Roma – 16 settembre 2011 – “C’è chi pensa che i bambini debbano essere trattati tutti in modo uguale, io ritengo invece che debbano avere tutti la possibilità e gli strumenti per sviluppare le proprie potenzialità e non bivaccare a scuola o, peggio, abbandonarla”.
A pensarla così è Irene Aderenti, senatrice leghista e, per oltre trent’anni, maestra elementare. Nel 2008 presentò un disegno di legge per istituire le classi ponte, nelle quali i figli degli immigrati avrebbero imparato l’italiano e l’educazione civica prima di essere inseriti in classi “normali”. Tra le poche attività comuni con i loro compagni italiani, durante quell’anno di Purgatorio, ci sarebbero state l’educazione fisica e la religione.
Se ne parlò moltissimo, anche a Berlusconi l’ipotesi sembrava percorribile e il governo accolse una mozione leghista che andava in quella direzione. Poi, come spesso accade, il ddl cadde nel dimenticatoio (non è mai iniziata nemmeno la discussione), forse perché soppiantato dal tetto del 30% imposto agli alunni stranieri in ogni classe da una circolare del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini.
Questa settimana Aderenti è tornata alla carica, presentando un nuovo disegno di legge a Palazzo Madama che non è poi così lontano dal precedente. Dedicato solo agli adolescenti da inserire nelle scuole superiori, prevede comunque che i ragazzi seguano prima dei corsi per “mettersi alla pari”, ma stavolta nei Ctp-Eda, i centri statali di formazione per adulti già frequentati da tanti immigrati per imparare l’italiano.
Secondo il ddl, i minori che arrivano in Italia quando hanno più di quattordici anni potrebbero iscriversi alle superiori solo “se muniti di diploma, conseguito nello Stato di provenienza, equiparabile al diploma di scuola secondaria di primo grado purchè riconosciuto a seguito di accordi bilaterali stipulati con gli Stati di provenienza”. In caso contrario, dovranno sostenere prima l’esame di terza media.
Esame da privatisti? Macchè. I ragazzi dovranno frequentare obbligatoriamente “i corsi diurni dei centri statali Eda”. Rimarranno tra quei banchi per “il tempo necessario a una adeguata preparazione”. Solo quando gli insegnanti li riterranno pronti, potranno quindi sostenere l’esame di terza media e, finalmente, iscriversi alle superiori.
La senatrice Aderenti sostiene che “in uno o due anni i figli degli immigrati potranno imparare la lingua italiana e un minimo di quelle conoscenze storico-geografiche che i ragazzi hanno in terza media ”. La sua proposta, sottolinea, “permette di evitare ai ragazzi che arrivano alla scuola dell’obbligo le frustrazioni e le difficolta’ spaventose che spesso poi sono alla base dell’abbandono scolastico”.
Immaginiamo un ragazzo che arriva in Italia a quindici anni, si fa due anni di corso propedeutico in una scuola per adulti e a diciassette anni, passato l’esame di terza media, è pronto a frequentare le superiori. Sicuro che inserirsi in una classe di quattordicenni dopo tutte queste peripezie non gli costerà comunque “frustrazioni e difficoltà”, magari convincendolo ad abbandonare gli studi?
Irene Aderenti non ha dubbi. “Ho insegnato per 32 anni e non solo conosco il problema, ma ho parlato di questa proposta con i genitori dei miei ex alunni e li ho trovati d’accordo con me”. Se lo dice la maestra…
Elvio Pasca