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Fini: “Immigrato=persona, il permesso di soggiorno non conta”

Il presidente della Camera in visita al San Gallicano, torna sulla proposta, ora cancellata, di denunciare i clandestini che richiedono cure sanitarie

Roma – 27 aprile 2009 – “Abbiamo l’obbligo ovvio e incontestabile di trattare l’altro da noi anzitutto come persona: non contano il colore della pelle o la fede religiosa e non conta nemmeno avere o no il permesso di soggiorno. Se si ha chiaro questo valore, radicato nella nostra cultura e nella tradizione occidentale, tutto ne discende di conseguenza, compreso naturalmente il dovere di aiutare e curare ogni persona, proprio dei medici ma direi di tutti. Se, al contrario, questo principio si perde e resta solo sullo sfondo, si rischiano atteggiamenti, se non politiche, lesivi del diritto fondamentale della persona".

Così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, torna sulla questione dell’ipotesi, ventilata e poi cancellata, di eliminare per i medici il divieto di denuncia degli immigrati clandestini che richiedono cure sanitarie. "È stato giusto – sottolinea – far sentire il dissenso ed evitare che una tale norma fosse inserita nel nostro impianto legislativo: sarebbe stato un errore e un atto di miopia politica".

Fini ne parla da un luogo simbolico, l’ospedale San Gallicano di Roma, trasformato in via sperimentale in Istituto nazionale per la salute, i migranti e la povertà, su iniziativa dell’allora ministro per la Salute Livia Turco, che accompagna il presidente dell’aula di Montecitorio nella sua visita alle sale del nosocomio di Trastevere. Fini sottolinea che "la costituzione fu lungimirante, nel prevedere che il diritto alla salute è un diritto inalienabile. Tradurre questo principio in concretezza è compito delle istituzioni. Ed è un impegno che si sposa con il giuramento medico all’inizio della professione, che è anche una missione".

Il presidente della Camera ricorda "l’ipotesi di poter chiedere di dar corso a comportamenti lesivi del diritto alla persona di essere curata", circolata all’interno del Governo, per la quale appunto definisce "giusto" l’aver manifestato dissenso da molte parti della società civile e della politica. Anche perchè gli immigrati clandestini avrebbero anche "fatto ricorso a strutture alternative e parallele, che non danno alcuna garanzia dal punto di vista della sicurezza sanitaria pubblica, rischiando così l’introduzione e il diffondersi di malattie che sono state debellate nel passato". Fini richiama, dunque, "il dovere istituzionale di aiutare chi è in prima linea nella frontiera dell’immigrazione", come i medici della struttura romana, impegnati anche nell’isola di Lampedusa e in Africa.

Alle pareti dell’ospedale San Gallicano, cartelli nelle varie lingue riportano la frase "In questo ospedale nessuno viene denunciato!", con tanto di punto esclamativo, spesso accompagnati da adesivi colorati con la scritta "Noi non segnaliamo". "Conoscevo questo ospedale solo di nome – dice Fini – e voglio garantire Garantisco il mio impegno morale perchè diventi un’attività strutturata, destinata a durare nel tempo".

Per il presidente della Camera, "l’Occidente dovrebbe avvertire l’impegno volto a garantire il rispetto e la dignità umana di ciascuno. Si tratta di una sfida che o si vince o si perde tutti insieme; nessuno pensi di avere una ricetta domestica. Serve un impegno a livello europeo e internazionale". E in tal senso, "l’Italia, in passato terra di emigranti, deve avere e mostrare una sensibilità sociale e culturale verso l’immigrazione che rappresenti un valore aggiunto, rispetto a chi magari ha alle spalle una storia di colonialismo. Chi viene in Italia è mosso dal bisogno; non possiamo ovviamente accogliere tutti, ma continuare una politica di rigore sempre volta all’integrazione, nel rispetto delle leggi. I nostri nonni all’estero chiedevano rispetto: anche per onorare la loro memoria, rispettiamo chi viene oggi in Italia".

a.i.

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