I Pm: "Picchiarono e insultarono Emmanuel. Falsi per coprire l’errore”. Trasferiti gli agenti coinvolti
Parma – 12 novembre 2008 – Percosse aggravate, calunnia, ingiuria, falso ideologico e materiale, violazione dei doveri d’ufficio. Reati commessi in concorso e con l’aggravante dell’abuso di potere.
Sono pesanti i capi di imputazione formalizzati dalla procura di Parma contro otto agenti, un ispettore capo e un commissario capo della Polizia Municipale della cittadina emiliana coinvolti nel presunto pestaggio di Emmanuel Bonsu Foster. Il ragazzo ghanese di 22 anni, fermato per errore a fine settembre dal nucleo ‘pronto intervento’ nel corso di un’operazione antidroga al parco ex Eridania, aveva denunciato di essere stato picchiato, umiliato e insultato con frasi razziste dai vigili urbani.
Le accuse del Pm
Secondo il Pubblico ministero Roberta Licci, Bonsu Foster non ha reagito con violenza al fermo come sostengono gli agenti (che erano in borghese e non si sarebbero qualificati), ma è scappato. Uno dei vigili gli avrebbe puntato la pistola, il ragazzo sarebbe stato fermato a terra e ammanettato. Mentre veniva condotto verso l’auto di servizio uno dei vigili gli avrebbe tirato un pugno nel fianco e altre botte sarebbero arrivate durante il trasporto al comando.
Alle botte si sarebbero accompagnati gli insulti, come “negro” e “scimmia”, un trattamento che secondo gli inquirenti serviva a far confessare al ragazzo "un reato mai commesso": essere il ‘palo’ di un pusher fermato durante quell’operazione. Gli agenti avrebbero cercato di farlo confessare "asserendo, peraltro falsamente, di avere le prove documentali della sua responsabilità ".
"Mentre era rinchiuso nella cella", si legge nelle ipotesi di reato della Procura, Bonsu "veniva colpito con calci, pugni e schiaffi". Dopo essere stato portato negli uffici della polizia territoriale "con una bottiglia di plastica sulla testa", il ragazzo sarebbe stato fatto spogliare e, una volta nudo, costretto a fare ripetuti piegamenti.
Trattenuto in centrale per quattro ore, senza che nulla fosse comunicato all’autorità giudiziaria, ad un certo punto Bonsu si sarebbe trovato di fronte un agente con un modulo per l’autocertificazione in mano. Il vigile gli avrebbe detto che doveva firmare senza fare storie, "anche si fosse trattato della sua condanna a morte".
La procura ipotizza anche che i vigili "sapendo che Bonsu aveva posto in essere solo una resistenza passiva (la fuga)" lo abbiano voluto accusare di reati mai commessi, macchiandosi di “falso ideologico e materiale” per coprire i loro errori. Nella prima nota redatta dagli agenti dopo il fermo di Bonsu del 29 settembre, il ragazzo viene descritto come ‘palo’ dello spacciatore palestinese; una seconda nota adottata ‘a integrazione’ della precedente il giorno successivo e la ‘notizia di reato’ depositata in Procura il 2 ottobre, firmate dal capo indagato, formulano a carico di Bonsu l’accusa di resistenza e lesioni.
I provvedimenti disciplinari
Se è vero che queste per ora sono solo accuse, tutte da confermare in giudizio, comunque quei vigili non escono certo bene dall’ indagine interna condotta dalla Polizia Municipale di Parma.
La relazione finale consegnata al sindaco Pietro Vignali, letta ieri in consiglio comunale, tralascia "episodi e circostanze che possono avere rilevanza penale, in quanto di esclusiva competenza dell’Autorità giudiziaria”, ma sottolinea “l’indagine ha rilevato condotte e comportamenti a carico del personale operante che, sotto il profilo delle norme organizzative e funzionali vigenti, possono determinare censure ai fini disciplinari".
Gli agenti coinvolti sono stati trasferiti al Nucleo attività tecniche e si sono attivati i procedimenti disciplinari. "L’indagine interna è servita non solo per fare chiarezza ma anche per tutelare l’immagine del Corpo della Polizia Municipale che ogni giorno si impegna per la sicurezza di tutti. Il fatto di cui stiamo parlando è un fatto episodico – ha poi concluso Vignali – ho assoluta fiducia nel Corpo dei Vigili Urbani di Parma".