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TAR Veneto Sentenza 23 maggio 2008 Legittimo diniego di regolarizzazione

TAR del Veneto sentenza del 23 maggio 2008  legittimo diniego di regolarizzazione in presenza di reati
TAR del Veneto terza sezione sentenza n. 1542 del 23 maggio 2008 legittimo diniego di regolarizzazione in presenza di reati
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto ha respinto il ricorso presentato da un cittadino straniero contro il diniego dell’istanza di regolarizzazione ai sensi del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n. 222/2002.
Con il provvedimento impugnato, il Prefetto di Treviso aveva respinto l’istanza di regolarizzazione in considerazione del diniego del rilascio del permesso di soggiorno da parte della Questura di Treviso per l’esistenza di un decreto di espulsione del 13 maggio 2005 nei confronti dello straniero, seppure sotto altro nome, con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni.
A carico dello straniero vi era anche l’esistenza presso il casellario giudiziario di iscrizioni a suo carico: a) per i reati di rissa e resistenza a pubblico ufficiale con condanna ex art. 444 c.p.p. a tre mesi di reclusione, irrogata con sentenza del Pretore di Venezia, divenuta irrevocabile il 24 marzo 1999; b) per reato di invasione di edificio con condanna ad una multa di lire 980.000, irrogata con decreto del G.I.P. del Tribunale di Treviso, divenuto esecutivo il 2 ottobre 2001; c) per violazione dell’art. 6 della legge n. 40/1998 in materia di disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero per falsa attestazione a pubblico ufficiale sulla propria identità ex art. 495 c.p. con condanna a due mesi di reclusione, irrogata con sentenza del Tribunale di Treviso, divenuta irrevocabile il 3 gennaio 2002.
Sulla scorta delle su riportate considerazioni, il TAR del Veneto respinge il ricorso poiché  il ricorrente ha tenuto una condotta ritenuta  riprovevole dall’ordinamento giuridico.

Ric. n.2222/05       Sent. n. 1542/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo  De Zotti   Presidente
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della   L.   27  aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Angelo Gabbricci          Consigliere
Marina Perrelli    Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n.2222/05, proposto da RAY SALAH EDDINE,  rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Garatti e Maurizio Scattolin, con domicilio presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, S. Marco 4714;
CONTRO
Il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
del provvedimento del 14.6.2005 con il quale il Prefetto di Treviso ha  negato la domanda di regolarizzazione ex lege n. 222/2002 presentata dal sig. Bazzichetto Adriano per conto del ricorrente.
     Visto il ricorso, notificato il 5 ottobre 2005 e depositato presso la Segreteria il 26 ottobre 2005, con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 10 aprile 2008 – relatore il Referendario M. Perrelli  – l’avv. Garatti per la parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO

Il 9 gennaio 2002 Bazzichetto Adriano, in qualità di legale rappresentante della ditta PIMBA s.n.c., presentava al Prefetto di Treviso istanza, ai sensi del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n. 222/2002, per la regolarizzazione del lavoratore Ray Salah Eddine, provvedendo, altresì, al pagamento del contributo una tantum prescritto dal disposto normativo, nonché allegando la documentazione richiesta. In calce alla detta istanza il ricorrente chiedeva al Questore di Treviso il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
Il 30 luglio 2003 il ricorrente e il datore di lavoro si presentavano presso lo Sportello Polifunzionale per l’immigrazione della Prefettura di Treviso e sottoscrivevano il contratto di soggiorno.
A seguito di un sollecito inviato il 23 novembre 2003 per conoscere lo stato della procedura relativa al rilascio del permesso di soggiorno e del deposito di documentazione integrativa, il 26 febbraio 2004 la Prefettura di Treviso comunicava al ricorrente la sospensione della detta procedura da parte della Questura competente per esigenze istruttorie.  Dopo ulteriori solleciti ( datati 27 aprile 2004, 4 settembre 2004 e 25 gennaio 2005) la Prefettura di Treviso, con nota del 25 febbraio 2005 prot. 2581/03/Gab., comunicava al ricorrente il diniego di nulla osta, emesso il 14 febbraio 2005 dalla Questura di Treviso, invitandolo ad inviare memorie difensive.
Infine, il 22 giugno 2005 veniva notificato al ricorrente il diniego dell’istanza di regolarizzazione, emesso il 14 giugno 2005 dalla Prefettura di Treviso, unitamente alla  nota del 9 giugno 2005 della Questura di Treviso.
Il ricorrente, in via preliminare, deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, 8° comma lettera a), del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n. 222/2002,  per contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui non esclude la revoca del decreto di espulsione solo nei casi in cui il lavoratore extracomunitario sia stato sottoposto a procedimento penale per uno dei “reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero nei casi di archiviazione previsti dall’articolo 411 del codice di procedura penale ovvero risultino destinatari dell’applicazione di una misura di prevenzione o di sicurezza, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione”, così come sancito dalla successiva lettera c) del medesimo comma.
Il ricorrente censura il provvedimento gravato sotto molteplici profili:
1) Violazione dell’art. 1, 8° comma lettera a), del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n. 222/2002, ed eccesso di potere per impossibilità di verificare le motivazioni poste a base del decreto di espulsione del ricorrente, per assenza di prova circa la ricezione del decreto di espulsione, per difetto, carenza e contraddittorietà  dell’istruttoria e della motivazione;
2) Violazione dell’art. 1, 8° comma lettera a), del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n. 222/2002, ed eccesso di potere, sussistendo nella fattispecie in esame le condizioni comprovanti l’inserimento sociale del ricorrente  ed idonee a far revocare il diniego gravato;
3) Violazione dell’art. 1, 8° comma lettera c), del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n. 222/2002, ed eccesso di potere, poiché l’unico procedimento penale a carico del ricorrente ricompreso nella predetta disposizione di legge è stato definito con sentenza ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile il 24.3.1999, con conseguente automatica estinzione del reato a seguito del decorso del termine quinquennale di cui al successivo art. 445 c.p.p..
Il Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 10 aprile 2008 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.       
DIRITTO
Il ricorso non è fondato e va respinto per le seguenti motivazioni.
Con il provvedimento impugnato il Prefetto di Treviso ha respinto l’istanza di regolarizzazione presentata dal ricorrente in considerazione del diniego del nulla osta all’emissione del permesso di soggiorno da parte della Questura di Treviso, attesa l’esistenza di un decreto di espulsione del 13 maggio 2005 nei confronti dello straniero, seppure sotto altro nome, con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni, nonché dell’esistenza presso il casellario giudiziario di iscrizioni a suo carico: a) per i reati di rissa e resistenza a pubblico ufficiale con condanna ex art. 444 c.p.p. a tre mesi di reclusione, irrogata con sentenza del Pretore di Venezia, divenuta irrevocabile il 24 marzo 1999; b) per reato di invasione di edificio con condanna ad una multa di lire 980.000, irrogata con decreto del G.I.P. del Tribunale di Treviso, divenuto esecutivo il 2 ottobre 2001; c) per violazione dell’art. 6 della legge n. 40/1998 in materia di disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero per falsa attestazione a pubblico ufficiale sulla propria identità ex art. 495 c.p. con condanna a due mesi di reclusione, irrogata con sentenza del Tribunale di Treviso, divenuta irrevocabile il 3 gennaio 2002.
Ordunque, l’art. 1 del D.L. 9 settembre 2002, n. 195, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1 della legge 9 ottobre 2002, n. 222, consente a chi occupi alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, di denunciare, entro termini prestabiliti, il rapporto di lavoro alla prefettura competente per territorio, impegnandosi a stipulare un contratto di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato, ovvero per un contratto di lavoro di durata non inferiore ad un anno.
La prefettura, ricevuta la dichiarazione, verifica l’ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione, mentre la questura accerta se sussistono motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno.
L’ottavo comma del citato art. 1 elenca alcune fattispecie in cui la regolarizzazione non è consentita: in particolare, per quanto interessa la presente controversia, la lettera a) stabilisce che le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari “nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell’ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso…”.
Tanto premesso deve essere evidenziato che nel caso di specie il ricorrente risulta essere destinatario, seppure sotto altro nome, di decreto di espulsione con intimazione a lasciare il territorio dello Stato, decreto non suscettibile di revoca, a prescindere da ogni valutazione circa l’inserimento sociale dello straniero, in quanto il sig. Ray Salah Eddine è stato sottoposto a procedimenti penali per delitti non colposi, tutti conclusisi con sentenze di condanna divenute irrevocabili.
A tale riguardo occorre allora evidenziare in primo luogo l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale del richiamato art. 1, 8° comma lettera a), in relazione all’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che la revoca dell’espulsione debba essere esclusa solo per la commissione di reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p.  e, anche in caso di sentenze di condanna, non fa salvi gli effetti della riabilitazione.
Il Giudice delle leggi ha ribadito in più pronunce che “la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione. E tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli” (cfr. Corte Costituzionale n. 62/1994; n. 144/1970; n. 104/1969).
In particolare, la Corte Costituzionale, investita di una questione di legittimità costituzionale relativa proprio all’art.1, 8° comma lettera a), della legge n. 222/2002, ha affermato che “alla stregua di tali principi, che si ribadiscono, la scelta del legislatore di escludere la legalizzazione dei rapporti di lavoro dei cittadini extracomunitari colpiti da provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera non è manifestamente irragionevole e la disposizione censurata, tenuto conto del complesso degli interessi da tutelare, non incorre nel vizio del trattamento normativo eguale per situazioni sostanzialmente difformi” (cfr. Corte Costituzionale n. 206/2006). Sulla scorta di tali principi discende che non appare sussistere alcuna difformità di trattamento tra l’ipotesi prevista dalla lettera a) e quella prevista dalla lettera c) del citato art. 1, 8° comma, poiché mentre nel primo caso il legislatore preclude la regolarizzazione agli stranieri già colpiti da un decreto di espulsione, sancendone la non revocabilità, a prescindere da ogni valutazione sull’inserimento sociale, nell’ipotesi di esistenza di procedimenti penali per delitti non colposi non conclusisi con l’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo, oggettivo ovvero per la non commissione del fatto, ben diversa è la fattispecie di cui alla lettera c), la quale prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 78/2005, faceva scattare la detta preclusione in presenza della sola denuncia per i reati per i quali era previsto l’arresto in flagranza obbligatorio o facoltativo.
Orbene, appartiene certamente ad insindacabili scelte politico-legislative stabilire se introdurre o meno una disciplina derogatoria, con la quale si consenta la regolarizzazione degli stranieri extracomunitari; egualmente può dirsi per la delimitazione delle posizioni sanabili, le quali andranno peraltro individuate nel rispetto del principio di ragionevolezza e, comunque, in coerenza con i principi dell’ordinamento costituzionale.
Dunque, sulla scorta delle su riportate considerazioni non appare in contrasto con tali enunciati che dalla regolarizzazione siano esclusi soggetti che appaiano immeritevoli di soggiornare sul territorio nazionale, per aver tenuto in precedenza una condotta che dall’ordinamento giuridico è ritenuta riprovevole. Tale preesistente condotta, peraltro, per essere rilevante, come affermato anche dal Giudice delle leggi, deve essere necessariamente accertata dalla competente autorità giurisdizionale ovvero amministrativa, al termine di un procedimento nel quale sia consentito all’interessato di esporre gli elementi a proprio favore.
Ne discende, quindi, che nel caso in esame il diniego di regolarizzazione risulta legittimamente emesso dalla Prefettura in presenza di un precedente provvedimento di espulsione a carico del ricorrente, provvedimento non suscettibile di revoca in considerazione delle sentenze di condanna emesse nei confronti dello straniero per delitti non colposi. A tale riguardo merita, inoltre, di essere rilevata l’infondatezza delle censure relative sia all’omessa valutazione delle condizioni obiettive comprovanti l’inserimento sociale del ricorrente sia alla mancata considerazione degli effetti estintivi del reato previsti dall’art. 445 c.p.p. a seguito di applicazione della pena su richiesta analoghi alla riabilitazione, attesa da un lato la non revocabilità del provvedimento di espulsione e dall’altro l’assenza di ogni riferimento alla riabilitazione da parte dell’art. 1, 8° comma lettera a), della legge n. 222/2002. 
In conclusione, assorbita ogni ulteriore censura non espressamente esaminata, il ricorso deve essere respinto con conseguente conferma dell’impugnato diniego.
Nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione dell’Amministrazione resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 10 aprile 2008.
Il Presidente       L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

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