ricorrente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Reggio Emilia;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Nessuno intervenuto, per le parti, alla pubblica udienza del 17 giugno 2008;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Titolare di un permesso di soggiorno per “lavoro subordinato”, il ricorrente, cittadino pakistano, si vedeva respingere la richiesta di rinnovo del titolo abilitativo perché soggetto socialmente pericoloso (provvedimento cat. A12/2006 – Imm/mgL del 16 gennaio 2006). La Questura di Reggio Emilia, in particolare, venuta a conoscenza di vari precedenti di polizia a suo carico, valutava sussistenti i presupposti per considerarlo una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini e dello Stato, condizione incompatibile con il protrarsi della sua presenza in Italia.

Avverso il provvedimento questorile ha proposto impugnativa l’interessato. Lamenta l’erroneità e l’insufficienza dell’istruttoria, l’inidoneità della motivazione, l’inadeguato apprezzamento delle circostanze di fatto prese a riferimento, la non corretta applicazione della normativa in materia.

Si è costituita in giudizio la Questura di Reggio Emilia, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare del ricorrente veniva accolta dalla Sezione (v. ord. n. 45 del 20 febbraio 2007).

All’udienza del 17 giugno 2008, nessuno intervenuto per le parti, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è fondato.

L’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 (“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”) non consente l’ingresso agli stranieri che siano una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica, e il successivo art. 5 prevede al comma 5 che “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato …”; l’art. 13, a sua volta, stabilisce che “l’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) …; b) …; c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituto dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646” (comma 2).

Ora, è pur vero che il giudizio di pericolosità sociale costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, e che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo deve limitarsi a verificarne l’eventuale manifesta arbitrarietà, irragionevolezza o falsità dei presupposti di fatto (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2004 n. 797), non essendo necessaria una sentenza irrevocabile di condanna, né occorrendo il previo accertamento della commissione di specifici fatti costituenti reato (v. Cons. Stato, Sez. IV, 21 marzo 2003 n. 1492). Tuttavia, la condotta del soggetto deve essere in ogni caso tale da dimostrarne l’inclinazione a delinquere e da escludere, secondo l’”id quod plerumque accidit”, l’episodicità del comportamento fonte di allarme sociale (v. Cons. Stato, Sez. IV, 29 agosto 2003 n. 4852).

Ciò posto, e venendo al caso di specie, il Collegio osserva come le varie denunce penali e deferimenti all’Autorità giudiziaria (rissa aggravata e minacce nel 2000, minacce e falso ideologico nel 2005) e l’arresto per rissa aggravata nel 2004 non abbiano avuto conseguenze in sede penale, nessun procedimento per i primi risultando avviato (v. relazione della Questura in data 15 gennaio 2007, a seguito di istruttoria disposta da questa Sezione) ed emergendo invece per l’episodio del 2004 la sopraggiunta assoluzione in primo grado. In verità, quando gli episodi sono risalenti nel tempo, la circostanza che il giudice penale non abbia individuato elementi utili per l’accertamento di responsabilità obbliga l’Amministrazione a non arrestarsi al mero richiamo a quelle iniziative, ma impone un più accurato esame degli episodi presi in considerazione, con una loro autonoma valutazione, anche alla luce dell’esito in sede penale e di ogni ulteriore elemento sintomatico della pericolosità del soggetto; nella circostanza, in particolare, non sono state indicate ulteriori significative condotte riprovevoli (c’è solo un generico riferimento alla presunta rissosità del soggetto) mentre l’episodio del “falso ideologico” riguarda fattispecie criminosa per la quale l’ordinamento sottende un giudizio di disvalore e un livello di gravità che escludono situazioni di rilevante allarme per la comunità, né d’altra parte sono state associate alla vicenda circostanze idonee ad evincerne la propensione a procurarsi i mezzi di sostentamento attraverso l’esclusivo ricorso a strumenti illeciti, onde emerge evidente l’incompletezza degli accertamenti operati.

Di qui la fondatezza delle censure imperniate sul difetto di istruttoria e di motivazione e, pertanto, l’annullamento dell’atto impugnato, con assorbimento delle restanti doglianze.

Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione, e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 17 giugno 2008, con l’intervento dei Magistrati:

Luigi Papiano, Presidente

Umberto Giovannini, Consigliere

Italo Caso, Consigliere, Estensore

   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE 
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2008

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

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