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Hein (Cir): “In Italia il diritto d’asilo è a rischio”

I pericoli del pacchetto sicurezza: "Rimpatriato o chiuso in un Cpt chi dovrebbe essere protetto". Roma – 20 giugno 2008 – “Quest’anno la giornata del rifugiato cade in un momento tutt’altro che positivo: in Italia c’è un tentativo di restringere fortemente il diritto di chiedere e ottenere asilo, in Europa è stata approvata una pericolosa direttiva sui rimpatri, nel Mediterraneo assistiamo a un’ecatombe senza precedenti”.

Le considerazioni di Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati, sono amare.

“Il pacchetto sicurezza, – spiega a Stranieriinitalia.it – contrariamente a ciò che aveva annunciato il governo, interviene anche sul diritto d’asilo. C’è un decreto legislativo, che quindi passerà al Parlamento solo per un parere non vincolante, che modifica le regole in vigore  da marzo scorso che davano finalmente piena attuazione a una  direttiva europea sulla procedura d’asilo. Peggiorandole”.

Come?
“Innanzitutto, negando il diritto effettivo al ricorso. Secondo il nuovo decreto, dopo il diniego in prima istanza, il richiedente asilo deve infatti lasciare il territorio e può fare ricorso solo dal Paese d’origine o, se ci sono difficoltà per il rimpatrio (pensiamo per esempio a un cittadino somalo), dall’interno di un Cpt  dove sarà detenuto come se fosse un semplice clandestino, magari per diciotto mesi di fila”.

Ma la domanda d’asilo non è strumentalizzata da molti “semplici” clandestini?

“Non possiamo negare una seconda possibilità ai richiedenti asilo. Non è un problema teorico, astratto, c’è un dato che deve far riflettere: in Italia, il 30% dei riconoscimenti dello status di rifugiato arriva proprio in seconda istanza, dopo un ricorso. Rischiamo quindi di rimpatriare tantissime persone che avrebbero diritto alla protezione”.

I diciotto mesi di trattenimento nei Centri proposti dal governo sono anche nella direttiva sui rimpatri…
“Sì, e questa convergenza è preoccupante. Nei Cpt finiranno anche tutti quelli che arrivano a Lampedusa, che verranno subito colpiti da un provvedimento di respingimento e quindi internati. Solo da queste strutture potranno fare domanda di asilo, mentre oggi chi arriva e chiede asilo viene trasferito in centri aperti, diversi dai Cpt, chiamati Cara [centro accoglienza richiedenti asilo n.d.r.], dove ha accesso alla procedura per il riconoscimento”.

Il decreto restringe anche la libertà di circolazione dei richiedenti asilo…
“Sì, il prefetto determina un’area o un luogo in cui il richiedente deve rimanere durante la procedura d’asilo. Conoscendo i tempi della nostra burocrazia,  finchè il prefetto emanerà il decreto, queste persone rischiano di rimanere senza accoglienza. Inoltre oggi, dopo sei mesi dalla richiesta d’asilo, se non si ha risposta si può lavorare.  Chi riuscirà a trovare un impiego se non può cercarlo in giro per l’Italia?”

Oltre ai diciotto mesi nei centri, cosa non vi convince della direttiva Ue sui rimpatri?
“Prevede l’espulsione non solo  verso il Paese d’origine, ma verso un Paese di transito. Dall’Italia potremmo quindi anche respingere verso la Libia, una cosa che non accadeva da anni e che non è prevista nemmeno dal pacchetto sicurezza. È vero che questo aspetto della direttiva potrebbe non essere recepito, ma visto il clima che si respira non siamo ottimisti”.

Intanto chi sfugge a guerre e persecuzioni rischia di annegare nel mediterraneo…
“I dati ci dicono che siamo di fronte a un aumento netto di morti e dispersi in mare rispetto agli ultimi anni. Cresce, inoltre, tra le vittime, l’incidenza di quelle che erano dirette in Italia: l’anno scorso erano un quarto del totale, nei primi sei mesi di quest’anno sono oltre la metà”.

Perché?
“Le cause sono tante. La  Spagna, ad esempio, è riuscita a ridurre le partenze verso le Canarie intervenendo direttamente nei Paesi d’Origine. Inoltre le partenze dalle coste della Libia, che sono dirette soprattutto in Italia, sono raddoppiate nei primi sei mesi di quest’anno”.

Come intervenire?
“Servono canali alternativi, che permettano ingressi regolari e protetti.  Ad esempio il “reinsediamento”: l’Italia potrebbe stabilire di accettare una quota determinata di persone che si trovano in Paesi di transito o primo approdo dove non è garantito il diritto d’asilo, come fanno già altri Paesi dell’Ue, anche se con numeri troppi bassi. È positivo che nelle linee strategiche sull’asilo appena varate dalla Commissione  ci sia anche un piano europeo per il reinsediamento”.

Elvio Pasca

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