Il leader della Lega commenta la morte di Emanuel Chidi Namdi prendendosela con l’”immigrazione clandestina fuori controllo”
Roma – 7 luglio 2016 – Per avvoltoi e sciacalli la morte è un banchetto. Per Matteo Salvini la tragica fine di Emanuel Chidi Namdi, il profugo ucciso a Fermo dalla violenza razzista, è l’ennesima occasione per sparare contro i “clandestini” e l’”invasione”.
“Chi uccide, stupra o aggredisce un altro essere umano va punito. Punto. A prescindere dal colore della pelle” concede il segretario della Lega Nord via Facebook. “Sei bianco, sei nero, sei rosa e ammazzi qualcuno senza motivo? In galera, la violenza non ha giustificazione”.
La condanna finisce qui, poi un pensiero per la vittima: “Il ragazzo nigeriano a Fermo non doveva morire, una preghiera per lui”. Salvini tace sulla matrice razzista dell’omicidio, parla del colore della pelle degli assassini, ma non della pelle delle vittime, chiamate “scimmie”.
L’altra metà del post, però, è la più inquietante: “È sempre più evidente che l’immigrazione clandestina fuori controllo, anzi l’invasione organizzata, non porterà nulla di buono. Controlli, limiti, rispetto, regole e pene certe: chiediamo troppo?
Il leader leghista suggerisce insomma che quello che è successo a Fermo è una conseguenza dell’ “invasione organizzata”. Fosse rimasto a casa sua, a farsi massacrare con la sua Chimiary dai terroristi di Boko Haram, Emanuel Chidin Namdi non sarebbe stato massacrato da un italiano. E Salvini, per predicare odio, avrebbe dovuto cercarsi un altro funerale.
EP