Il tribunale di Milano sugli slogan usati dai due partiti prima delle amministrative del 2011: “Offensivi e umilianti, favorivano l’odio contro rom e sinti”. Il Naga: “Speriamo sia la fine delle discriminazioni istituzionali”
Roma – 13 giugno 2012 – Umberto Bossi dichiarò: “Mi impegnerò contro Pisapia perché rischia di trasformare Milano in una zingaropoli” e la Lega Nord ne fece subito un manifesto:”Milano zingaropoli con Pisapia”. Berlusconi inseguì l’alleato con un “appello” pubblicato sul sito del Pdl: “Milano non può diventare una zingaropoli piena di campi rom”.
Difficile dimenticare gli slogan usati dal centrodestra nella campagna elettorale per amministrative del 2011 a Milano. Proprio per quegli eccessi, l’associazione di volontariato Naga ha portato Pdl e Lega in tribunale con un’azione civile antidiscriminazione. Ora, dopo aver perso quelle elezioni, i due partiti sono usciti sconfitti anche da quella causa e sono stati condannati per aver offeso rom e sinti e per aver seminato (altro) odio contro di loro.
“Il neologismo “zingaropoli” adottato quale slogan ha valenza chiaramente dispregiativa, in quanto i gruppi etnici zingari (rom e sinti) vengono utilizzati come emblema di negatività e pericolo da fuggire” scrive nella sentenza il giudice Orietta Miccichè. “Emerge con chiarezza la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione che ha l’effetto di violare la dignità dei gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti”.
Inutile, in questo caso, appellarsi alla libertà di pensiero prevista dall’articolo 21 della Costituzione, come ha fatto il Pdl durante il processo. La sentenza sottolinea infatti che se questa entra in contrasto con i principi di uguaglianza e pari dignità di tutti i cittadini, sono questi a prevalere, “in quanto principi fondanti della stessa Repubblica”.
Dalla Costituzione in realtà è arrivato un aiutino a Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, sui quali il giudice non si è potuto pronunciare direttamente, dal momento che, come recita l’articolo 68, “i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni”. Ma questo non ha salvato Lega Nord e Popolo delle Libertà, che hanno fatto da gran cassa alle parole dei loro leader con manifesti e pubblicazione su internet.
Le conclusioni del tribunale di Milano? Innanzitutto ha dichiarato il “carattere discriminatorio” di quel “Milano zingaropoli” utilizzato in campagna elettorale. Ha quindi ordinato la pubblicazione della sentenza sul Corriere della Sera, pagata da Pdl e Lega, condannando i due partiti anche al rimborso delle spese legali.
“Per la prima volta in Italia viene depositato un provvedimento giudiziario che condanna dei partiti politici per discriminazione. È per noi una vittoria molto importante e vorremmo fosse intesa come un messaggio molto chiaro contro la normalizzazione dell’emarginazione e delle pratiche di esclusione sociale a cui purtroppo siamo stati abituati” commenta Pietro Massarotto, Presidente del Naga.
“Speriamo – aggiunge – che questo rappresenti un passo verso l’effettiva tutela delle minoranze nel nostro Paese, ma quello che più speriamo è di non dover mai più intervenire per questo genere di discriminazioni ‘istituzionali'”.
Elvio Pasca