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Vaticano: “Immigrati. Clandestini o no, rispetto della dignità”

Il Presidente del Pontificio consiglio per i migranti propone la conoscenza e il dialogo come mezzo per superare pregiudizi e chiusure mentali

Città del Vaticano – 23 giugno 2009 – La Chiesa ”tutela e promuove la dignità della persona umana, a prescindere dal suo status giuridico, regolare o irregolare”. Sono le parole dell’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti,intervistato da Radio Vaticana. ”La cultura del mercato – osserva – applicata ai capitali funziona molto bene, ma quando si rivolge ai movimenti delle persone si inceppa e si parla di espulsioni, razionamento degli ingressi e respingimenti. La Chiesa e’ convinta che l’integrazione sia necessaria e indispensabile, per favorire il benessere di tutti, nella salvaguardia della legalità e della sicurezza”.

“Quando lo Stato – dice ancora Vegliò – deve esercitare il proprio dovere-diritto di garantire la legalità – reprimendo la criminalità e la delinquenza e gestendo le centinaia di migliaia di persone in situazione irregolare – lo deve sempre fare nel rispetto della dignità umana e delle Convenzioni internazionali. Purtroppo, a volte, nei Paesi a sviluppo avanzato si manifesta una tipica sindrome, secondo la quale i ‘ricchi’ si difendono dai ‘poveri’ cercando di ridurre o di ostacolare i loro spostamenti. Cosi’ si va diffondendo una nuova retorica a livello culturale, che vede i migranti come responsabili delle crisi sociali e delle nuove paure collettive e, non di rado, anche come minaccia alla salvaguardia delle identità nazionali”.

"Molti Paesi – spiega il presidente del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti – sono diventati multietnici da tanto tempo. Le comunità interetniche interagiscono con reciproco vantaggio, soprattutto nello scambio e nell’arricchimento dei valori, E anche la Chiesa ha dato vita a strutture pastorali ‘plurietniche’ o ‘multiculturali’, in grado di rispondere meglio alla dimensione integrativa e comunitaria dei gruppi di fedeli di diversa provenienza. Così le diverse identità culturali – aggiunge – non solo si conservano, ma contribuiscono anche al reciproco arricchimento, con approfondimento pure dei valori, senza ingenuamente nascondere che vi sono anche conflitti e tensioni da affrontare e superare. Certo, è un discorso maggiormente delicato quello che tocca l’immigrazione di persone che professano un diverso credo religioso. Ad esempio, l’immigrazione musulmana nei Paesi tradizionalmente cristiani pone tutta una serie di sfide culturali e di integrazione, oltre che religiose”.

”Dal punto di vista culturale, infatti – spiega il presidente del Pontificio consiglio dei migranti – si esige una grande disponibilità mentale per capire e accettare legittimi usi e costumi, che non vadano peraltro contro le normative vigenti”. Ma in una prospettiva religiosa, ”l’incontro con l’Islam – come con tutte le altre religioni – sollecita la promozione del dialogo. Dove questo è considerato un’opportunità più che un ostacolo, l’identità cristiana ne esce rafforzata, appunto perchè il dialogo non è sinonimo di cedimento o di rassegnazione, ma di confronto serio, senza rinunciare a presentare agli interlocutori la proposta cristiana in coerenza con la propria identità, per tessere con gli immigrati rapporti di mutua conoscenza e stima, che appaiono quanto mai utili per superare pregiudizi e chiusure mentali, come ha spiegato Benedetto XVI”.

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