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Banlieu. “Alto potenziale di rischio in Italia”

Studio dell’Università Cattolica: "Un singolo episodio può scatenare manifestazioni violente"

Roma – 10 maggio 2010 – L’Italia non è la Francia, ma le sue potrebbero essere bombe a scoppio ritardato.  Lo sostiene la ricerca ‘Processi migratori e integrazione nelle periferie urbane’ promossa dal Ministero dell’interno e realizzata dall’Università Cattolica, presentata oggi a Milano.

Sono state analizzate sei realtà territoriali: due quartieri di Milano, due di Roma, Acerra in provincia di Napoli e Chieri in provincia di Torino. "Si e’ riscontrata una bassa conflittualità manifesta, ma un alto potenziale di rischio, con la possibilità dell’emersione improvvisa del conflitto" sintetizza Vincenzo Cesareo, docente della Cattolica che ha illustrato lo studio.

Le rivolte di Castel Volturno, Rosarno o via Padova a Milano dimostrerebbero che  “anche un singolo episodio può fungere da catalizzatore di contrasti latenti, cioè da causa scatenante di manifestazioni violente". Ma percorrendo al penisola ci si accorge che tra Centro-Nord e Sud c’è una "sempre più marcata" differenza.

Nelle prime regioni "si registra -secondo la ricerca- una maggiore concentrazione di immigrati rispetto al Mezzogiorno, dove però  sono più elevate le criticità". Se la capacità di assorbimento del Nord e’ "condizionata dalla situazione del mercato del lavoro", il Sud si caratterizza per una "maggiore invisibilità sociale".

Poco incoraggianti i dati sull’immigrazione clandestina: al primo gennaio sono poco meno di 5milioni gli stranieri in Italia, ma la ricerca stima 544mila gli irregolari, il 10,7% del totale. E verificando che i tassi di incidenza di autori di reati sono più alti tra la popolazione straniera che in quella italiana, specifica che “non si può affermare l’esistenza di una correlazione diretta tra presenza straniera e criminalità, se non con riferimento ai soli immigrati irregolari".

Nelle aree spesso si crea "un circolo vizioso tra il degrado edilizio e la presenza di immigrati, rafforzando e alimentando dinamiche di segregazione sociale e territoriale". La ricerca, pero’, evidenzia anche "la difficolta’ dei processi di integrazione delle nuove generazioni di immigrati: il disagio scolastico e la carente socializzazione dei minori stranieri sono segnali e cause di malessere che possono comportare gravi conseguenze per il futuro".

"Se, almeno finora, non si possono assimilare le tensioni verificatesi nelle periferie urbane italiane a quelle delle banlieu francesi, non va però escluso che ciò possa avvenire in futuro. Le criticità sono tali da non essere sottovalutate" avveertono i ricercatori.

Come scongiurareil pericolo? Tra gli strumemnti indicati, "contrastare la concentrazione eccessiva" degli stranieri nei quartieri ghetto, così come puntare su "una maggiore collaborazione e un miglior coordinamento tra le istituzioni". E un monitoraggio "dei fattori di rischio in aree urbane sensibili che possono diventare laboratori di intervento sociale per favorire i processi di integrazione e -conclude la ricerca- migliorare la sicurezza urbana".

Secondo il ministro dell’Interno Roberto Maroni, vanno coinvolti i comuni e i sindaci, guardando alla Verona di Flavio Tosi. "Li’ – detto il ministro  – il rigore contro l’immigrazione clandestina e’ massimo. Rispetto delle regole e rigore significa anche possibilita’ di integrarsi meglio. E’ quindi un binomio inscindibile che pero’ deve vedere l’azione comune del ministero dell’Interno, delle forze dell’ordine e di chi ha il compito di investire nelle politiche sociali, cioè le autonomie".

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