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“Il reato di clandestinità è incostituzionale”

Lo sostiene un gruppo di giuristi secondo cui l’ingresso o la presenza illegale dello straniero non sono punibili penalmente

Roma – 26 giugno 2009 – “Il reato di clandestinità è incostituzionale. Oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all’uso simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimità costituzionale”. A sostenerlo sono ventidue giuristi che hanno firmato un appello in cui illustrano i ”rilievi critici” sul disegno di legge all’esame del Senato.

“La norma – spiegano – non ha fondamento giustificativo, poichè la sua sfera applicativa è destinata a sovrapporsi integralmente a quella dell’espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l’assoluta irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre – prosegue l’appello -, il ruolo di extrema ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento dello scopo”.

E non si può neppure considerare fondamento giustificativo del nuovo reato la presunta pericolosità sociale della condizione del migrante irregolare: “la Corte costituzionale (sent. 78 del 2007) – ricordano i giuristi – ha infatti già escluso che la condizione di mera irregolarità dello straniero sia sintomatica di una pericolosità sociale dello stesso, sicchè la criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo”.

"L’ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non rappresentano, di per sé, fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale, ma sono l’espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante", scrivono i giuristi, osservando che la relativa incriminazione, pertanto, "assume un connotato discriminatorio contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo’ essere puniti solo per fatti materiali”.

Secondo i firmatari dell’appello – tra cui ex presidenti o componenti della Corte Costituzionale come Gustavo Zagrebelsky e Guido Neppi Modona e magistrati come il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro – l’introduzione del reato di clandestinità ”produrrebbe una crescita abnorme di ineffettività del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di ulteriori processi privi di reale utilità sociale e condannato per ciò alla paralisi”.

Nell’appello si chiede infine il rispetto delle garanzie fondamentali riconosciute dalla Costituzione a tutte le persone, ricordando anche un’altra sentenza della Consulta, che nel 1995 dichiarò illegittimo il reato di "mendicità". Nel testo si dice infatti che “non si può non cogliere con preoccupata inquietudine l’affiorare di tendenze a considerare le persone in condizioni di povertà come pericolose e colpevoli”.

Leggi l’appello integrale

Antonia Ilinova

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