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“Il palazzo del cattivo sembra una moschea”. Lego lo ritira

 La comunità turca austriaca punta il dito contro una delle riproduzioni della saga di Star Wars. Il colosso dei mattoncini non lo produrrà più, ma nega che la decisione sia dovuta alle proteste

Roma – 3 aprile 2013 – La Lego non produrrà più “Il palazzo di Jabba” della serie Star Wars, accusato dalla comunità turca austriaca di offendere i musulmani.

La protesta era cominciata nel gennaio scorso quando un padre, membro della Türkische Kulturgemeinde in Österreich, aveva sollevato la questione dopo aver trovato tra i giocattoli del figlio proprio la scatola incriminata. ''Non e' possibile che un gioco come questo stia nella stanza di un bambino''.

Secondo l’associazione, il Palazzo di Jabba era raffigurato in modo molto somigliante alla moschea di Santa Sofia di Istanbul e la torre di avvistamento era ''una copia del minareto della moschea di Jami al Kabir di Beirut''. Nel sito della TKO sono state pubblicate anche immagini comparative tra il Palazzo di Jabba e la moschea di Istanbul, che tra l’altro è nata come basilica cristiana e oggi è un museo e non è aperta al culto.

 Ad aumentare il carattere ‘offensivo' del gioco è il 'cattivo' Jabba the Hutt (l'alieno-lumaca della saga dello Jedi) rappresentato come un terrorista fumatore accanito di narghilè, che teneva segregata nella torre-minareto la principessa Leila in catene.

I vertici della Lego hanno sempre negato ogni rapporto tra il gioco e il celebre monumento islamico, ma hanno incontrato i rappresentanti della Comunità musulmana per sbloccare quella che cominciava ad essere una situazione molto delicata. Ora il colosso dei mattoncini ha annunciato che dall’anno prossimo il palazzo di Jabba non sarà più in commercio.

Hanno vinto la Türkische Kulturgemeinde in Österreich (che esulta) e la sua concezione di islamicamente corretto? Secondo Katherina Sasse, responsabile pubbliche relazioni della Lego, il ritiro dal commercio era già programmato, “il dialogo con la comunità turca non ha causato cambiamenti al prodotto o al suo ciclo di vita”. E le accuse di razzismo sono sempre state respinte in nome della fedeltà delle riproduzioni giocattolo alla saga di Guerre Stellari.
 

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