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A Genova, boom di firme contro la moschea

Vita dura per 7mila musulmani in città, tra politici contro e autoctoni scettici. Raccolte 1600 firme per dire "no"

Genova – 4 agosto 2008 – Milleseicento firme raccolte in due ore e il progetto del centro islamico genovese che, con alti e bassi di attenzione da parte di cittadini e mezzi di informazione si trascina dal 2003, ha mobilitato i partiti  occupando le pagine dei giornali locali. Probabilmente i consiglieri regionali Gianni Plinio (An), Matteo Rosso (Fi) e Rosario Monteleone (Udc, ex Margherita) che il 25 luglio mattina in via XX Settembre invitavano i passanti a firmare per chiedere un referendum sul sì o il no alla moschea, non si aspettavano tanto successo.

A preoccupare i genovesi, di destra e di sinistra, quando si parla di islam e musulmani, sono non tanto o non solo i pericoli che vengono da terroristi ed estremisti, di cui a Genova non si è mai avuto notizia, quanto la delinquenza spicciola. Dei 25mila immigrati regolari residenti nel capoluogo ligure, i musulmani sono circa 7mila, di cui almeno 3mila marocchini. La loro occupazione prevalente è quella del commercio ambulante. Ma anche imprese edili e di pulizia impiegano manodopera nordafricana.

Le macellerie islamiche sono una decina, i punti di ristorazione una quindicina, soprattutto tavole calde. Pochi hanno avuto fastidi da queste persone. Gli immigrati irregolari, però, sono altrettanti e – a quanto si dice – tra loro scippatori e soprattutto spacciatori di droga abbondano. Basta dare ogni tanto un’occhiata ai giornali per non sentire un gran desiderio di attirare nordafricani nel proprio quartiere, magari dimenticando che, in generale, chi prega e frequenta abitualmente un luogo di culto, islamico o di altra religione, raramente delinque.

Il predecessore dell’attuale sindaco Marta Vincenzi, Giuseppe Pericu, aveva trattato la questione come una qualsiasi pratica amministrativa: ci sono le condizioni previste dal piano regolatore? E allora il progetto va approvato. La prima ipotesi prevedeva la nascita della moschea a Cornigliano, una delegazione già provata da forti afflussi migratori. Inoltre, per realizzare la moschea Hussein Salah, il leader della comunità islamica genovese, aveva acquistato le ex Officine Passalacqua, in fondo a una via lunga e stretta, che porta fino alla sommità della collina di Coronata.

Problemi di traffico e di impatto ambientale non sarebbero mancati, e a Cornigliano la protesta è esplosa, con la partecipazione addirittura di quattro parroci, presidi e blocchi stradali organizzati dalla Lega Nord. Mentre il progetto andava avanti, fino a ricevere il via libera definitivo dalla commissione per l’Edilizia privata del Comune, è intervenuta la Fondazione di Religione Sorriso Francescano, offrendo, in pratica, uno scambio: avrebbe ceduto la proprietà di un suo terreno ubicato a Coronata, ma in un’altra zona, a fronte della cessione da parte della comunità islamica dell’edificio Officine Passalacqua. L’obiettivo era quello di creare le condizioni per realizzare la moschea in un ambiente più defilato e con viabilità più scorrevole e mettere tutti d’accordo.

L’idea era piaciuta anche nella comunità islamica. Poi, nell’ottobre 2005, è arrivato l’articolo di Magdi Allam sul ‘Corriere della Sera’, dove si denunciava il pericolo di infiltrazioni estremiste nelle moschee italiane e della loro affiliazione all’Ucoii. In effetti, il progetto della nuova moschea viene portato avanti dal Centro culturale islamico di Genova, guidato da Salah, persona nota, apprezzata e non certo estremista, mentre l’edificio era compreso nel patrimonio dell’ente che gestisce i beni islamici, il Waqf, che fa capo all’Ucoii. Lo stesso Centro aderiva all’Ucoii, che del resto comprende i due terzi delle associazioni islamiche italiane.

A questo punto non era solo questione di traffico, e anche i francescani si sono fermati, in attesa di chiarimenti. La vicenda è ristagnata, i politici si sono occupati delle varie tornate elettorali, finchè nel giugno 2007 Marta Vincenzi è subentrata a Pericu, e ha ereditato il problema. Il 29 luglio scorso, nel suo intervento al dibattito sulla moschea in consiglio comunale, il sindaco ha annunciato come intendeva risolvere la questione. Aveva sottoscritto un accordo con la comunità musulmana, in base al quale i gestori della futura moschea spezzavano i legami con l’Ucoii, riconoscevano pari diritti a uomini e donne e condannavano ufficialmente terrorismo, intolleranza ed estremismo.

Vincenzi ha anche ricordato che la Costituzione italiana garantisce pari diritti a tutti e piena libertà di culto e ha fatto presente che il referendum non solo non si sarebbe potuto tenere perché, in sostanza, non si può mettere ai voti un diritto garantito dalla Costituzione, ma anche perché avrebbe chiamato i cittadini a giudicare su un atto dell’amministrazione inesistente, non ancora deliberato. Le critiche non sono mancate ugualmente.

Tra le forze politiche si sveglia il malcontento per il fatto che il sindaco avesse sottoscritto un accordo senza consultare il consiglio. Un altro fattore di malcontento riguarda l’ubicazione della moschea. Travolta dagli eventi l’ipotesi dei francescani, dell’area non ufficialmente non si è più parlato. Ma nei giorni scorsi si sono diffuse voci per cui il sindaco avrebbe fatto capire che, alla fine, previo accordo con l’Autorità Portuale, si sarebbe scelta la zona del porto, forse la Darsena. Il porto, probabilmente, per non coinvolgere nessuno dei quartieri cittadini. Darsena, però, vuol dire centro storico, l’area di massima concentrazione di immigrati.

L’idea di attirarne altri, magari anche dal Piemonte, non è piaciuta affatto ai residenti e ai politici che cercano di rappresentarli. Poi il sindaco ha esposto il fianco a un’altra critica. Nel suo intervento in consiglio ha annunciato che intanto, in attesa di risolvere la questione, alla Commenda di Pre’, edificio da cui partivano le navi dei crociati, sarebbe nato un centro di cultura e preghiera comune, per cattolici, ebrei e musulmani. ”Sono tutti d’accordo -ha assicurato- anche i cavalieri dell’Ordine di Malta”. L’ordine religioso e assistenziale ha in gestione buona parte del complesso.

E dal suo delegato genovese, il marchese Gian Giacomo Chiavari, è venuta una doccia fredda per il sindaco. Chiavari ha dichiarato ai giornali cittadini di non avere concordato nulla sulla Commenda e di avere anzi idee diverse in proposito. Secondo un cavaliere dell’Ordine, presente all’incontro con la Vincenzi, il sindaco avrebbe effettivamente accennato al suo progetto, ma in termini vaghi e senza che fosse concordato alcunché. Intanto, se non una soluzione, un rimedio parziale provvisorio è stato trovato dai musulmani stessi, senza proclami. Sembra che nel centro storico siano già cinque i luoghi di preghiera islamici: piccoli, singoli appartamenti dove chi vuole va a pregare. Per ora si va avanti così.

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