"Tutelare la dignità e i diritti dei cittadini immigrati" ROMA, 27 febbraio 2009 – Se non ci sarà una legge giusta che tuteli la dignità e i diritti dei cittadini immigrati sarà a rischio quel principio di sicurezza al quale il nuovo provvedimento vorrebbe ispirarsi.
E’ il punto di visto delle associazioni cattoliche che hanno avuto un incontro a Palazzo Marini con i membri della Commissione Affari Costituzionali e i capigruppo alla Camera dei deputati in vista del passaggio alla Camera del disegno di legge.
Acli, Centro Astalli, Comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas Italiana, Migrantes, Comunità di Sant’Egidio hanno chiesto modifiche al ddl su questioni riguardanti aspetti ‘fondamentali’ della vita degli immigrati, tra cui il matrimonio, le cure mediche, la residenza, la ‘tassa’ sui permessi di soggiorno, il reato di clandestinità, il prolungamento della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione.
Solo una ‘legge giusta’ potrà davvero rendere più sicuri i cittadini, hanno spiegato i rappresentanti delle associazioni ribadendo – come avevano fatto prima della discussione al Senato – che "alcune tra le norme proposte, se approvate, influiranno negativamente sulla vita e la dignità delle persone e persino sul bene della sicurezza" che si intende tutelare. Tra queste, il reato d’ingresso e permanenza illegale sul territorio italiano. Se approvato, lo Stato "sarebbe costretto a celebrare decine di migliaia di processi che si concluderanno, in caso di condanna, con la comminazione di una sostanziosa pena pecuniaria di fatto inesigibile a carico di persone non abbienti".
Inoltre, il ddl prevede – sia per i residenti italiani sia per gli stranieri – il divieto di iscrizione anagrafica in mancanza della disponibilità di un alloggio idoneo dal punto di vista igienico-sanitario. "Un progetto irrealizzabile – spiegano le associazioni – in quanto molte abitazioni italiane ne sono sprovviste, che lascerebbe "senza residenza un’ampia porzione della popolazione".
Altro punto non condiviso, la possibilità della segnalazione da parte dei medici dell’irregolarità di uno straniero che si presenta per essere curato, che "indurrà molti cittadini stranieri a non farsi curare mortificando il diritto fondamentale alla salute e alle cure mediche ed esponendo la pubblica salute ai maggiori rischi sanitari causati dal diffondersi di patologie non curate".
Tra i punti evidenziati anche la difficoltà del trasferimento legale del denaro che richiede all’utente straniero l’esibizione del permesso di soggiorno, e la limitazione dei diritti della famiglia, prevedendo per lo straniero privo del permesso di soggiorno l’incapacità al matrimonio con effetti civili.