TAR Piemonte sentenza 1 dicembre 2008 diniego rinnovo pds per attività di meretricio
TAR Piemonte Sentenza n. 3063 del 1 dicembre 2008 diniego rinnovo pds per attività di meretricio
Nel caso di specie, una sig.ra cinese ha impugnato il Decreto del 24.01.2008, notificato il 14.05.2008, con il quale il Questore della Provincia di Torino ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata dall’istante.
La richiedente presentava istanza di rinnovo del permesso sulla base di una dichiarazione di assunzione, in qualità di collaboratrice domestica, presso l’abitazione di una signora italiana.
Alla luce degli accertamenti compiuti risultava che la cittadina straniera, rintracciata da personale del Commissariato di P.S. di Fermo (AP), svolgeva attività di meretricio, per cui la signora ricavava i mezzi per il proprio sostentamento da tale attività, quindi non in maniera lecita.
Ne deriva, quindi, che nel caso di specie, l’amministrazione ha legittimamente respinto l’istanza di rinnovo del permesso atteso che la cittadina extracomunitaria non disponeva di alcuna attività lavorativa dipendente idonea a consentire il rilascio del titolo di soggiorno richiesto.
Per ciò il ricorso viene respinto dal Tar.
N. 03063/2008 REG.SEN.
N. 01122/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale 1122 del 2008, proposto da:
XUEJUAN SUN, rappresentato e difeso dall’avv. Alfonso Aliperta, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Torino, corso Ferrucci, 9;
contro
Questore della Provincia di Torino;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento prot. n. 688/2007 del Questore della Provincia di Torino datato 11/09/2007, notificato a mani del destinatario il 14/05/2008, con cui si rigetta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno e di ogni atto antecedente, susseguente, presupposto, presupponente, discendente, preparatorio o comunque connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Dato atto della costituzione, nell’odierna camera di consiglio, del Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso la quale domicilia in corso Stati Uniti n. 45, giusta il relativo verbale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12/11/2008 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell’art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;
Rilevato che, con ricorso notificato in data 04 luglio 2008, la sig.ra Xuejuan Sun ha impugnato il Decreto prot. n. 688/2007 del 24.01.2008, notificato il 14.05.2008, con il quale il Questore della Provincia di Torino ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata in data 01.06.2006;
Rilevato che il provvedimento impugnato reca la seguente motivazione “Esaminati gli atti d’ufficio, dai quali si rileva che la cittadina cinese Sun Xuejuan … in data 01.06.2006 ha presentato istanza tesa ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato; Tenuto conto che la richiedente ha presentato una dichiarazione di assunzione, in qualità di collaboratrice domestica, presso l’abitazione della signora Farano Gina, in Torino; Considerato che a seguito di accertamenti svolti da personale del Commissariato di P.S. "Barriera Milano" di Torino, l’istante non risulta prestare attività lavorativa presso l’abitazione sopra citata; Rilevato altresì che la stessa è stata rintracciata da personale del Commissariato di P.S. di Fermo (AP) mentre svolgeva l’attività di meretricio, per cui si può desumere che tragga i mezzi per il proprio sostentamento da tale attività, quindi non in maniera lecita; Ritenuto che non ricorrono seri motivi, in particolare carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano che precludano l’adozione del provvedimento; Tenuto conto della comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/90, come modificato dalla Legge 11.02.2005 nr. 15, datata 03.04.2007 e notificata all’avvocato di fiducia, avvocato Aliperta Alfonso del foro di Torino, il 16.05.2007; Considerato che l’interessata non ha prodotto osservazioni o documentazione utile ad una favorevole definizione dell’istanza di soggiorno; Visti gli artt. 5, 6, 22 e 23 del D.Lgs. 25.7.98 nr. 286 e relative modifiche intervenute con la L. 189/2002; l’art. 12, 13, 35 e 36 del D.P.R. n. 394/99, l’art. 2 del D.P.R. 1199/71 e la L. 241/90 e successive modifiche …”
Ritenuta l’infondatezza del primo motivo – con il quale la ricorrente deduce “Violazione di legge in relazione all’art. 14 comma 5 bis, L. 286/98, art. 1 c. 1 – 5 ed art. 2 co. 2 L. 222/02. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per contraddittorietà della motivazione. Erronea valutazione dei fatti” – per le seguenti ragioni:
– La ricorrente sviluppa più censure da esaminare separatamente.
Con la prima considera, da un lato, che l’insussistenza dell’attività lavorativa dipendente, allegata in sede di istanza di rinnovo, non giustifica il diniego, in quanto la ricorrente lavora come piccolo imprenditore, esercente “attività professionali paramediche”, dall’altro, che l’attività di meretricio, contestatale con il decreto questorile, non costituisce reato e non è motivo ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno. La ricorrente censura poi l’intimazione a lasciare il territorio contenuta nel decreto impugnato.
La tesi sostenuta dalla ricorrente non merita condivisione.
In particolare, con riferimento al primo profilo della censura in esame, va rilevato che la ricorrente al momento della presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, già rilasciato per motivi di lavoro subordinato, ha dichiarato di lavorare come collaboratrice domestica presso l’abitazione di Farano Gina, in Torino; tuttavia i successivi accertamenti compiuti dalle forze dell’ordine, di cui si dà atto nel provvedimento impugnato, hanno verificato che la sig.ra Xuejuan Sun non presta tale attività.
D’altro canto, nel ricorso si precisa che l’attività lavorativa di collaboratrice domestica presso la sig.ra Farano è cessata in data 30.09.2005, ossia prima della presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso, avanzata il 01.06.2006.
Tanto premesso, va rilevato che il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato presuppone l’attuale disponibilità di attività lavorativa dipendente, come emerge dall’art. 21, comma 11, del D.L.vo 1998 n. 285, dove si prevede che “La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l’impiego, anche ai fini dell’iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari”.
Sul punto la giurisprudenza, condivisa da questo Tribunale, ha precisato che “la disposizione ora trascritta appare inequivoca nel senso che il permesso di soggiorno per lavoro subordinato può essere rinnovato solo se al momento del rinnovo vi è un rapporto di lavoro in atto (inclusa l’ipotesi che si tratti di un rapporto recentemente costituito dopo un periodo più o meno lungo di attesa occupazione) e che, in alternativa, può essere rilasciato un permesso di soggiorno "per attesa occupazione" solo nei limiti in cui ciò sia necessario per completare il semestre dalla cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro. Se, invece, al momento del rinnovo non vi è un rapporto di lavoro in atto e dalla cessazione dell’ultimo sono decorsi più di sei mesi, lo straniero non può ottenere un permesso di soggiorno né per lavoro subordinato, né per attesa occupazione” (cfr. T.A.R. Umbria Perugia 06.09.2005 n. 403; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 03 agosto 2007, n. 1802).
Ne deriva che nel caso di specie l’amministrazione ha legittimamente respinto l’istanza di rinnovo del permesso atteso che la cittadina extracomunitaria non disponeva di alcuna attività lavorativa dipendente idonea a consentire il rilascio del titolo di soggiorno richiesto.
In via di ulteriore precisazione, va considerato che al momento della presentazione della richiesta di rinnovo era già decorso il termine di sei mesi dalla cessazione dell’attività lavorativa in pendenza del quale può essere rilasciato il permesso per attesa occupazione, sicché anche in relazione a questo profilo l’amministrazione risulta avere effettuato una corretta applicazione delle norme disciplinanti il rinnovo del permesso per ragioni di lavoro subordinato.
Del tutto irrilevante è poi la deduzione secondo la quale la ricorrente avrebbe intrapreso l’attività di piccolo imprenditore, esercente “attività professionali paramediche indipendenti”, in quanto tale circostanza non risulta sottoposta all’amministrazione, neppure a seguito della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e, in ogni caso, integra una situazione di fatto rilevante solo qualora sia stato chiesto un permesso di soggiorno per lavoro autonomo, ossia un titolo diverso da quello oggetto della domanda di rinnovo.
Parimenti, è infondato il secondo profilo della censura in esame, con il quale la ricorrente considera che l’attività di meretricio, che le è stata contestata, non integra una fattispecie penalmente rilevante e non rappresenta una legittima causa di diniego del rinnovo richiesto.
In proposito, vale notare che il provvedimento impugnato – come chiaramente emerge dalla sua motivazione – non ha respinto l’istanza di rinnovo per il mero fatto che la sig.ra Xuejuan Sun, alla luce degli accertamenti compiuti, svolgeva l’attività di meretricio, ma ha desunto da ciò l’insussistenza di mezzi leciti di sussistenza, configurando così una ragione autonoma di diniego, aggiuntiva rispetto alla rilevata insussistenza dell’attività lavorativa dichiarata.
E’, pertanto, priva di pregio la censura in esame, in quanto il provvedimento impugnato – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente – non ha configurato il meretricio come motivo ostativo al rinnovo del permesso, ma ha considerato tale attività come un indice della indisponibilità di mezzi leciti di sussistenza e, in relazione a tale profilo, la ricorrente non ha sviluppato alcuna contestazione.
Con altra censura, articolata nell’ambito del primo dei motivi proposti, la ricorrente sviluppa degli argomenti diretti a contestare la legittimità dell’intimazione di lasciare il territorio dello Stato contenuta nell’atto impugnato, equiparando tale determinazione ad un provvedimento di espulsione e ritenendo quest’ultimo precluso qualora sia stato rilasciato un permesso di soggiorno sulla base della speciale disciplina dettata dall’art. 2, comma 2, della legge 2002 n. 222 in materia di legalizzazione del lavoro irregolare, dove si prevede che “il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 1, comma 5, comporta la contestuale revoca degli eventuali provvedimento di espulsione già adottati nei confronti dello straniero che ha stipulato il contratto di soggiorno”.
La censura è priva di fondamento.
Sul punto va rilevato che la speciale disciplina dettata dall’art. 2, comma 2, della legge 2002 n. 222 riguarda l’ipotesi in cui il cittadino extracomunitario, già destinatario di un provvedimento di espulsione e irregolarmente presente in Italia, disponga dei requisiti per legalizzare la propria posizione ed ottenga così un permesso di soggiorno.
Si tratta, pertanto, di una fattispecie del tutto diversa da quella oggetto del provvedimento impugnato, in quanto in tale caso la cittadina extracomunitaria non dispone più dei requisiti per ottenere un permesso di soggiorno, che le consenta di permanere in Italia.
Insomma, nel primo caso è il rilascio del permesso di soggiorno, sulla base della speciale disciplina dettata dalla legge 2002 n. 222 , che giustifica un limite al potere di espulsione, mediante la previsione della revoca degli eventuali provvedimenti di espulsione già adottati, mentre nel secondo caso è proprio l’insussistenza dei presupposti per permanere in Italia che giustifica il diniego del permesso e l’intimazione di lasciare il territorio dello Stato, prescritta dall’art. 12, commi 1 e 2, del D.P.R. 1999 n. 394, dove si prevede che “salvo che debba disporsi il respingimento o l’espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera, quando il permesso di soggiorno è rifiutato il questore avvisa l’interessato, facendone menzione nel provvedimento di rifiuto, che, sussistendone i presupposti, si procederà nei suoi confronti per l’applicazione dell’espulsione di cui all’articolo 13 del testo unico. Con il provvedimento di cui al comma 1, il questore concede allo straniero un termine, non superiore a quindici giorni lavorativi, per presentarsi al posto di polizia dì frontiera indicato e lasciare volontariamente il territorio dello Stato, con l’avvertenza che, in mancanza. si procederà a norma dell’articolo 13 del testo unico”.
Del resto, l’intimazione a lasciare il territorio non è equiparabile ad un provvedimento di espulsione, in quanto integra semplicemente un invito ad allontanarsi dallo Stato, cui può seguire, in caso di permanenza dello straniero in Italia, un provvedimento di espulsione, ex art. 13 del D.L.vo 1998 n. 286.
In definitiva, la censura in esame, basata sulla ritenuta estendibilità all’intimazione a lasciare il territorio nazionale, contenuta nell’atto impugnato, della disciplina dettata dall’art. 2, comma 2, della legge 2002 n. 222, è priva di fondamento, in quanto la normativa speciale ora indicata afferisce ad una situazione del tutto diversa da quella posta a fondamento del decreto questorile.
Ritenuta l’inammissibilità del secondo motivo – con il quale la ricorrente deduce “Eccesso di potere per disparità di trattamento” – per le seguenti ragioni:
– La ricorrente si limita ad asserire che “altri stranieri, versanti in condizioni analoghe, ma di per sé di “maggiore” irregolarità rispetto a quelle della ricorrente, per quanto attiene alla possibilità di rimanere sul territorio dello Stato, hanno regolarmente ottenuto il permesso di soggiorno”.
Si tratta di un motivo del tutto generico, in quanto non supportato da alcun elemento di riscontro sul piano fattuale o probatorio, di cui pertanto deve essere dichiarata l’inammissibilità, secondo il costante orientamento giurisprudenziale (cfr. C.d.S., sez. IV, 06.05.2004 n. 2797; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 29 ottobre 2007, n. 10543).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso sia in parte inammissibile e in parte infondato nei termini dianzi esposti, mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, dichiara in parte inammissibile e in parte respinge il ricorso, secondo quanto precisato in motivazione.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1000,00 (mille).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12/11/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Richard Goso, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO