Roma – 28 novembre 2013 – Il lavoro delle badanti, figure indispensabili in un Paese sempre più vecchio, è welfare privato che supplisce le mancanze dello Stato, il cui costo ricade tutto sulle spalle delle famiglie italiane. I datori di lavoro dovrebbero quindi avere la possibilità di dedurre completamente dal loro reddito i contributi e le retribuzioni versate, un intervento che sarebbe anche un’arma fondamentale contro il sommerso, dilagante nel settore domestico.
È la proposta rilanciata oggi dall’ Associazione Nazionale tra i Datori di Lavoro Domestico (Assindatcolf), che ha celebrato con un convegno alla Camera dei Deputati il suo 30° anniversario.
L’Italia, secondo una ricerca del Censis citata dall’associazione, è tra i tre più grandi mercati di lavoro domestico in Europa. Questo impiega soprattutto donne (82,4% del totale), e si appoggia per lo più su manodopera immigrata (77,3% del totale). È in continua crescita: se nel 2001 i lavoratori domestici erano 1.083.000, nel 2013 sono diventati 1.655.000, con un aumento del 53%.
In particolare, le assistenti familiari (o badanti) sono 830.000, 747.000 delle quali, il 90%; straniere. Solo il 38% di queste ha un contratto regolare, il 62% è in nero o in grigio. Tra le italiane, l’incidenza del sommerso è anche maggiore, con solo il 26,4% totalmente regolari.
La domanda continuerà a crescere perché aumenterà il numero degli anziani bisognosi di cura: l’indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra la fascia di popolazione che ha dai sessantacinque anni in su e quella tra zero e quattordici anni, è passato dal 127,1 registrato nel 2001 al 142,8 del 2008. L’Italia, inoltre, è il paese europeo con il minor numero di anziani ospitati in case di riposo.
“Nell’economia del Paese, ed in particolare di quella della famiglia, il lavoro domestico sta diventando sempre più rilevante.In un Welfare che lo Stato non riesce più a garantire in un modo universale, si vuole evidenziare che l’assistenza a soggetti non autosufficienti, bambini e anziani, rende gravoso per le famiglie l’onere dell’autogestione” dice Renzo Gardella, Presidente di Assindatcolf. Il vicepresidente Andrea Zini parla sottolinea la “domanda concreta di aiuto che le famiglie datrici di lavoro incessantemente ci segnalano: la gravosità dell’assistenza ai familiari non autosufficienti. Sia per il tempo che per la spesa che i singoli nuclei debbono sostenere”.
Luigi Golzio, docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia, definisce una “discriminazione” “non permettere al datore la detrazione del costo del lavoro domestico dal proprio reddito, ad eccezione di caso, limitato, dell’assistenza per anziani non autosufficienti e della deduzione parziale dei contributi previdenziali”. Ma punta il dito anche contro il “mancato riconoscimento da parte dello Stato della convenienza dell’assistenza sociale e sanitaria gestita dalla famiglia rispetto a quella gestita dalle strutture pubbliche”.
L’attuale regime delle deduzioni parziali dei contributi INPS e della detrazione del costo per gli anziani non autosufficienti, sottolinea Assindatcolf, ha fallito come incentivo per l’emersione del lavoro nero e dell’evasione fiscale. Questo perché solo la detrazione/deduzione non inferiore al 100% del costo del lavoro o dei contributi determina l’interesse a stipulare contratti regolari.
Di qui la proposta dell’associazione. “Chiediamo la deducibilità dell’intero costo del lavoro della badante ai fini del calcolo dell’imponibile a condizione della stipula del contratto di lavoro domestico regolare, accompagnato da ferrei controlli e sanzioni per gli eventuali evasori. Il consenso delle badanti richiederebbe la restituzione dei contributi (assegno, più conveniente per lo Stato) anche in assenza dei requisiti per la pensione, rispetto all’attuale corresponsione della pensione ai previsti limiti di età”.
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