Roma – 26 settembre 2011 – Dal dicembre 2010, i cittadini di Albania e Bosnia Erzegovina non hanno bisogno di visti per entrare in Italia e negli altri Paesi dell’area Schengen, a patto che il soggiorno duri al massimo novanta giorni e non sia dettato da motivi di lavoro. La stessa agevolazione è stata riconosciuta nel 2009 ai cittadini di altri tre paesi balcanici: Serbia, Montenegro e Macedonia.
La liberalizzazione dei visti serve per avvicinare all’Unione europea i Paesi balcanici ed è stata decisa dopo che questi hanno rafforzato i controlli ai loro confini, hanno contrastato più decisamente la criminalità organizzata e la corruzione e si sono dotati di passaporti più sicuri. C’è però una clausola di salvaguardia: se saranno gli arrivi saranno troppi e si accompagneranno a domande di asilo ingiustificate potranno essere reintrodotti i visti.
A quanto pare sta suonando il campanello d’allarme, soprattutto per le domande d’asilo presentate da cittadini di questi Pesi in Germania, Belgio e Svezia e Lussemburgo.
“Il commissario europeo agli Affari interni, Cecilia Malmstrom e’ molto preoccupato per l’aumento del numero di richieste di asilo infondate da cittadini di alcuni dei paesi dei Balcani occidentali, in diversi Stati membri dell’Ue” ha detto venerdì scorso il suo portavoce Michele Cercone. Se i Paesi d’origine dei richiedenti asilo non interverranno ”in maniera rapida ed appropriata”, ”potrebbero essere messi a rischio i risultati del regime di liberalizzazione dei visti”.
Il 20 settembre Malmstrom ha scritto ai ministri degli Interni di Serbia, Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro e Macedonia, chiedendo di essere informata sulle misure che avrebbero adottato per contrastare la strumentalizzazione della liberalizzazione dei visti. UN tema che sarà all’oridne del girono anche il 3 e 4 ottobre, durante il forum Ue-Balcani che si terra’ a Ohrid, in Macedonia.
EP