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Alessandro Gassmann: “Io sto con i rifugiati, unisciti a me”

L’attore testimonial dell’Unhcr per la campagna #withRefugees. VIDEO. Le storie e i sogni di chi è di chi è costretto a fuggire, come Solaf, Carmen, Mojtaba…

Roma – 13 giugno 2016 – “Ogni giorno la guerra costringe migliaia di famiglie a lasciare la propria casa, famiglie come la tua, come la mia. Per fuggire alla violenza si lasciano tutto alle spalle. Tutto tranne i loro sogni, le loro speranze”.

Alessandro Gasmann ci mette la faccia e la voce per raccontare a chi non lo avesse ancora capito chi sono le persone che bussano alle porte dell’Europa. “Io credo – dice in un video – che tutti i rifugiati abbiano diritto di vivere al sicuro. Io sto dalla parte di chi è costretto a fuggire. Unisciti a me” dice. 

L’attore è testimonial della campagna #withRefugees, lanciata dall’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (Unhcr) in vista della Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebrerà il 20 giugno. “ “La campagna ha come obiettivo quello di far conoscere i rifugiati attraverso i loro sogni e le loro speranze: prendersi cura della propria famiglia, avere un lavoro, andare a scuola, avere un posto da chiamare casa” spiega l’Unhcr.

Sul sito dell’Unhcr ci sono le storie e le parole di uomini, donne e bambini costretti a lasciare la loro casa. Come Solaf, 9 anni, piccola siriana che vive in un campo profughi in Germania.

Vorrei andare in America – racconta la bambina-   Uno dei miei familiari c’è stato una volta e mi ha detto che lì la vita è normale: grandi supermercati e buone scuole. Farei gli esami e otterrei buoni voti là. Vorrei diventare una dottoressa – aggiunge la bambina – e curare il diabete. Perché proprio il diabete? Perché mia mamma ha il diabete. Vorrei aiutare la mia famiglia perché è tutto quello che ho”.

Jordan. Nine-year-old Syrian refugee, Solaf, draws with coloured pens at the caravan where she lives with her brother and parents at Azraq refugee camp

Carmen Perea, 41 anni, è una donna colombiana fuggita in Ecuador dieci anni fa dopo che le era stato ucciso un fratello. Ha avviato un piccolo calzaturificio per donne e creato, insieme alla stilista Ile Miranda un sandalo chiamato “She loved me”.

“Il nome – spiega Perea – rappresenta la lotta della donna che vuole migliorare la propria vita. Crediamo che volendoci bene e credendo in noi stesse, possiamo migliorare non solo le nostre vite ma anche quelle dei nostri bambini. Le persone dell’Ecuador e il Governo mi hanno accolta calorosamente. È stata una bella esperienza per la mia piccola famiglia, ci ha permesso di crescere e di avere un’opportunità.””

Mojtaba a 13 anni ha attraversato il mare tra la Turchia e la Grecia, era con suo fratello, che è annegato. Fuggivano dall’Afghanistan dei talebani, che perseguitavano la minoranza Hazara della quale fa parte la loro famiglia. Oggi di anni ne ha 22, vive in Austria e studia biologia molecolare all’università. 

“L’Europa – racconta Mojtaba – era la nostra unica speranza di trovare sicurezza.So perseguendo il mio sogno di fare ricerca sul cancro. Mi piacerebbe andare all’estero per il dottorato, forse in Scozia, dove ci sono neurologi molto bravi. Sono determinato a combattere il cancro.”

La campagna ha lanciato anche una petizione online, che verrà presentata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al Quartier Generale ONU a New York il 19 Settembre. Firmandola, si chiede ai governi di tutto il mondo di garantire che “ogni bambino rifugiato abbia un’educazione, che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro dove vivere e che ogni rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo contributo alla comunità”. 

 

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