TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 3455 del 6 novembre 2008.
E’ inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso avente ad oggetto il diritto all’unità familiare. Nel caso di specie la ricorrente ha adito il giudice amministrativo per far dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato dalla Questura in ordine al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari.
In merito alla sussistenza della propria giurisdizione il Collegio ha ritenuto il ricorso inammissibile perché, in termini generali, il silenzio rifiuto e il rimedio giurisdizionale previsti dall’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971 non sono configurabili relativamente a diritti soggettivi non rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la cui eventuale lesione, prescindendo dalla sussistenza o meno di atti amministrativi autoritativi, può essere accertata dal giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 11 dicembre 2007 , n. 6378). In particolare e con specifico riguardo alla materia dei permessi di soggiorno per motivi di famiglia l’art. 30, comma 6, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con una formula ampia e tendenzialmente onnicomprensiva, prevede che “contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare, l’interessato può presentare ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile”. Da ciò discende che, tenuto conto dell’ampiezza della formulazione impiegata dalla norma, tutte le controversie riguardanti il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi familiari sono sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e rientrano in quella del giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1480; Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 18 giugno 2004, n. 2466; Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 31 maggio 2007 n. 780; Tar Veneto, III, n. 122/02 e numerose altre).
Il giudice ordinario, quindi, può essere adìto, ai sensi dell’art. 30, comma 6, del t. u. n. 286 del 1998 anche in sede di autonomo giudizio di accertamento del diritto a conseguire il permesso per motivi di famiglia.
Ai fini della individuazione del giudice competente in questa materia non rileva il fatto che si discuta della legittimità di un provvedimento amministrativo oppure di un comportamento omissivo quale è il silenzio, che costituisce un “non atto” relativo, comunque, a una materia demandata alla cognizione del giudice ordinario.
Alla luce delle considerazioni esposte, pertanto, anche in materia di giudizio sul silenzio serbato dall’Amministrazione sulla domanda volta al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari il giudice amministrativo è privo di giurisdizione dato che la contestazione cade su questione che concerne il diritto alla unità familiare.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sent. n. 3455/08
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, con l’intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere, relatore
Angelo Gabbricci Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1390 del 2008, proposto da GASHI KIMETE, rappresentata e difesa dall’avv. Stefania Filippi, con domicilio presso la Segreteria del Tar ai sensi dell’art. 35 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054;
contro
l’Amministrazione dell’interno, in persona del Ministro “pro tempore”, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge presso la sua sede in Piazza San Marco n. 63;
per
l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
“accertarsi e dichiararsi l’illegittimità del silenzio –inadempimento serbato dalla Questura di Treviso in ordine alla istanza di rilascio di permesso di soggiorno come da motivi esposti in narrativa e, per l’effetto, accertarsi la fondatezza della istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi familiari;
per l’ulteriore effetto, ordinarsi alla Questura di Treviso il rilascio, entro un termine non superiore a trenta giorni, del permesso di soggiorno invocato;
in subordine, nel caso di ulteriore inadempimento da parte dell’Amministrazione, procedersi alla nomina di un commissario ad acta che provveda in luogo dell’Amministrazione stessa, come previsto dall’art. 21 bis, comma 2, della l. n. 1034/71;
in ogni caso, valutarsi l’eventualità di un risarcimento del danno ex art. 7, comma 3, della l. n. 1034/71, la cui quantificazione si rimette all’equità del collegio adito”;
visto il ricorso, notificato il 20 giugno 2008 e depositato in segreteria il 18 luglio 2008, con i relativi allegati;
visto il controricorso dell’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione dell’interno;
visti gli atti tutti della causa;
uditi, nella camera di consiglio del 29 ottobre 2008 (relatore il consigliere Marco Buricelli) , l’avv. Parpinel in sostituzione dell’avv. Filippi per la parte ricorrente e l’avv. dello Stato Gasparini per l’Amministrazione;
ritenuto in fatto e considerato in diritto:
1.che la ricorrente, cittadina della ex Yugoslavia, espone di essere entrata in Italia nel 2005 e di avere ottenuto un permesso di soggiorno per motivi familiari avente validità dall’8 settembre 2005 all’8 settembre 2006;
che nel permesso di soggiorno della signora Gashi sono altresì inseriti i figli Florian, nato il 9 settembre 2000, e la figlia Lindona, nata il 9 luglio 1997, avuti con il marito Gashi Fadil, titolare di carta di soggiorno a tempo indeterminato;
che la coppia ha avuto un’altra bambina, Lorinda, nata il 6 maggio 2007 e che la bambina, nonostante sia stata fatta richiesta, non è stata inserita né nel permesso di soggiorno della madre né in quello del padre;
che poiché la minore non può lasciare il territorio nazionale e neanche i familiari lo Stato a meno di voler lasciare la bambina da amici o parenti, la ricorrente, in data 19 novembre 2007, ha inviato, alla Questura di Treviso, richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno;
che collegandosi con il portale dell’immigrazione la ricorrente è venuta a sapere che la Questura le ha fissato appuntamento al 29 gennaio 2009 per “integrazione pratica e fotosegnalamento”;
che la ricorrente soggiunge che il suddetto appuntamento costituisce soltanto un avvio della pratica diretta al rinnovo del permesso e che in questo lasso di tempo l’Amministrazione non ha provveduto, né provvederà, in tempi ravvicinati, a concludere il procedimento rilasciando –o negando- il permesso di soggiorno per motivi familiari, pur disponendo la ricorrente di tutti i requisiti richiesti dalla legge per ottenere il permesso medesimo;
che l’inerzia della Questura fonda la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla pubblica autorità sulla istanza presentata dalla interessata;
che, nel rilevare la sussistenza dei presupposti per proporre ricorso avverso il silenzio ex art. 21 bis della l. n. 1034 del 1971 la stessa ricorrente riconosce che si presuppone, tra l’altro, che “il giudice amministrativo sia dotato di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la domanda rimasta inevasa”;
che la ricorrente ha concluso come in epigrafe chiedendo che il Tar ordini alla Questura di Treviso il rilascio, alla interessata, del permesso di soggiorno per motivi familiari;
che l’Avvocatura dello Stato, nel costituirsi in giudizio per l’Amministrazione dell’interno, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso poiché privo di fondamento;
2.-che il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;
che la ricorrente, come già detto titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari, madre di tre figli e coniugata con un connazionale titolare di carta di soggiorno a tempo indeterminato, ricorre avverso il silenzio –rifiuto formatosi, in seguito all’inutile decorso del termine stabilito dall’art. 5, comma 9, del t. u. n. 286 del 1998, sulla domanda, presentata alla Questura di Treviso nel novembre del 2007 e diretta al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia;
che a questo proposito va esaminata in via preliminare la questione relativa alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo;
che il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione;
che in termini generali il silenzio rifiuto e il rimedio giurisdizionale previsti dall’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971 non sono configurabili relativamente a diritti soggettivi non rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la cui eventuale lesione, prescindendo dalla sussistenza o meno di atti amministrativi autoritativi, può essere accertata dal giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 11 dicembre 2007 , n. 6378);
che, con specifico riguardo alla materia dei permessi di soggiorno per motivi di famiglia l’art. 30, comma 6, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con una formula ampia e tendenzialmente onnicomprensiva, prevede che “contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare, l’interessato può presentare ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile”;
che da ciò discende che, tenuto conto dell’ampiezza della formulazione impiegata dalla norma, tutte le controversie riguardanti il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi familiari sono sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e rientrano in quella del giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1480; Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 18 giugno 2004, n. 2466; Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 31 maggio 2007 n. 780; Tar Veneto, III, n. 122/02 e numerose altre);
che il giudice ordinario può essere adìto, ai sensi dell’art. 30, comma 6, del t. u. n. 286 del 1998 non solo in sede di impugnazione del provvedimento di diniego di nulla osta al ricongiungimento familiare o di rifiuto di rilascio, o di rinnovo, del permesso per motivi di famiglia, ma anche in sede di autonomo giudizio di accertamento del diritto a conseguire il permesso per motivi di famiglia; che, in altre parole, ai fini della individuazione del giudice competente in questa materia, non rileva il fatto che si discuta della legittimità di un provvedimento amministrativo oppure di un comportamento omissivo quale è il silenzio, che costituisce un “non atto” relativo, comunque, a una materia demandata alla cognizione del giudice ordinario. Nel caso di specie, il ricorso proposto avverso il silenzio attiene a una richiesta con la quale la Gashi, dopo avere domandato il rinnovo del permesso alla Questura di Treviso e dopo che erano decorsi i termini previsti dalla legge entro i quali l’Amministrazione era tenuta a provvedere, intende adesso fare valere il proprio diritto a vedersi rinnovato il permesso per motivi di famiglia;
che come avviene sul rapporto sottostante, anche in materia di giudizio sul silenzio serbato dall’Amministrazione sulla domanda volta al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari –il cui rilascio o rinnovo, si noti, costituisce atto dovuto sussistendo le condizioni richieste dalla legge (cfr. articoli 29 e 30 del t. u. n. 286/98)- il giudice amministrativo è privo di giurisdizione dato che la contestazione cade su questione che concerne il diritto alla unità familiare. A differenza del permesso di soggiorno disciplinato in generale dall’art. 5 del d. lgs. n. 286/1998, che è connotato da ampi spazi di discrezionalità da parte della P.A., ai quali si correlano posizioni di mero interesse legittimo tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, il permesso di soggiorno per motivi familiari, contemplato dall’art. 30 dello stesso decreto, è atto dovuto, in presenza delle specifiche situazioni tassativamente elencate, e, dunque, forma oggetto di diritti soggettivi, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 maggio 2007, n. 1940), e le relative controversie “attengono alla denunciata lesione di veri e propri diritti”. Del resto, come è stato segnalato da Cons. St., VI, sent. n. 3310 del 2006, “in presenza di una questione non rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo appare evidente come tale giurisdizione non possa fondarsi unicamente sul fatto che il
ricorso viene proposto avverso il silenzio della P.a..
Costituisce infatti principio consolidato quello secondo cui il nuovo rito del ricorso
avverso il silenzio, introdotto dall´art. 2 della legge n. 205 del
2000, non ha introdotto una materia autonoma (il silenzio) nella quale
il giudice amministrativo può esercitare sempre la propria
giurisdizione: la norma opera esclusivamente sul piano processuale,
presupponendo e non fondando la giurisdizione del giudice
amministrativo. Conseguentemente, non possono essere introdotte davanti al giudice amministrativo questioni che esulano dalla sua
giurisdizione, ancorché connesse con una istanza (inevasa) rivolta ad
una amministrazione (Cons. Stato, VI, n. 683/2003)";
che, in definitiva, il ricorso in esame, con cui si censura l’inerzia mantenuta dall’Amministrazione relativamente a una domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione (conf. Tar Lazio, nn. 5822 e 272 del 2007, con cui si ribadisce che le controversie sulla materia in esame vanno attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, sia in caso di impugnativa di un provvedimento espresso su istanze come quella in argomento, sia in caso di ricorso contro l’inerzia serbata sulla istanza medesima in quanto la stessa rappresenta, comunque, un comportamento attinente a materia attribuita al predetto giudice ordinario; conf, altresì, sul punto, Tar Lombardia –Brescia, n. 171 del 2007; Tar Sicilia -Catania, n. 1025 del 2005; Tar Campania –Napoli, n. 5550 del 2007; Tar Toscana, n. 7070 del 2006);
che occorre dare atto che resta impregiudicata la conservazione degli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda proposta (cfr. Corte Costituzionale 12 marzo 2007, n. 77), e ciò in base a quanto statuito dalle sezioni unite della Corte di Cassazione –sent. 22 febbraio 2007, n. 4109; e che occorre assegnare un termine di sei mesi dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza o, se anteriormente avvenuta, dalla notificazione della stessa, per l’eventuale prosecuzione del processo dinanzi al giudice munito di giurisdizione;
che in ragione della natura meramente processuale della pronuncia le spese del giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, e assegna un termine di sei mesi, decorrente dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, per l’eventuale riassunzione della causa dinanzi al giudice competente.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 29 ottobre 2008.
Il Presidente l’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione