In arrivo un abbassamento drastico del tetto, che oggi è di 18 mesi. Bubbico: “Tutti d’accordo che vanno superati, ma intanto bisogna intervenire in fretta”
Roma – 23 dicembre 2013 – “Se entro 30 giorni non si riesce a sapere il nome e la nazionalità dello straniero, difficilmente si otterrà un risultato”.
Il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico parte da questo dato per anticipare le scelte del governo sui centri di identificazione ed espulsione. “Sono altre – dice – le strade che bisogna percorrere per garantire sicurezza ai cittadini e al tempo stesso offrire condizioni di vita dignitose a chi arriva in Italia e cerca di costruirsi un futuro. Ecco perché bisogna mettere subito un tetto molto più basso rispetto ai 18 mesi attualmente previsti dalla legge”.
Quanto più basso? Secondo il Corriere della Sera, che parla oggi della difficile trattativa tra Viminale e palazzo Chigi su come modificare le norme sull’immigrazione, il governo sarebbe orientato a portare a due mesi, dai diciotto attuali, il limite massimo per la permanenza degli immigrati nei centri. Un intervento non solo umanitario, se si considera il costo di queste strutture per lo Stato: in media 41 euro al giorno per ospite senza contare gli stipendi delle forze dell’ordine.
“Si tratta di luoghi di costrizione – spiega Bubbico al quotidiano – che costano moltissimo e non hanno alcuna utilità. Sulla necessità di superarli siamo tutti d’accordo, ma intanto bisogna intervenire in fretta perché la situazione è diventata insostenibile”.
Mentre si attende un piano organico, il governo ha già messo in campo alcuni interventi. Nel decreto carceri approvato qualche giorno fa, tra le altre cose, ci sono anche norme per anticipare l’identificazione dei detenuti stranieri in carcere, spingendo i consolati dei loro Paesi d’Origine a una maggiore collaborazione, per evitare, come oggi avviene troppo spesso, che una volta scontata la pena gli ex detenuti vadano ad affollare i Cie.