Menu

Il portale dell'immigrazione e degli immigrati in Italia

in

TAR Piemonte Sentenza del 13 gennaio 2009 legittima mancata regolarizzazione ex D.P.C.M. 16.10.1998

TAR Piemonte Sentenza del 13 gennaio 2009 legittima  mancata regolarizzazione ex D.P.C.M. 16.10.1998.
TAR Piemonte Sentenza del 13 gennaio 2009 legittima mancata regolarizzazione ex D.P.C.M. 16.10.1998.
Nel caso di specie, una cittadina extraUE ha impugnato il decreto del 04.01.2000 con il quale il Questore della Provincia di Torino ha respinto l’istanza di regolarizzazione presentata ai sensi del D.P.C.M. 16.10.1998.
In proposito, va rilevato che l’art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998 prevedeva che “sino al 15 dicembre 1998, potevano richiedere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, anche a carattere stagionale o a carattere atipico, i lavoratori stranieri già presenti in Italia prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998 n. 40, previa presentazione alla Questura competente per territorio di apposita domanda corredata da: a) idonea documentazione circa l’effettiva presenza in Italia prima del 27 marzo 1998; b) un contratto di lavoro subordinato ovvero un contratto di collaborazione, di carattere non occasionale; c) idonea documentazione circa la sistemazione alloggiativa”.
Nel caso di specie, il decreto questorile dà atto che, la Direzione provinciale del lavoro di Torino ha comunicato che il contratto di lavoro, stipulato dalla ricorrente in data 05.01.1999 con una ditta iatliana, non può essere convalidato perché la ditta non è stata rintracciata, in quanto irreperibile.
L’amministrazione ha accertato che il decreto impugnato si basa su concreti accertamenti di fatto, non contraddetti dalle deduzioni svolte nel ricorso e coerenti con il dato normativo, atteso che l’art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998 condiziona la regolarizzazione, tra l’altro, alla disponibilità di un contratto di lavoro subordinato verificato dalla competente commissione provinciale del lavoro e, nel caso di specie, tale verifica ha avuto esito negativo, così precludendo la regolarizzazione.
Per ciò il TAR respinge il ricorso.

N. 00874/2000 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 874 del 2000, proposto da:
IROUNO Celestina Adaeze, rappresentata e difesa dall’avv. Donatella Bava, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 82;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso la quale domicilia in corso Stati Uniti n. 45;
il Questore della provincia di Torino;
per l’annullamento, previa sospensione
a) del provvedimento del Questore della provincia di Torino in data 04.01.2000, notificato in data 05.02.2000, con cui veniva decretato il rigetto dell’istanza di regolarizzazione presentata ai sensi del D.P.C.M. 16.10.1998;
b) di ogni altro atto antecedente e susseguente, purchè connesso con l’atto impugnato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17/12/2008 il dott. Fabrizio Fornataro e comparso per l’amministrazione resistente l’avv. dello Stato Giua; nessuno comparso per la ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe Irouno Celestina Adaeze ha impugnato il decreto prot. reg. 98 nr. 968 del 04.01.2000 con il quale il Questore della Provincia di Torino ha respinto l’istanza di regolarizzazione presentata ai sensi del D.P.C.M. 16.10.1998.
Il provvedimento impugnato reca la seguente motivazione: “Vista l’istanza di regolarizzazione presentata in data 05.01.1999 dalla persona Irouno Celestina Adaeze di cittadinanza nigeriana …, ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998; Rilevato che la suindicata persona ha allegato all’istanza di regolarizzazione contratto di lavoro, stipulato ex art. 3 D.P.C.M. 16.10.1998, in data 05.01.1999 con la ditta Matturro Francesco; Tenuto conto che con nota nr. A/080 – 087 Rif. 020835, del 03.11.1999 la Direzione provinciale del lavoro di Torino ha qui comunicato che l’anzidetto contratto di lavoro non può essere convalidato poiché la ditta non è stata rintracciata, in quanto irreperibile; Rilevato che la suindicata persona ha allegato all’istanza documentazione non idonea a comprovare l’effettiva presenza in Italia prima del 27.03.1998, recante data certa anteriore al 27.03.1998 e riconducibile inequivocabilmente al richiedente e che, tale circostanza non consente ulteriori riscontri che permettano di accogliere favorevolmente l’istanza, non presentando la medesima documentazione probatoria i richiesti caratteri di pienezza e certezza; Tenuto conto che possono beneficiare del succitato decreto di regolarizzazione e cittadini stranieri già presenti in Italia prima del 27.03.1998; Preso atto che il permesso di soggiorno di cui all’art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998 è rilasciato previa verifica dei presupposti di cui al citato decreto; Letti gli artt. 3 e 6 del D.P.C.M 16.10.1998, l’art. 5 e 6 del D.Lgs. 25.07.1998 Dr. 286 …”.
La ricorrente, con l’unico motivo proposto, ha dedotto: “Violazione di legge in relazione agli artt. 3 e 10 L. 241/90, nonché dell’art. 3 D.P.C.M. 16.10.1998. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti anche in relazione alla Circolare 10.05.1999 del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Servizio Immigrazione. Difetto di istruttoria. Carenza di motivazione anche in punto di interesse pubblico. Contraddittorietà”.
In particolare, la ricorrente lamenta il difetto di istruttoria in ordine alla ritenuta inesistenza del datore di lavoro, nonché la carenza motivazionale del provvedimento impugnato.
Con atto datato 09.05.2000 si costituiva il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso proposto.
Con memoria del 13.12.2000 la ricorrente insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Con ordinanza n. 1042/2002 del 20.11.2002 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, II sezione, respingeva l’istanza cautelare contenuta nel ricorso.
All’udienza del 17.12.2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) Con l’unico motivo proposto la ricorrente deduce, da un lato, il difetto di istruttoria atteso che la ditta datrice di lavoro è realmente operante, in quanto iscritta alla Camera di Commercio, dall’altro, la violazione di legge, perché l’amministrazione non le ha comunicato l’irreperibilità del datore di lavoro. Inoltre, la ricorrente lamenta la mancata applicazione della circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Servizio Immigrazione del 10.05.1999, nonché il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta inidoneità della documentazione prodotta a dimostrazione della sua presenza in Italia alla data del 27.03.1998.
Il motivo è infondato.
In proposito, va rilevato che l’art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998 prevede che “sino al 15 dicembre 1998, possono richiedere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, anche a carattere stagionale o a carattere atipico, lavoratori stranieri già presenti in Italia prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998 n. 40, previa presentazione alla Questura competente per territorio di apposita domanda corredata da: a) idonea documentazione circa l’effettiva presenza in Italia prima del 27 marzo 1998; b) un contratto di lavoro subordinato, a condizioni non inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi di lavoro applicabili, ovvero un contratto di collaborazione, di carattere non occasionale, svolto senza vincolo di subordinazione, in modo prevalentemente personale, coordinato con l’attività del committente ed avente ad oggetto prestazioni rese con autonomia, quantomeno operativa a fronte di un corrispettivo non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva di settore o della categoria affine, ovvero ai compensi medi in uso per lo stesso ramo di attività lavorativa autonoma. Tali contratti devono recare sottoscrizione autenticata e prevedere la sola condizione sospensiva della concessione del permesso di soggiorno e devono essere verificati dalla competente commissione provinciale del lavoro; c) idonea documentazione circa la sistemazione alloggiativa”.
Il successivo art. 6 dispone che “I permessi di soggiorno di cui agli articoli precedenti sono rilasciati previa esibizione del passaporto o altro documento equipollente, ivi compresa l’attestazione di identità rilasciata dalla rappresentanza diplomatica o consolare in Italia del Paese di appartenenza e previa verifica dei presupposti di cui al presente decreto, salvo che si tratti di persone per le quali l’ingresso o il soggiorno nel territorio dello Stato non possono essere consentiti”.
Nel caso di specie, il decreto questorile dà atto che, con nota nr. A/080 – 087 Rif.020835, del 03.11.1999, la Direzione provinciale del lavoro di Torino ha comunicato che il contratto di lavoro, stipulato dalla ricorrente in data 05.01.1999 con la ditta Matturro Francesco, non può essere convalidato perché la ditta non è stata rintracciata, in quanto irreperibile.
Sul punto va anche osservato che la citata nota della Direzione Provinciale del lavoro (cfr. doc. 3 di parte resistente) precisa che sono state effettuate delle visite ispettive presso le sedi dell’azienda indicata, ma essa non è stata rintracciata, risultando irreperibile.
A fronte di tale dato oggettivo è del tutto irrilevante il fatto – evidenziato dalla ricorrente – che la ditta Matturro Francesco sia iscritta presso la Camera di Commercio, trattandosi di un dato meramente formale, che non dimostra l’effettiva operatività della ditta, esclusa dagli accertamenti compiuti dall’amministrazione competente in sede istruttoria.
Ne deriva la legittimità del decreto impugnato in relazione al profilo in esame, in quanto il provvedimento si basa su concreti accertamenti di fatto, non contraddetti dalle deduzioni svolte nel ricorso e coerenti con il dato normativo, atteso che l’art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998 condiziona la regolarizzazione, tra l’altro, alla disponibilità di un contratto di lavoro subordinato verificato dalla competente commissione provinciale del lavoro e, nel caso di specie, tale verifica ha avuto esito negativo, così precludendo la regolarizzazione.
Quanto poi alla censura afferente all’omessa comunicazione alla ricorrente dell’accertamento dell’irreperibilità della ditta indicata come datore di lavoro, va osservato che, proprio in base al citato art. 3 del D.P.C.M. 16.10.1998, è il richiedente che deve presentare una domanda corredata, tra l’altro, da un contratto di lavoro subordinato da sottoporre alla verifica della competente Direzione Provinciale del lavoro, mentre l’amministrazione, in base al successivo art. 6, è tenuta solo a decidere sull’istanza “previa verifica dei presupposti” stabiliti nel decreto medesimo.
In particolare, il D.P.C.M. 16.10.1998 non prevede che l’amministrazione debba richiedere dei chiarimenti ulteriori rispetto a quelli prodotti dall’interessato, né tale dovere è desumibile dalla disciplina generale sul procedimento amministrativa di cui alla legge 1990 n. 241, nel testo vigente all’epoca del rigetto della richiesta di regolarizzazione.
Invero, l’art. 6 della legge 1990 n. 241 – nel testo vigente all’epoca del rigetto – prevedeva che il responsabile del procedimento “può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee e incomplete”, ma questa disposizione attiene ai casi in cui un’istanza presenti un contenuto non corrispondente al paradigma normativo e, in relazione a tali ipotesi, prevede la possibilità per l’amministrazione di chiedere rettifiche o integrazioni delle istanze o delle dichiarazioni presentate.
Nel caso in esame, invece, il rigetto è dipeso non dal contenuto incompleto dell’istanza in sé, ma dal fatto che il contratto di lavoro presentato non era convalidabile e, pertanto, non era idoneo a sostenere la richiesta di regolarizzazione.
In relazione all’inidoneità del contratto prodotto, per effetto dell’accertata irreperibilità del datore di lavoro, non è configurabile un dovere per l’amministrazione di chiedere chiarimenti o ulteriori produzioni documentali, in quanto non si tratta di rettificare dichiarazioni o incompletezze contenute nell’istanza.
D’altro canto, va ricordato che solo con la legge 2005 n. 15 è stato introdotto, nel testo della legge 1990 n. 241, l’art. 10 bis, che prevede l’obbligo della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, con conseguente facoltà per l’interessato di produrre osservazioni e documenti, ma tale disciplina non era vigente all’epoca dell’adozione del decreto impugnato.
Va, pertanto, ribadito che non è condivisibile la censura secondo cui l’amministrazione, prima di rigettare la domanda di regolarizzazione, avrebbe dovuto informare la richiedente dell’irreperibilità del datore di lavoro.
Parimenti, è infondata la censura con la quale la ricorrente lamenta la violazione della circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Servizio Immigrazione del 10.05.1999.
Invero, tale circolare, come esattamente rilevato dall’amministrazione (cfr. rapporto della Questura di Torino datato 23.04.2001 depositato in data 28.04.2001), stabilisce che “E’ stato inoltre segnalato che molti datori pur avendo assunto formale impegno sottoscrivendo contratti di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. 16 ottobre 1998 successivamente, anche a causa del protrarsi delle procedure di regolarizzazione, hanno revocato la propria offerta di lavoro. Di conseguenza, alcuni stranieri, che all’atto della presentazione della documentazione erano in possesso di tutti i requisiti previsti, al momento del rilascio del permesso di soggiorno risultano essere, di fatto, privi della formale offerta di lavoro. Al riguardo si ritiene, però, che tali istanze non debbano essere parificate a quelle prive, fin dall’origine, del requisito del contratto di lavoro. Conseguentemente per tali casi sarà possibile concedere un permesso di soggiorno per lavoro-attesa occupazione, della durata limitata ad un anno, periodo entro il quale lo straniero dovrà trovare un’altra occupazione, informando tempestivamente la Questura competente che provvederà a rinnovare il soggiorno secondo le modalità sopra richiamate. A tale scadenza annuale, nel caso in cui lo straniero non sia in grado di dimostrare di svolgere attività lavorativa, il permesso di soggiorno non verrà rinnovato, salvo quanto previsto dall’articolo 5, comma 5, del Decreto legislativo 286/98”.
Ne deriva che la circolare in esame consente il rilascio di un titolo di soggiorno per attesa occupazione solo quando il richiedente al momento della presentazione dell’istanza disponeva dei requisiti per ottenere la regolarizzazione ex D.P.C.M. 16.10.1998, ma al momento del rilascio del titolo risultava privo di lavoro a seguito di revoca dell’offerta da parte del datore di lavoro.
Si tratta, pertanto, di un fattispecie cui non è riconducibile il caso concreto, atteso che, da un lato, l’amministrazione ha accertato il difetto ab origine di un contratto convalidabile dalla Direzione Provinciale del lavoro, a causa della irreperibilità del datore di lavoro, dall’altro, la mancanza dei presupposti per la regolarizzazione non è dipesa da una successiva revoca della disponibilità all’assunzione da parte del datore di lavoro.
Risulta infondata anche la censura con la quale la ricorrente deduce il difetto di motivazione del decreto impugnato, in ordine alla ritenuta inidoneità della documentazione prodotta a dimostrazione della sua presenza in Italia alla data del 27.03.1998.
Invero, la ricorrente produce una dichiarazione rilasciata dal Direttore Sanitario territoriale dell’USL 1 di Torino datata 10.03.2000 nella quale si riferisce soltanto che la sig.ra Irouno Celestina Adaeze “si è presentata il 12.03.1998 presso lo sportello sanitario I.S.I. (Informazione Salute Immigrati) … per visita medico generica”.
Tuttavia tale documentazione è inidonea a provare la effettiva presenza in Italia della ricorrente alla data del 27 marzo 1998, come esattamente precisato nel decreto impugnato.
Difatti, tale documento, da un lato, risulta redatto circa tre anni dopo la data del 27 marzo 1998, dall’altro, contiene una dichiarazione del tutto priva di elementi di riscontro, in quanto non specifica quali supporti documentali o di altro tipo sono stati utilizzati per affermare, a distanza di tre anni, che l’interessata si è presentata presso lo sportello sanitario I.S.I. in data 12.03.1998, precludendo così qualunque possibilità di verifica.
Ne deriva l’infondatezza della censura relativa al difetto di motivazione, in quanto, per il profilo in esame, il decreto questorile esplicita, seppure in modo sintetico, le ragioni dell’inidoneità della documentazione prodotta, rilevando la posteriorità di essa rispetto alla data del 27.03.1998, nonché la mancanza di elementi per verificare in concreto quanto dichiarato.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza del motivo in esame.
2) In definitiva, il ricorso è infondato nei termini dianzi esposti e deve essere respinto.
La natura delle questioni, di fatto e di diritto, prospettate nel ricorso consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, seconda sezione, respinge il ricorso.
Compensa tra le parti le spese della lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 17/12/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Richard Goso, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]
Exit mobile version