Roma – 4 aprile 2014 – Arrivano controlli più severi per tenere i pedofili lontani dai bambini, ma anche un carico di burocrazia in più per le famiglie che assumono una babysitter.
Il 6 aprile entra in vigore il decreto legislativo 39/2014 che recepisce una direttiva europea “contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile”. Oltre a prevedere delle aggravanti di pena per pedofili e altri orchi, vuole evitare che questi possano entrare in contatto con le loro prede. Come? Impedendo loro di lavorare con i minori.
L’articolo 2 del decreto dice che chi intende “impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori” deve chiedere il certificato penale del casellario giudiziale del lavoratore, per verificare se è stato mai condannato per reati come l’adescamento di minori, la prostituzione minorile, o se è interdetto da attività a contatto i minori. Per i datori che non chiedono il certificato sono previsti da diecimila a quindicimila euro di multa.
Ottima la teoria, ma sulla pratica c’è qualche problema. Innanzitutto, i tribunali non sono ancora in grado di rilasciare ai datori di lavoro certificati penali dove compaiano solo i reati contro i minori e intanto, come spiega una circolare del ministero della Giustizia, nei prossimi giorni rilasceranno certificati dove compaiono tutte le condanne del lavoratore, anche per altri reati, con tutto ciò che questo comporta in termini di violazione della privacy.
I datori dovranno chiedere il certificato in tribunale, alla Procura della Repubblica, utilizzando il modulo allegato alla circolare. Serve anche una delega firmata dal lavoratore e la fotocopia del suo documento di identità. Il tutto pagando circa 26 euro di marche da bollo.
Si può immaginare la mole aggiuntiva di richieste che a partire dalla prossima settimana arriveranno ai tribunali di tutta Italia, già notoriamente oberati di scartoffie. Così come l’agitazione che il certificato antipedofilia ha diffuso dove ci sono lavoratori a contatto con i minori: una lista lunga, dai centri sportivi agli oratori, passando per scuole, ludoteche e cliniche.
E poi, naturalmente, ci sono le nostre case. Quanti si fanno aiutare da una babysitter? E quanti, se vogliamo dare un’interpretazione estensiva della norma, assumono colf o badanti che comunque, quotidianamente, staranno anche vicino ai loro bambini? Per i datori di lavoro domestico si annunciano insomma file ai tribunali, sia per chiedere il certificato che per ritirarlo, visto che il rilascio non è immediato.
“L’obiettivo della nuova legge è pienamente condivisibile, ma così com’è scritta creerà molti problemi” dice a Stranieriinitalia.it Teresa Benvenuto, segretario nazionale di Assindatcolf. Secondo l’associazione dei datori di lavoro domestico non c’è stato il tempo di informare adeguatamente le famiglie italiane e, soprattutto, non è giusto mettere sulle loro spalle un’ulteriore incombenza burocratica.
“Per assumere una lavoratrice, anche per un’esigenza temporanea, bisognerà andare due volte in tribunale. In tempi di comunicazioni telematiche si poteva immaginare, almeno per i lavoro domestico, un altro sistema. Ad esempio, dopo la comunicazione di assunzione, poteva essere il ministero del lavoro a fare automaticamente il controllo antipedofilia collegandosi con il ministero della Giustizia” suggerisce Benvenuto.
L’Assindatcolf chiede che per il settore domestico si ridimensionino le multe previste (“Quindicimila euro per una famiglia, che non ha nemmeno avuto il tempo di informarsi sulla nuova legge, sono davvero un’esagerazione”) e che, mentre si cerca un altro sistema, la nuova norma venga sospesa. “Il rischio – segnalano dall’associazione – è che, complicando la vita a chi assume regolarmente, si incentivi ulteriormente il lavoro sommerso”.
Elvio Pasca