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Se gli immigrati vincono la corsa ai consumi

Tantissimi nuovi cittadini hanno preso d’assalto il nuovo megastore della Trony. Perché hanno la voglia, i mezzi e il coraggio di permettersi piccoli lussi. E aiutano anche il resto d’Italia a uscire dalla crisi

 

Roma – 28 ottobre 2011 – C’è da chiedersi se faccia più notizia una città paralizzata dallo shopping o la scoperta che sono gli immigrati i protagonisti della corsa agli acquisti. Le cronache sull’inaugurazione del megastore Trony a Roma raccontano infatti che ieri c’erano soprattutto cittadini stranieri ad accalcarsi davanti alle vetrine e a uscire soddisfatti con le buste piene di televisori, smartphone e netbook.

Per chi crede nella favoletta dell’immigrato povero e sfigato questo è un paradosso. Si incuriosisce, però,  anche chi sa bene che le tasche dei cinque milioni di immigrati regolari che vivono in Italia non sono affatto vuote, però finora credeva che i loro redditi medio-bassi si esaurissero tra spese per il sostentamento, risparmi inviati in patria e impegni considerati più “seri”, come la rata del mutuo.

In realtà, chi conosce a fondo questi consumatori non si stupisce affatto. “Sono giovani, hanno famiglia e un reddito stabile. Perché non dovrebbero spendere soldi? Nei loro acquisti sono oculati, ma proprio per questo motivo si affrettano a comprare quando ci sono offerte particolarmente convenienti” dice Giuseppe Albeggiani, amministratore di Etnocom, società specializzata in marketing e comunicazione interculturale.

“Le catene distributive – aggiunge – conoscono l’importanza dei clienti immigrati, soprattutto se il loro posizionamento è basato sul prezzo, anche se questo è solo un acceleratore dell’acquisto. Credo infatti che chi ha comprato ieri approfittando degli sconti, avrebbe comunque comprato a Natale. L’immigrato ha un potenziale di acquisto più alto perché ha meno cose dell’italiano, quindi appena ha i soldi compra ciò che gli manca”.

Il concetto è chiaro. Se ho già un ottimo ma vecchio televisore a tubo catodico, aspetterò prima di cambiarlo, al massimo, nell’attesa, acquisterò un decoder digitale. Se invece sono arrivato in Italia, ho trovato lavoro, ma non  ho ancora un televisore tutto mio, appena risparmio un po’ di soldi compro il migliore che posso permettermi.

C’è poi il valore di status symbol che hanno alcuni prodotti. L’esempio principe sono probabilmente gli smartphone, che secondo i dati di Etnocom sono in tasca a un immigrato su cinque. Uno strumento di comunicazione evoluto è importante per chi ha un network allargato, serve a lavorare,  ma anche a chiamare via skype amici e parenti sparsi per il mondo.

Avere però l’ultima versione dell’Iphone significa anche concedersi quello che gli esperti chiamano “un lusso sostenibile”. Se sento che in Italia ho raggiunto quello che per me è benessere, perché non comprarmi, anche a costo di qualche sacrificio, la Ferrari dei telefonini? Perché non dimostrare a me e agli altri che, nel mio piccolo, ce l’ho fatta?

La telefonia, del resto, è uno dei settori trainanti dei cosiddetti consumi etnici. “Gli immigrati attivano quasi tre milioni di schede sim ogni anno con i vari operatori e spendono ogni mese più degli italiani. Chi pensa che si accontentino solo di telefonini di fascia bassa o di vecchia generazione è in errore, quello che è successo da Trony lo dimostra” conferma Gianluca Bellei, amministratore di Isi 2002, società specializzata nella vendita di servizi, anche telefonici, agli immigrati.

E così, anche in un periodo nero per tutte le tasche, gli immigrati hanno comunque voglia di concedersi qualche piccola e meritata soddisfazione. Continuano a spendere, rilanciano i consumi e ci regalano un po’ di ottimismo, ingrediente raro, ma indispensabile, per uscire dalla crisi.

Elvio Pasca

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