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TAR Veneto Sentenza del 3 dicembre 2008 illegittima revoca permesso di soggiorno.

TAR Veneto Sentenza del 3 dicembre 2008 illegittima revoca permesso di soggiorno.
TAR Veneto Sentenza n. 3734 del 3 dicembre 2008 illegittima revoca permesso di soggiorno.
Nel caso di specie, il Questore di Vicenza  ha revocato il permesso di soggiorno accordato al ricorrente perché da verifiche eseguite presso il Centro per l’impiego di Villafranca è risultato che la pratica di assunzione relativa al cittadino straniero non è mai stata presentata, e inoltre che, a seguito di specifici accertamenti della Polizia tributaria, è stata appurata la falsità della documentazione relativa al (fittizio) rapporto di lavoro e che la P. A. , nel rilasciare allo straniero il permesso valido dal gennaio del 2005 al novembre del 2006, è stata indotta in errore  dal momento che il ricorrente non è mai stato in possesso dei requisiti previsti per il rinnovo del titolo.
Il cittadino straniero presenta ricorso contro tale diniego che viene accolto dal TAR del Veneto perché ai sensi dell’art. 5, comma 5, del t. u. n. 286 del 1998, “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio…”.
Ebbene, il ricorrente ha prodotto in giudizio documentazione attestante l’avvenuto svolgimento di una regolare attività lavorativa riferibile, come detto, a un periodo (il 2006) successivo al rilascio del rinnovo ma anteriore alla decisione di revoca assunta dal Questore. Per ciò il ricorso viene accolto.

Ric. n. 2296 del 2007            Sent. n. 3734/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso  di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della   L.   27  aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, con l’intervento dei magistrati:
 Angelo De Zotti  Presidente 
 Marco Buricelli  Consigliere, rel. ed est.
 Angelo Gabbricci  Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso n. 2296  del 2007  proposto da SINGH JARNAIL,  rappresentato e difeso dagli avvocati Sonia Melissa Negro e Igor Borghettini, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avv. Giorgio Favero, in Venezia –Mestre, Via Bissolati n. 5/5;
CONTRO
L’Amministrazione dell’interno, in persona del Ministro “pro tempore”, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge in Piazza San Marco n. 63;
per l’annullamento
 del provvedimento cat. A.12/2007/Imm n. 15 emesso il 15 gennaio 2007 e notificato al ricorrente il 19 settembre 2007, con il quale il Questore di Vicenza  ha revocato il permesso di soggiorno accordato al ricorrente il 26 gennaio 2005 con validità fino al 28 novembre 2006;
visto il ricorso, notificato il 16 novembre 2007 e  depositato in segreteria il 27 novembre 2007, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’interno, con i relativi allegati;
vista l’ordinanza collegiale n. 109/08, emessa nella camera di consiglio del 13 febbraio 2008, con la quale la sezione ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, “considerato che il danno dedotto non è da ritenersi grave nei tempi occorrenti per la decisione del ricorso”;
visti  gli atti tutti della causa;
udito, all’udienza pubblica del 30 ottobre 2008 (relatore il consigliere Marco Buricelli), l’avv. Cardin per la P. A. ; nessuno comparso per il ricorrente; 
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
1.-Il ricorrente, cittadino indiano, impugna il provvedimento in epigrafe specificato con il quale il Questore di Vicenza ha revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, permesso che, accordato al Singh  il 26 gennaio 2005, era venuto a  scadenza il 28 novembre 2006.
In particolare,  nel decreto impugnato il Questore:
-premette che il Singh, il 25 novembre 2004, aveva chiesto alla Questura il rinnovo del permesso di soggiorno che in precedenza gli era stato rilasciato, per motivi di lavoro subordinato, dalla Questura di Reggio Emilia, con validità fino al 29 novembre 2004;
-sottolinea che la domanda di rinnovo presentata nel novembre del 2004 era corredata di: “-dichiarazione di assunzione rilasciata dalla ditta “Job Consul”… dalla quale risultava essere stato assunto in data 15.11.2004; -una comunicazione di assunzione relativa alla ditta sopra citata riportante il timbro del Centro per l’impiego di Villafranca”. Il Questore rileva quindi che, in primo luogo, da verifiche eseguite presso il Centro per l’impiego di Villafranca è risultato che la pratica di assunzione relativa al cittadino straniero non è mai stata presentata, e inoltre che, a seguito di specifici accertamenti della Polizia tributaria, è stata appurata la falsità della documentazione relativa al (fittizio) rapporto di lavoro alle dipendenze della ditta Job Consul e che la P. A. , nel rilasciare allo straniero il permesso valido dal gennaio del 2005 al novembre del 2006, è stata indotta in errore  dal momento che il Singh non è mai stato in possesso dei requisiti previsti per il rinnovo del titolo.
 Nella motivazione del decreto si soggiunge che lo straniero, in concorso con la legale rappresentante della ditta Job Consul, è responsabile del reato di cui all’art. 5, comma 8 bis, del t. u. n. 286 del 1998 in quanto, allo scopo di permanere indebitamente nel territorio nazionale, ha coscientemente fatto uso della documentazione attestante il falso approntata dalla responsabile medesima.
Si  rimarca poi che il permesso di soggiorno era stato rinnovato nonostante la inesistenza di un presupposto essenziale quale era, appunto, un rapporto di lavoro e che non sussistevano le condizioni per il rinnovo del permesso medesimo
Di qui la revoca del permesso
Avverso il decreto in epigrafe il ricorrente ha formulato tre motivi, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.
L’Avvocatura dello Stato ha succintamente controdedotto producendo in giudizio una relazione della Questura di Vicenza, datata 26 novembre 2007, nella quale si ribadisce motivatamente la falsità della “documentazione  Job Consul” e si rimarca che lo straniero, al momento della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, non era in grado di soddisfare i requisiti previsti dalla normativa vigente.
2.1.-Ciò premesso in fatto il collegio rileva in diritto, in via preliminare, che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, il che esime la sezione dal fare citazioni specifiche, l’omessa traduzione, in lingua conosciuta allo straniero, del diniego di rinnovo (o, come nel caso di specie, del decreto di revoca) del permesso di soggiorno non incide sulla legittimità del provvedimento amministrativo ma si risolve in una irregolarità formale, dal che discende  il rigetto della censura sub 1). Va detto in aggiunta che, come correttamente si evidenzia nella relazione della Questura di Vicenza sub allegato 1 fasc. P. A. , la regolare permanenza dello straniero sul territorio italiano a partire dal 2003 e l’atto di denuncia –querela sub doc. 5 fasc. ric. confermano che il ricorrente comprende la lingua italiana.
2.2.-Ciò posto, il collegio ritiene che il ricorso sia fondato e vada accolto esclusivamente sotto il profilo della insufficienza della motivazione, rilevata sub 2) avendo riguardo al disposto di cui  all’art. 5, comma 5, del t. u. n. 286 del 1998, secondo cui “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio…”.
 Prima di tutto va però chiarito che, anche se il decreto impugnato pone l’accento, nelle premesse, sul fatto che lo straniero avrebbe commesso il reato di cui all’art. 5, comma 8 bis, del t. u. n. 286/98, da un esame dell’atto nel suo insieme emerge che la revoca del permesso di soggiorno, a suo tempo rinnovato al Singh, si basa essenzialmente sul fatto che  l’odierno ricorrente, per ottenere il rinnovo del titolo, aveva presentato alla Questura documentazione relativa a un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio: di qui la ritenuta insussistenza delle condizioni per il rinnovo, tenuto conto della indisponibilità di mezzi di sostentamento sufficienti.
 Su questo argomento non sembra inutile rammentare che la sezione ha già avuto modo di statuire (si vedano le sentenze nn. 2001, 2000, 1940, 1254 e 626 del  2008 e nn. 3367, 3177 e 2588 del 2007)  che la produzione di documentazione relativa a un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio, se l’interessato è in grado di dimostrare di essere in possesso, al momento dell’adozione del provvedimento negativo da parte della Questura, di adeguato e lecito reddito, non basta per negare il rinnovo del permesso di soggiorno. Il diniego, infatti, non può farsi derivare direttamente dalla disposizione di cui all’art. 5, comma 8 bis, del t. u. n. 286 del 1998, che è norma penale incriminatrice priva di immediata valenza in sede amministrativa; né dall’art. 4, comma 2 del medesimo t. u. , il quale dispone che “la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda”, in quanto si tratta di norma speciale (a fattispecie esclusiva) riferita soltanto al visto di ingresso, alla quale non può attribuirsi portata generale, con conseguente applicabilità anche al permesso di soggiorno. In mancanza di una condanna penale, pertanto –ha soggiunto Tar Veneto, III, con la sent. n. 1254/08-, l’unica conseguenza derivante dalla produzione di documentazione relativa ad un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio è la sua inutilizzabilità nel periodo di riferimento, con conseguente mancata dimostrazione del possesso del requisito concernente il reddito.
Appare evidente che la giurisprudenza sopra citata bene si attaglia anche alla fattispecie relativa alla impugnazione di una revoca di un permesso di soggiorno a suo tempo rinnovato.
Orbene, in base a un orientamento giurisprudenziale in via di consolidamento, fatto proprio anche da questa sezione (cfr. Tar Veneto, III, sentenze nn. 2001/08, 2000/08, 3177/07, 2588/07 e altre;  Consiglio di Stato, sez. VI, sentenze nn. 1990/08, 2988/07 e 2594/07;   Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 3 ottobre 2007, n. 9717), bisogna tenere conto , ai sensi dell’art. 5, comma 5, del t. u. n.  286/98 , degli elementi sopraggiunti prima della decisione dell’autorità amministrativa, per verificare se sussistano le condizioni per consentire di concludere che requisiti originariamente mancanti risultino successivamente posseduti.
La valutazione sui requisiti richiesti va riferita al momento in cui l’autorità amministrativa si pronuncia, occorrendo considerare le condizioni attuali dello straniero (sul punto cfr. Cass. Civ., 3 febbraio 2006, n. 2417).
Nella materia dei permessi di soggiorno, infatti, è lo stesso legislatore che dà rilievo alle sopravvenienze (cfr. art. 5, comma 5, cit.).
Nel caso in esame il ricorrente, nello sviluppare la censura -comprendente anche profili attinenti al difetto di motivazione- di violazione del citato art. 5, comma 5 , ingiustizia manifesta e intervenuta sanatoria dell’atto, ha correttamente sottolineato di avere –stante la mancata assunzione presso la Job Consul- immediatamente reperito una nuova attività lavorativa alle dipendenze di una cooperativa agricola di Bibbiano (RE), e che la Questura di Vicenza non si è minimamente pronunciata circa l’eventuale rilevanza della “documentazione lavorativa” prodotta.
In particolare il ricorrente ha prodotto in giudizio documentazione (v. il CUD 2007 sub doc. 7 fasc. ric. ; ma v.  anche le due buste paga coop. Agr. Stalla del luglio e agosto 2007, sub doc. 6, successive alla adozione del decreto di revoca ma anteriori alla notificazione del decreto medesimo allo straniero)  attestante l’avvenuto svolgimento di una -almeno a quanto consta-  regolare attività lavorativa riferibile, come detto, a un periodo (il 2006) successivo al rilascio del rinnovo ma anteriore alla decisione di revoca assunta dal Questore.
L’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’impugnata revoca  soddisfano in modo immediato e diretto l’interesse, di natura oppositiva, fatto valere dallo straniero con il presente ricorso.
Peraltro, poiché il permesso rinnovato  -e revocato con l’atto impugnato- è scaduto nel novembre del 2006, ai fini della riedizione dell’attività amministrativa la Questura,  come prevede il citato art. 5, comma 5, del t. u. n. 286/98, nel provvedere su istanza del Singh dovrà tenere conto del consolidarsi della attività lavorativa del ricorrente a partire dal 2006, stando alla documentazione sub allegati 6 e 7 fasc. ric.  .
In definitiva, assorbito ogni profilo di censura ulteriore, non esplicitamente esaminato, il ricorso va accolto con riferimento alla dedotta violazione di legge sotto il profilo del difetto di motivazione riferito alla omessa considerazione della condizione lavorativa dello straniero al momento della revoca disposta dalla Questura.
La peculiarità della vicenda trattata induce il collegio a compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 30 ottobre 2008.
Il Presidente      l’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

 

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