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Contratto colf, badanti e baby sitter. Trattativa arenata su retribuzioni e maternità

Non c'è intesa su due punti chiave. I sindacati: “Bisogna alzare i minimi e tutelare dai licenziamenti le neomamme domestiche come le altre lavoratrici”. I datori resistono: “C’è la crisi, le famiglie non ce la fanno”

Roma – 4 aprile 2013 – La trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori domestici, scaduto da oltre due anni, è arenata su retribuzioni e tutela della maternità. I sindacati vogliono alzare i minimi e dare a colf, badanti e babysitter diritti uguali a quelli delle altre mamme lavoratrici, ma i rappresentanti dei datori di lavoro chiudono a misure che impoverirebbero ulteriormente i bilanci delle famiglie italiane.

Ieri c’è stato un nuovo confronto ristretto tra le parti sociali, anche stavolta non risolutivo, anche stavolta chiuso con un rinvio alla prossima settimana. Va avanti così da mesi, tra minacce di rotture e riavvicinamenti, con pochissimi progressi concreti.

“Finora, a fronte di molte richieste, abbiamo ottenuto solo piccolissime aperture. Se ci fermassimo qui, il contratto rimarrebbe praticamente uguale e questo non è accettabile”dice a Stranieriinitalia.it Giuliana Mesina, il segretario nazionale della Filcams Cgil che si occupa di lavoro domestico e immigrazione. Quei due punti chiave diventano quinti dirimenti perché la trattativa vada finalmente in porto.

Il ritocco annuale delle retribuzioni sulla base degli indici dell’Istat,segnalano i sindacati, non è più sufficiente. “Con quel meccanismo si recupera al massimo l’80 % dell’aumento del costo della vita, quindi di anno in anno i lavoratori domestici hanno perso una quota sempre maggiore di potere di acquisto. Il rinnovo del contratto non può escludere un innalzamento adeguato dei minimi” spiega Mesina.

Quanto alla tutela della maternità, c’è da sanare una discriminazione. Le lavoratrici domestiche sono le uniche alle quali non si applica il divieto di licenziamento entro il primo anno di vita del loro bambino.  Sono tutelate solo durante il periodo di astensione obbligatoria, quindi per i due mesi precedenti e per i tre mesi successivi al parto. Quindi a tre mesi e un giorno (quando le famiglie hanno già trovato delle sostitute) fioccano i licenziamenti.

“Noi chiediamo di portare a un anno il divieto di licenziamento. L’Italia – ricorda la sindacalista della Filcams – ha già ratificato la convenzione dell’Ilo, secondo la quale i domestici sono lavoratori come tutti gli altri. Prima o poi questo passo sarà quindi fatto per legge, noi vorremmo anticiparlo con il rinnovo del contratto, introdurrebbe un elemento di civiltà sul quale la controparte continua però a fare resistenza”.

I rappresentanti dei datori di lavoro non si sbottonano. “Siamo in una fase cruciale delle trattativa e quindi non entriamo nei dettagli” dice a Stranieriinitalia.it Teresa Benvenuto, segretario nazionale di Assindatcolf. “Però – aggiunge – bisogna tenere presente che le “resistenze” denunciate dai sindacati sono legate all’impoverimento generale delle famiglie, che sentono questa crisi economica anche più delle imprese. E che non sono state certo aiutate dallo Stato a sostenere i costi dei rapporti di lavoro domestico”.

La trattativa è ancora aperta. Ma c’è da scommettere che il rinnovo del contratto, se arriverà, sarà figlio dei tempi. Tempi di magra.

Elvio Pasca

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