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TAR Veneto Sentenza 14 luglio 08 Accolto ricorso rinnovo pds valutare documentazione alla pronuncia

TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 2000 del 14 luglio 2008.
E’ accolto il ricorso del cittadino indiano contro la revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato accordatogli in data 6 settembre 2005 e il rifiuto del rinnovo del permesso medesimo richiesto nel febbraio del 2006, con riferimento alla rilevata violazione dell’art. 5, comma 5, del t. u. n. 286 del 1998, secondo cui “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio…”.
Infatti, il rigetto della domanda di rinnovo del permesso si basa, essenzialmente, sul fatto che l’odierno ricorrente, per ottenere il rinnovo del titolo, ha presentato alla Questura documentazione relativa a un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio: di qui la ritenuta insussistenza delle condizioni per il rinnovo, tenuto conto della indisponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti.
Sull’argomento la sezione ha già avuto modo di statuire, in generale, che la produzione di documentazione relativa a un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio, se l’interessato è in grado di dimostrare di essere in possesso, al momento dell’adozione del provvedimento negativo da parte della Questura, di adeguato e lecito reddito, non basta per negare il rinnovo del permesso di soggiorno.
In mancanza di una condanna penale, l’unica conseguenza derivante dalla produzione di documentazione relativa ad un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio è la inutilizzabilità della documentazione stessa nel periodo di riferimento, con conseguente mancata dimostrazione del possesso del requisito concernente il reddito.
La valutazione sui requisiti va riferita, infatti, al momento in cui l’autorità amministrativa si pronuncia, occorrendo tenere conto delle condizioni attuali dello straniero. Ciò posto in termini generali, e guardando al caso in esame, va sottolineato che il ricorrente ha prodotto in giudizio documentazione attestante l’avvenuto svolgimento di una – almeno a quanto consta – regolare attività lavorativa riferibile, come detto, fino al momento della decisione della Questura sulla domanda di rinnovo del permesso.
In particolare l’Amministrazione, nell’eseguire la presente sentenza, dovrà valutare, alla luce della norma su citata, l’intensificarsi della attività lavorativa del ricorrente – stando almeno ai documenti prodotti in giudizio- a partire dal mese di settembre del 2006.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, con l’intervento dei magistrati:
 Angelo De Zotti  Presidente 
 Marco Buricelli  Consigliere, rel. ed est.
 Marina Perrelli  Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 nel giudizio introdotto con il ricorso n. 949/07 proposto da Singh Swaran, rappresentato e difeso dagli avvocati Zeno Baldo e Davide Verlato, e domiciliato presso la segreteria del Tar Veneto ai sensi dell’art. 35 del r. d. n. 1054 del 1924; 
CONTRO
 L’Amministrazione dell’Interno, in persona del Ministro “pro tempore”, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge in Piazza San Marco n. 63;
per l’annullamento
  del provvedimento cat. A.12/2006/Imm n. 475  emesso il 12 dicembre 2006  e notificato il  26 febbraio 2007, con il quale il Questore di Vicenza ha decretato la revoca e contestuale rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno al ricorrente;
visto il ricorso, notificato il 23 aprile 2007 e depositato presso la segreteria il 22 maggio 2007, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno, con i relativi allegati;
vista l’ordinanza istruttoria delegata n. 53/08 e la nota di chiarimenti della Questura di Vicenza in data 9 giugno 2008;
vista la memoria conclusionale prodotta in giudizio dal ricorrente;
visti  gli atti tutti della causa;
udito, all’udienza del 3 luglio 2008 (relatore il consigliere Marco Buricelli), l’avv. Verlato per la parte ricorrente; nessuno comparso per la P.A.;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
1.-Il ricorrente, cittadino indiano, ha impugnato il provvedimento in epigrafe specificato con il quale il Questore di Vicenza ha, in maniera contestuale, revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato accordato allo straniero in data 6 settembre 2005 e rifiutato il rinnovo del permesso  medesimo richiesto dal Singh nel febbraio del 2006.  In particolare,  nel provvedimento impugnato il Questore:
-ha premesso che lo straniero nel domandare, nell’aprile del 2005, il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato scaduto nel marzo del 2005, a dimostrazione del possesso del requisito dello svolgimento di attività lavorativa aveva prodotto una dichiarazione rilasciata dalla ditta Job Consul, con sede in Povegliano Veronese (VR), dalla quale lo straniero stesso risultava essere stato assunto dal 1° marzo 2005  a tempo indeterminato, e una  comunicazione di assunzione, relativa alla ditta sopra citata, con il timbro del Centro per l’Impiego di Villafranca; che il 6 settembre 2005 era stato rilasciato allo straniero un permesso di soggiorno valido sino al 24 marzo 2006 e che lo straniero, nel febbraio del 2006, nel domandare il rinnovo ulteriore del permesso, ha ripresentato la medesima documentazione sopra indicata;
-ha rilevato che, in base a una serie di elementi concordanti (v. nota Nucleo Polizia Tributaria Venezia pervenuta il 29 settembre 2006  e accertamenti eseguiti dalla Questura di Vicenza presso l’INPS e l’INAIL di Verona)  risulta adeguatamente comprovato che il Singh non ha svolto alcuna attività lavorativa presso la ditta Job Consul, soggiungendo che lo straniero, in concorso con la legale rappresentante della ditta citata, è responsabile del reato di cui all’art. 5, comma 8 bis, del t. u. n. 286 del 1998 in quanto, allo scopo di permanere indebitamente nel territorio nazionale, ha coscientemente fatto uso della documentazione attestante il falso approntata dalla Djokovic;
-ha sottolineato che il permesso di soggiorno era stato rilasciato nonostante la inesistenza di un presupposto essenziale quale era, appunto, un rapporto di lavoro e che non sussistevano le condizioni per il rinnovo del permesso medesimo;
-ha concluso infine che poiché il rapporto di lavoro con la ditta Job Consul non è mai venuto in essere lo straniero si trova in Italia in una insanabile posizione irregolare. Di qui la revoca e il contestuale rigetto della istanza. Avverso il provvedimento in epigrafe il ricorrente ha formulato un unico, articolato motivo, concernente violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili. L’Avvocatura dello Stato ha succintamente controdedotto allegando una relazione della Questura di Vicenza con gli atti e i documenti del procedimento.
La domanda di misure cautelari è stata respinta con l’ordinanza n. 364 del 2007 .
2.-Il collegio ritiene in diritto che il ricorso sia chiaramente fondato e vada perciò accolto con riferimento alla rilevata violazione dell’art. 5, comma 5, del t. u. n. 286 del 1998, secondo cui “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio…”. Prima di tutto va chiarito che, anche se il decreto impugnato pone l’accento, nelle premesse, sul fatto che lo straniero avrebbe commesso il reato di cui all’art. 5, comma 8 bis, del t. u. n. 286/98, da un esame dell’atto nel suo insieme emerge che il rigetto della domanda di rinnovo del permesso si basa, essenzialmente, sul fatto che  l’odierno ricorrente, per ottenere il rinnovo del titolo, ha presentato alla Questura documentazione relativa a un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio: di qui la ritenuta insussistenza delle condizioni per il rinnovo, tenuto conto della indisponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti. Sull’argomento la sezione ha già avuto modo di statuire, in generale (si vedano le sentenze nn. 1254 e 626 del  2008 e nn. 3367, 3177 e 2588 del 2007)  , che la produzione di documentazione relativa a un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio, se l’interessato è in grado di dimostrare di essere in possesso, al momento dell’adozione del provvedimento negativo da parte della Questura, di adeguato e lecito reddito, non basta per negare il rinnovo del permesso di soggiorno. Il diniego, infatti, non può farsi derivare direttamente dalla disposizione di cui all’art. 5, comma 8 bis, del t. u. n. 286 del 1998, che è norma penale incriminatrice priva di immediata valenza in sede amministrativa; né dall’art. 4, comma 2 del medesimo t. u. , il quale dispone che “la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda”, dato che si tratta di norma speciale (a fattispecie esclusiva) riferita soltanto al visto di ingresso, alla quale non può attribuirsi portata generale, con conseguente applicabilità anche al permesso di soggiorno. In mancanza di una condanna penale, pertanto –ha soggiunto la sezione, con la sentenza n. 1254/08-, l’unica conseguenza derivante dalla produzione di documentazione relativa ad un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio è la inutilizzabilità della documentazione stessa nel periodo di riferimento, con conseguente mancata dimostrazione del possesso del requisito concernente il reddito.
Orbene, come si è già accennato sopra, in base a un orientamento giurisprudenziale fatto proprio anche da questa sezione (cfr. Tar Veneto, III, 5 ottobre 2007, n. 3177; id. , 24 luglio 2007, n. 2588; Consiglio di Stato, sez. VI, 5 giugno 2007, n. 2988; id. 22 maggio 2007, 2594; Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 3 ottobre 2007, n. 9717), ai sensi dell’art. 5, comma 5, del t. u. n.  286/98 si deve  tenere conto anche degli elementi sopraggiunti prima della decisione dell’autorità amministrativa, per verificare se sussistano le condizioni per consentire di concludere che requisiti originariamente mancanti risultino successivamente posseduti.
La valutazione sui requisiti va riferita, infatti, al momento in cui l’autorità amministrativa si pronuncia, occorrendo tenere conto delle condizioni attuali dello straniero (sul punto cfr. Cass. Civ., 3 febbraio 2006, n. 2417).
Ciò posto in termini generali, e guardando ora più da vicino al caso in esame, va sottolineato che il ricorrente ha prodotto in giudizio documentazione attestante l’avvenuto svolgimento di una – almeno a quanto consta – regolare attività lavorativa riferibile, come detto, fino al momento della decisione della Questura sulla domanda di rinnovo del permesso. Più precisamente, sono state depositate:
buste paga dell’azienda agricola Cavazza –periodo settembre –ottobre 2006, sub allegato  5 fasc. ric.;
buste paga della coop. Girasole, a partire dal 6 novembre 2006 (a quest’ultimo proposito lo stesso Ufficio Immigrazione della Questura riconosce che lo straniero ha lavorato presso la scarl Girasole dal 6 novembre 2006 al 31 marzo 2007 , e si noti che il decreto impugnato è stato comunicato al Singh, ed è quindi divenuto efficace, ex art. 21 bis l. n. 241/90, soltanto il 26 febbraio 2007).
 L’Amministrazione – che, pure, aveva in modo ampiamente attendibile considerato fittizio il requisito della attività lavorativa svolta alle dipendenze di Job Consul-, come prevede l’art. 5, comma 5, del t. u. n. 286/98 dovrà prendere in considerazione i documenti sopra indicati. In particolare l’Amministrazione, nell’eseguire la presente sentenza, dovrà valutare, alla luce della norma su citata, l’intensificarsi della attività lavorativa del ricorrente –stando almeno ai documenti prodotti in giudizio- a partire dal mese di settembre del 2006.
Il ricorso è pertanto fondato e, assorbito ogni profilo di censura ulteriore, non esplicitamente esaminato, va accolto con riferimento al suindicato motivo di violazione di legge. Da ciò consegue l’annullamento del decreto e la dichiarazione dell’obbligo, per la Questura di Vicenza, di rideterminarsi sulla domanda di rinnovo del permesso conformandosi alle statuizioni contenute nella presente sentenza al fine di valutare correttamente la sufficienza dei mezzi di sussistenza dello straniero.
La peculiarità della vicenda trattata induce il collegio a compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 3 luglio 2008.
Il Presidente                 l’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

 

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