Il capolista del Pd nella corsa alla Regione Lazio ha giocato la sua campagna elettorale anche sul valore aggiunto della diversità. E sulla legalità: “Perché combattere le mafie significa tutelare i più deboli, italiani e immigrati”
Roma – 21 febbraio 2013 – “Facciamo la differenza!” si legge sui manifesti della sua campagna elettorale. E Jean-Léonard Touadi, capolista del Partito Democratico nella corsa alla Regione Lazio, è uno che la differenza se la porta addosso, con un nome, un colore della pelle e un Paese di origine diversi da quelli della maggioranza degli italiani, da quando ventenne nel 1979 arrivò dal Congo-Brazaville a Roma per studiare.
Quella differenza l’ha portata in Rai da giornalista. Nelle università come docente. E in politica, prima da assessore alle Politiche Giovanili e alla sicurezza a Roma sotto la giunta Veltroni, poi a Montecitorio come deputato in questa legislatura. Ora che è il candidato di punta del partito di Bersani nel tentativo di riconquistare una delle più importanti regioni italiane, l'ha trasformata anche in uno slogan.
“Facciamo la differenza ha un doppio significato” spiega Touadi a Stranieriinitalia.it. “È la voglia di voltare pagina rispetto a ciò che è successo finora nell’amministrazione della Regione Lazio, dove la destra al governo ha pensato più ai propri interessi che ai problemi dei cittadini. È però anche un modo di sottolineare il valore aggiunto rappresentato da quanti arrivano da altri orizzonti culturali ed etnici, una risorsa per il Lazio, come per tutto il Paese”.
Nella Regione oggi vivono oltre seicentomila immigrati, ma questa è da sempre una terra di immigrazione. Possibile che questo capitale venga ancora sottovalutato?
“Qui c’è una potenzialità storica dell’immigrazione. Roma si è formata su un ciclo continuo di stratificazioni di culture e religioni, la sua vocazione è cosmopolita. È la sede della cattolicità universale, è la terza città dell’Onu dopo New York e Ginevra. Eppure questa regione è ancora chiusa in se stessa, sconta un certo provincialismo. Io credo invece che debba essere più dinamica, proiettata all’esterno, puntando anche sui nuovi cittadini. Quando guidavo la delegazione esteri della Camera viaggiando per il mondo nessuno si stupiva che potessi rappresentare l’Italia”.
E nell’amministrazione della Regione, come si fa la “differenza” per i nuovi cittadini?
“Ad esempio dotandoci di una legge regionale sull’immigrazione molto avanzata, come ha fatto la Toscana. Noi dobbiamo riprendere e riscrivere completamente quella che c’è, tenendo conto dei nuovi bisogni degli immigrati, che non sono più legati solo alla semplice sopravvivenza. Sono una presenza ormai molto matura, bisogna pensare ai servizi, alla scolarizzazione, all’accesso al credito, alle tantissime imprese gestite da cittadini stranieri che arricchiscono la Regione. E poi gli immigrati vanno coinvolti, possono diventare un riferimento importante anche per i progetti di cooperazione avviati dalla Regione nei loro Paesi d’Origine”.
Immagina anche forme di partecipazione dei residenti stranieri all’amministrazione?
Credo che lo strumento delle Consulte sia stato utile in una certa fase dell’immigrazione, ora è tempo di riconoscere agli immigrati il diritto di voto amministrativo. Le condizioni sono mature. Deve farlo il Parlamento, continuerò a spingere il mio partito perché sia protagonista di questa battaglia e l’alleanza con altre forze progressiste come SEL può aiutarci a vincerla.
Tra i temi principali del suo impegno politico ci sono i diritti umani e i diritti civili, ma anche la legalità, quindi la sicurezza. Non crede che proprio parole come “legalità” e “sicurezza” siano state troppo spesso usate come armi contro l’immigrazione?
Noi abbiamo vissuto una stagione targata Lega Nord durante la quale l’ossessione della sicurezza si è riversata solo sulla pelle degli immigrati. Mentre però si inseguivano i lavavetri, si perdevano di vista le mafie che penetravano nel territorio. E che oggi sfruttano gli immigrati nei campi e nei cantieri edili, oppure soffocano con l’usura tanti imprenditori stranieri colpiti dalla crisi e dalla stretta creditizia. La lotta per la legalità, contro tutte le mafie, serve proprio a tutelare i più deboli, italiani e immigrati.
Alle Regionali si vota con le preferenze, la sua è necessariamente una campagna sul territorio, tra la gente. A pochi giorni dal voto, che aria si respira?
Si respira un’aria diversa, si sente che la svolta è vicina. Possiamo tornare a programmare e pianificare il nostro futuro collettivo in modo diverso, meno di parte, meno ripiegato su se stesso. Questa Regione e questo Paese hanno iniziato a declinare di nuovo la parola speranza.
Elvio Pasca