“L’apertura di luoghi di culto è un aspetto della libertà di religione”. Depositata la sentenza della Consulta che ha cancellato le nuove norme introdotte dalla Regione Lombardia. Il testo integrale e la sintesi
Roma – 25 marzo 2016 – La Repubblica italiana è laica, ma proprio per questo “salvaguardia della libertà di religione” in un regime di “pluralismo confessionale e culturale”.
La libertà di esercitare un culto “è un aspetto essenziale della libertà di religione” prevista dalla Costituzione ed è perciò riconosciuta “egualmente a tutti e a tutte le confessioni religiose a prescindere dalla stipulazione di una intesa con lo Stato”. L’apertura di luoghi di culto è “forma e condizione essenziale” della libertà di culto.
È da queste premesse che la Corte Costituzionale è partita per cancellare alcune delle norme della cosiddetta “legge anti moschee” varata dalla Regione Lombardia con i voti di Lega Nord e centro-destra. Ieri è stata depositata la sentenza, che spiega quali misure volute dal governatore Maroni e dalla sua maggioranza sono incostituzionali, e perché.
La legge regionale 2/2015 della Lombardia poneva dei paletti aggiuntivi per le confessioni religiose che, come quella islamica, non hanno stipulato patti con lo Stato Italiano.
Dovevano infatti dimostrare di avere una presenza “diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale”, un insediamento “significativo” nel Comune dove si volevano costruire luoghi di culto e le realtà religiose dovevano avere statuti che esprimessero la “finalità religiosa” e il rispetto dei valori costituzionali. A valutare questi requisiti avrebbe dovuto essere un organo nominato dalla Regione, tra l’altro non ancora istituita.
Per la Consulta queste norme sono incostituzionali, perché violano il principio di uguaglianza nella libertà di religione e di culto e perché la competenza nei rapporti con le singole confessioni religiose è dello Stato e non delle Regioni.
La legge regionale dice anche che i Comuni possono revocare la convenzione stipulata con le confessioni non cattoliche se accertano che queste svolgono nei luoghi di culto attività non previste dalla convenzione. In questo caso la Corte ha detto che la norma è legittima solo se applicata in modo ragionevole e proporzionato: la revoca deve essere un rimedio estremo, solo se non ne esistono altri, meno severi, per tutelare l’interesse pubblico.
Incostituzionali sono state giudicate anche le norme che prevedono che prima dell’approvazione del “piano per le attrezzature religiose”, nel quale andrebbero previste le moschee e gli altri luoghi di culto, ci fosse una consultazione con forze dell’ordine e cittadini sui possibili problemi di ordine pubblico. Così come quelle che imponevano la predisposizione di sistemi di videosorveglianza collegati alla Polizia. Anche in questo caso infatti, la Regione ha invaso la competenza esclusiva dello Stato sulle politiche di sicurezza.
La Corte si è espressa anche sulla “congruità con le caratteristiche del paesaggio lombardo” che la legge impone ai nuovi edifici. Ok alla norma, ma solo se interpretata nel senso che il rispetto delle caratteristiche del paesaggio lombardo semplicemente coincidere con il rispetto del piano territoriale regionale, evitando applicazioni arbitrarie. Non può essere insomma lasciato al gusto personale di questo o di quell’amministratore, magari leghista, decidere se una moschea non si addice allo skyline del suo Comune.
EP
Leggi
La sentenza della Corte Costituzionale