Difficoltà linguistiche e burocratiche, disinformazione, diversità culturali. Al congresso della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia “La Salute al Femminile Tra Sostenibilità e Società Multietnica”
Roma – 17 ottobre 2016 – Negli ospedali italiani, una volta su cinque, a partorire sono donne straniere. Di queste madri sette su dieci sono originarie di Paesi al di fuori dell’Unione Europea. E il 13% di loro ha difficoltà nello svolgere pratiche burocratiche e amministrative per accedere alle prestazioni sanitarie. Ci sono poi nuove emergenze da affrontare legate alla questione dei profughi. Da inizio anno oltre 15mila donne hanno attraversato il Mediterraneo e sono sbarcate sulle coste della Penisola dopo viaggi pericolosi. Alcune di loro sono in gravidanza e costrette, a volte, a partorire in condizioni estreme.
“E’ fondamentale che a tutte queste donne sia garantita la migliore assistenza sanitaria, soprattutto nel momento del parto ma anche in tutte le altre fasi della vita”. E’ questo l’appello lanciato ieri dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) alle Istituzioni in occasione dell’apertura dei lavori del suo 91° congresso nazionale dal titolo La Salute al Femminile Tra Sostenibilità e Società Multietnica.
“In Italia risiedono persone di 200 diverse nazionalità – afferma il prof. Giovanni Scambia Direttore del Dipartimento Tutela della Salute della Donna della Cattolica di Roma e Presidente del Congresso di Roma-. Le donne in età fertile sono oltre 1 milione e 700mila. Sono numeri importanti e destinati per forza a crescere con il passare degli anni. Le difficoltà linguistiche per esempio rischiano di allontanare dai nostri reparti donne che invece avrebbero bisogno di un aiuto. Gli stranieri provengono nella maggioranza dei casi da Paesi con una diversa concezione della maternità, della sessualità e più in generale del ruolo della donna. Noi ginecologi quindi abbiamo una sfida ancora più delicata da affrontare”.
“Le migranti che risiedono regolarmente in Italia godono in genere di buona salute e prestano attenzione agli stili di vita – sottolinea il prof. Enrico Vizza Segretario Nazionale SIGO e Presidente del Congresso di Roma -. L’86% dà un giudizio positivo sul proprio benessere. Tra le extra-comunitarie l’83% non ha mai fumato una sigaretta. Per sei su dieci il peso corporeo rientra nei parametri corretti. Sono quindi persone che corrono meno rischi di insorgenza di gravi malattie. Tuttavia noi siamo gli specialisti che devono affrontare gli aspetti più intimi della salute femminile. Dobbiamo prestare grande attenzione a come ci approcciamo a questa particolare categoria di donne”.
“L’80% delle adolescenti d’origine straniera non è mai andata dal ginecologo. Mentre “solo” il 30% delle loro coetanee italiane ha fatto altrettanto – sottolinea il prof. Paolo Scollo Presidente Nazionale SIGO – Comportamenti sessuali pericolosi e mancato utilizzo di contraccettivi sono due fenomeni molto diffusi che devono essere al più presto contrastati. Infatti nel nostro Paese un’interruzione volontaria di gravidanza su tre è praticata da una straniera. La prevenzione deve cominciare dalle scuole attraverso una maggiore informazione per tutti i ragazzi. Possiamo dare il nostro contributo per esempio formando gli operatori e gli insegnanti che dovranno tenere agli studenti lezioni di educazione alla sessualità e affettività”.
La società italiana sempre più multietnica è al centro anche del 56° Congresso Nazionale dell’AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani) e del 23° Congresso Nazionale dell’AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani) che si svolge a Roma insieme a quello SIGO.
“Le madri straniere che partoriscono nei nostri reparti materno-infantili presentano caratteristiche leggermente diverse rispetto alle altre – sottolinea il prof. Vito Trojano Presidente Nazionale AOGOI -. L’età media si attesta a 29 anni contro i 32 delle italiane. Più della metà sono casalinghe e hanno una scolarità medio-bassa. Minore risulta anche il ricorso al taglio cesareo. Solo il 28% delle gestazioni termina con un’operazione chirurgica. Tra le donne originarie del Belpaese la quota sale al 37%. I punti nascita devono quindi essere riorganizzati tenendo conto di queste differenze”.
“Anche la formazione dei medici specialisti deve svolgere un ruolo importante – conclude il prof. Nicola Colacurci Presidente Nazionale AGUI -. Tutti noi ginecologi dobbiamo riaggiornare le nostre conoscenze alla luce dei nuovi fenomeni sociali che stanno investendo l’Italia negli ultimi anni”.