"Piano di integrazione sopratutto nei Comuni". "Abbiamo bisogno di affermare la nostra identità"
Roma – 18 febbraio – "Non c’è integrazione senza legalità". E’ partito da questo presupposto il titolare del Lavoro, Maurizio Sacconi, affrontando il tema dell’integrazione nel corso della trasmissione ‘Radio Anch’io’, in vista del piano ad hoc che egli stesso presenterà entro una quindicina di giorni.
"Distinguiamo l’integrazione dalla cittadinanza – ha voluto chiarire subito – Non tutti possono volere la cittadinanza. Sempre più avremo migranti in grado di assecondare il loro sogno di rientro. Noi dobbiamo garantire, però, per coloro che stanno nel nostro Paese, di vivere in condizioni di buona integrazione con la nostra comunità e per questo dobbiamo contrastare l’illegalità: se non lo facessimo la moneta cattiva scaccerebbe quella buona. Si sostengono reciprocamente, infatti, la politica della legalità e la politica dell’integrazione. Non c’e’ l’una senza l’altra".
"Il piano nazionale dell’integrazione -ha poi accennato – vuole mettere a fuoco tutta una serie di azioni che per lo più dovranno essere realizzate nel territorio, soprattutto nei Comuni, che dovranno accompagnare quanto più possibile le persone alla conoscenza della lingua, alla disponibilità ad una abitazione dignitosa, all’educazione per sé e per i figli, alla possibilità di accedere a quegli stessi servizi di cui godono i nostri cittadini per i quali a volte, nonostante ci siano, esiste una difficolta’ di accesso".
"Non credo a priori nelle paure di questa o quella cultura – ha poi osservato Sacconi dando una sua opinione sul fatto che l’Islam possa o no rappresentare una minaccia per l’Italia – Credo piuttosto – ha rilevato – che sia giusto, da un lato, sottolineare la nostra identità(il piano di integrazione si chiamerà infatti ‘Identità e Incontro’) evitando quella logica dell’assimilazione forzosa (come ha tentato di fare ad esempio la Francia senza successo), ma anche evitando la logica dell’indifferenza, del multiculturalismo che mette tutto sullo stesso piano", che poi si traduce di fatto nella "parete vuota della nostra scuola senza crocefisso".
Secondo il ministro, in sostanza, "abbiamo bisogno di affermare la nostra identità, tanto più che in essa c’e’ un’attitudine all’apertura come premessa dell’incontro che funziona e che evita il conflitto".