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“I porci volano” The Economist e i migranti italiani in Uk

Altro che romeni e bulgari, gli ultimi arrivati a Londra siamo noi. Il settimanale britannico racconta i nuovi flussi dei terroni d’Europa

Roma – 21 novembre 2013 – Accettano qualsiasi tipo di lavoro, anche con paghe da fame e indipendentemente dal diploma o dalla laurea che hanno in tasca. Cercano alloggi a buon mercato da dividere con altri nella stessa situazione. Spesso prendono fregature dai mediatori che dovrebbero cercare loro un posto e c’è chi si lamenta perché li trova in giro ubriachi la sera.

Chi sono? Migranti. Facile. Meno scontato scoprire che quei migranti siamo noi, italiani volati in Gran Bretagna alla ricerca di un’occupazione.

È un fenomeno cresciuto e cambiato negli ultimi anni, come spiega l’ultimo numero di The Economist in un articolo con un titolo che ci prende apertamente per i fondelli: “I porci sanno volare”. E poco consola che sia un gioco di parole, dove “porci” è scritto PIGS, acronimo che nel giornalismo economico ci accomuna a portoghesi, irlandesi, greci e spagnoli come ultimi della classe per la situazione dei conti pubblici.

Sfottò a parte, c’è poco da indignarsi, perché l’articolo racconta cose vere. La sua lettura è un contrappasso amaro, da propinare ai politici che si sono dedicati a complicare la vita agli stranieri in Italia o che contro gli immigrati giocano le loro campagne elettorali. E potrebbe far riflettere gli italiani che ancora guardano i nuovi arrivati con diffidenza o disprezzo. Perché non solo anche noi siamo stati migranti, ma stiamo preparando di nuovo le valigie.

“I politici e la stampa britannica –  scrive il settimanale – si preoccupano di romeni e bulgari, che presto conquisteranno il diritto di lavorare in Gran Bretagna. Ma una migrazione molto più grande è in corso dai vecchi stati membri dell’Unione Europea. Dal 2010 si è impennato il numero di iscrizioni alla National Insurance (il sistema previdenziale britannico) da parte di cittadini dell’Europa meridionale e occidentale”. E in cima alla classifica, subito dopo gli spagnoli e prima dei portoghesi, ci sono proprio gli italiani.

Un tempo, racconta l’articolo, i nostri talentuosi connazionali arrivavano a Londra con un contratto già in tasca per lavorare presso banche, fondi di investimento e società di consulenza, oppure andavano a studiare a Oxford e a Cambridge. “Il nuovo flusso è diverso. I meridionali europei si muovono in parte per le opportunità offerte da Londra, ma soprattutto per quelle che non offrono i loro Paesi”.

“La maggior parte dei nuovi arrivati – spiega The Economist – inizia con lavori poco pagati e vivono nelle zone più a buon mercato di Londra. Farsi riconoscere le qualifiche professionali è costoso e ci vuole tempo per trovare un lavoro. Invece il lavoro nell’industria del catering è tanto. I ristoranti italiani, che per tanto tempo hanno avuto personale dell’Est Europa, stanno di nuovo assumendo camerieri italiani”.

Per quelli che non parlano inglese o che sono poco preparati su altri fronti non rimane che il mercato del lavoro nero. Nell’articolo si cita il caso di Francesco Ponzo, 25 enne italiano che ha trovato il primo lavoro in un hotel. Le condizioni? Un turno di 8 ore per 25 sterline, la metà della paga minima sindacale. E Daniela De Rosa punta i dito contro le agenzie che si fanno pagare per trovare lavoro agli italiani e poi non mantengono la promessa.

Perché, si chiede The Economist, gli inglesi non sembrano essersi accorti ancora di questi immigrati? Probabilmente perché non sono loro concorrenti nei servizi pubblici, dalle scuole, dove ancora non si vedono tanti figli di italiani o spagnoli, al sistema sanitario: molti vanno a curarsi in patria. E comunque, buona parte dei nuovi arrivati conta di rientrare nel suo Paese d'orogine appena l’economia dell’ Eurozona si rimetterà in moto.

Intanto, siamo lì, e l’articolo di The Economist ci dedica crudelmente il finale: “Fino a pochi anni fa era difficile passeggiare il venerdì notte per Clapham (un distretto di Londra) senza inciampare in Australiani ubriachi. Adesso sono stati rimpiazzati dagli italiani”.

EP
 

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