TAR Veneto Sentenza del 16 giugno 2009 illegittimo diniego di carta di soggiorno
TAR Veneto Sentenza n. 1801 del 16 giugno 2009 illegittimo diniego di carta di soggiorno
Nel caso di specie, un cittadino marocchino ha presentato ricorso contro il decreto di rigetto dell’istanza di rilascio della carta di soggiorno emesso dalla Questura di Treviso l’11 marzo 2008 motivandolo con l’inidoneità dell’alloggio, ritenuto sufficiente per sole cinque persone.
Il ricorrente, aveva presentato all’Amministrazione un certificato di idoneità dell’alloggio del 6 febbraio 2006, ma la Questura, equivocando sul suo significato, aveva ritenuto che il medesimo fosse adeguato per sole cinque persone. Invece, come chiarito dalla relazione redatta del responsabile dell’ufficio tecnico comunale a seguito del sopralluogo compiuto nell’abitazione, questa risulta avere una superficie abitabile di mq 120.
L’art. 29, comma 3, lett. a), del Dlgs. n. 286 del 1998, prescrive che è necessario “un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio” e che “nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà”.
Ebbene, la legge regionale n. 10 del 1996, di disciplina degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, all’art. 9, comma 3, dispone che “l’assegnazione degli alloggi avviene, ove possibile, nel rispetto dei seguenti parametri relativi alla superficie utile: a) mq. 46 per una persona; b) mq. 60 per due persone; c) mq. 70 per tre persone; d) mq. 85 per quattro persone; e) mq. 95 per cinque persone; f) oltre mq. 110 per più di cinque persone”.
In base alla norma citata l’immobile di cui si controverte è pertanto idoneo ad ospitare più di cinque persone per ciò il ricorso viene accolto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1609 del 2008, proposto da:
El Farouki Mohammed, rappresentato e difeso dall’avv. Stefania Filippi, con con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054;
contro
l’Amministrazione dell’Interno, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;
per l’annullamento
del decreto Cat. A.12/2007 – Imm. (R.B.) di rigetto dell’istanza di rilascio della carta di soggiorno emesso dalla Questura di Treviso l’11 marzo 2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21/05/2009 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente cittadino del Marocco regolarmente residente in Italia dal 1996, anno di rilascio del primo permesso di soggiorno, e che ha esercitato il ricongiungimento con la moglie e i propri figli, impugna il provvedimento con il quale gli è stata respinta la domanda di rilascio della carta di soggiorno.
E’ necessario peraltro premettere in fatto che un precedente diniego era stato motivato con riferimento all’inidoneità dell’alloggio ad ospitare il ricorrente e i propri familiari, la moglie e i quattro figli titolari a loro volta della carta di soggiorno, la nuora di uno dei figli e due minori infraquattordicenni.
Avverso il primo diniego è stato proposto, a suo tempo, autonomo ricorso depositando in giudizio documentazione attestante l’idoneità dell’alloggio, di circa 120 mq calpestabili, ad ospitare più di cinque persone.
Con ordinanza n. 684 del 6 settembre 2006 venne, quindi, motivatamente accolta la domanda cautelare.
La Questura della Provincia di Treviso ha tuttavia reiterato il diniego, motivandolo sia con l’inidoneità dell’alloggio, ritenuto sufficiente per sole cinque persone, sia per avere il ricorrente allegato all’istanza del 9 marzo 2006 documentazione che la Questura ha ritenuto inattendibile ed inidonea a comprovare l’effettivo svolgimento del rapporto di lavoro pretesamente instaurato.
Anche tale diniego è stato impugnato con autonomo ricorso e, con ordinanza n. 838 del 21 novembre 2007, è stata accolta la domanda cautelare per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.
Con provvedimento dell’11 marzo 2008, impugnato con il ricorso in epigrafe, l’istanza di rilascio della carta di soggiorno è stata infine, nuovamente respinta con l’invito a lasciare il territorio nazionale pena l’espulsione dallo Stato perché:
– il ricorrente avrebbe allegato, all’istanza del 9 marzo 2006, documentazione che la Questura ha ritenuto inidonea a dimostrare un rapporto di lavoro effettivamente svolto;
– per l’inidoneità dell’alloggio considerato sufficiente ad ospitare solo 5 persone;
– perché è risultato che il ricorrente ha fornito diverse generalità in un’occasione, nel 1995, prima di regolarizzare la propria posizione in Italia;
– per la mancata dimostrazione di redditi.
Il nuovo diniego è impugnato per le seguenti censure:
I) difetto di istruttoria in quanto l’alloggio presenta i requisiti di idoneità previsti dalla normativa vigente, nonché violazione dell’ordinanza cautelare Tar Veneto, Sez. III, n. 684 del 6 settembre 2006;
II) violazione dell’art. 7 e 10 bis della legge n. 241 del 1990 per l’omessa acquisizione della partecipazione procedimentale del ricorrente;
III) violazione del Dlgs. 8 gennaio 2007, n. 3, di recepimento della direttiva 2003/109/CE sullo status del soggiornante di lungo periodo e del Dlgs. 8 gennaio 2007, n. 5 di recepimento della direttiva 2003/86/CE relativa al trattamento dei soggetti che abbiano esercitato il ricongiungimento familiare.
Alla Camera di consiglio del 1 ottobre 2008, fissata per l’esame della domanda cautelare, è stata disposta una verificazione a cura del Responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Farra di Soligo per accertare l’idoneità dell’alloggio sotto il profilo igienico sanitario.
In esecuzione dell’ordinanza il Responsabile dell’ufficio tecnico ha depositato in giudizio una relazione a seguito della quale, con ordinanza n. 936 del 26 novembre 2008, è stata accolta la domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 21 maggio 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il ricorrente, come spiegato in fatto, aveva presentato all’Amministrazione un certificato di idoneità dell’alloggio del 6 febbraio 2006, ma la Questura, equivocando sul suo significato, aveva ritenuto che il medesimo fosse adeguato per sole cinque persone.
Invece, come chiarito dalla relazione redatta del responsabile dell’ufficio tecnico comunale a seguito del sopralluogo compiuto nell’abitazione, questa risulta avere una superficie abitabile di mq 120.
In termini di superficie complessiva soddisfa pertanto i parametri igienico dimensionali previsti dalla normativa vigente per il numero di persone residenti, sette adulti e tre minori.
Infatti l’art. 16, comma 4, lett. b), del DPR n. 394 del 1999, ai fini del rilascio della carta di soggiorno richiede “la disponibilità di un alloggio, a norma dell’ articolo 29 , comma 3, lettera a), del testo unico” precisando che “a tale fine l’interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al medesimo articolo 29 del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico – sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio”.
L’art. 29, comma 3, lett. a), del Dlgs. n. 286 del 1998, a sua volta prescrive che è necessario “un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio” e che “nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà”.
La legge regionale n. 10 del 1996, di disciplina degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, all’art. 9, comma 3, dispone che “l’assegnazione degli alloggi avviene, ove possibile, nel rispetto dei seguenti parametri relativi alla superficie utile: a) mq. 46 per una persona; b) mq. 60 per due persone; c) mq. 70 per tre persone; d) mq. 85 per quattro persone; e) mq. 95 per cinque persone; f) oltre mq. 110 per più di cinque persone”.
In base alla norma citata l’immobile di cui si controverte è pertanto idoneo ad ospitare più di cinque persone.
Per quanto riguarda la normativa locale, deve rilevarsi che il regolamento edilizio comunale all’art. 52 prescrive che “in ogni abitazione deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14 per ciascuno dei primi 4 abitanti e mq 10 per ciascuno dei successivi”.
Per il regolamento edilizio del Comune di Farra di Soligo l’immobile è pertanto idoneo per dieci persone.
Secondo la relazione del tecnico comunale l’unico elemento che rende l’immobile, nello stato accertato al momento del sopralluogo, non conforme al regolamento comunale, è la presenza di una “paretina divisoria in cartongesso”, rimuovibile, che ha separato il soggiorno ricavandone due vani, uno dei quali privo dei requisiti di aeroilluminazione e di superficie minima previsti dal regolamento comunale.
Il Collegio ritiene tuttavia che nel valutare i requisiti di idoneità dell’alloggio sia necessario fare riferimento agli elementi strutturali, quali la superficie complessiva e i requisiti igienico sanitari, e che sia invece incongruo attribuire rilievo alla presenza di opere interne realizzate con materiali leggeri ed amovibili, non qualificabili come interventi edilizi, che non hanno, in quanto tali, alcuna incidenza sul numero di persone che possono abitare l’immobile e, in definitiva, sul carico urbanistico.
Alla luce dell’esito della verificazione risultano pertanto confermate le conclusioni già contenute nel certificato rilasciato dal Comune il 6 febbraio 2006, prodotto dal ricorrente alla Questura (cfr. doc. 8 depositato in giudizio dall’Amministrazione resistente), e deve concludersi che nella specie il giudizio di non idoneità alloggiativa formulato dalla Questura è erroneo.
Ne consegue che quel profilo di motivazione non può giustificare il rigetto della domanda.
2. Parimenti fondata è, nell’ordine, anche la censura di violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.
La Questura non ha infatti depositato in giudizio prova di aver adempiuto a questo onere, nonostante l’ordinanza cautelare n. 838 del 21 novembre 2007 fosse stata accolta espressamente su questo punto, ed ha reiterato il diniego senza acquisire la partecipazione procedimentale del ricorrente. Né si tratta, in questo caso, di censura di carattere meramente formale, in quanto l’Amministrazione ha motivato il diniego anche con l’assenza di redditi, fondando la propria determinazione sulla condizione del ricorrente al momento della prima domanda del 9 marzo 2006, senza considerare che il reddito non è un elemento di carattere statico, e che lo stesso deve poter essere attualizzato, nella fase del contraddittorio, soprattutto quando il provvedimento intervenga, come nel caso all’esame, a distanza di anni dalla presentazione della domanda.
Attraverso l’acquisizione della partecipazione procedimentale dell’interessato l’Amministrazione avrebbe potuto infatti riscontrare, sulla base della documentazione prodotta in giudizio, che questi è divenuto titolare di un’impresa individuale che ha prodotto redditi rilevanti ai fini della superamento dei limiti fissati dalle norme in materia di minimo sostentamento (cfr. il CUD doc. 7 e la situazione contabile di cui al doc. 16 e la comunicazione al Comune di cui al doc. 17).
3. Del pari fondata è infine – con riferimento al capo di motivazione del provvedimento impugnato che valorizza la circostanza che il ricorrente, nel 1995, prima di regolarizzare la propria posizione in Italia, avrebbe fornito false generalità – la censura di violazione del Dlgs. 8 gennaio 2007, n. 3, di recepimento della direttiva 2003/109/CE sullo status del soggiornante di lungo periodo, poiché in seguito all’introduzione di tale norma, l’Amministrazione non può respingere la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo (titolo che ha sostituito la carta di soggiorno) sulla base di elementi privi di un rilievo significativo attuale (e tale è certamente, nella specie, la condotta dello straniero risalente al 1995 ed accertata prima della regolarizzazione) e comunque in forza di c.d. automatismi, essendo imposta anche in tal caso la considerazione della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 896; Tar Veneto, Sez. III, 4 febbraio 2008 , n. 213).
La norma vigente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato prevede infatti che "il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell’appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall’articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma, il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".
Ne discende che, anche sotto questo profilo, rilevante in sede di riesame della domanda, il ricorso è fondato e va accolto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidandole in complessivi € 2.000,00 per spese, diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 21/05/2009 con l’intervento dei Magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO