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Bergamo. La questura: “Il no al velo? È colpa dei computer”

I musulmani: "Per le foto dei documenti ci chiedono di togliere l’hijab, ma la legge italiana lo ammette"

Bergamo – 14 ottobre 2008 – La questione “velo” ogni tanto torna a parlare di sé. A quanto pare l’argomento non è pienamente compreso e neanche gestito in modo ottimale. Perché i musulmani che vivono a Bergamo chiedono che le loro donne possano indossare "il fazzoletto della discordia" anche sulle foto che le ritraggono nei documenti. Consapevoli della normativa in vigore (che impone "tratti del viso ben visibili"), non si riferiscono certo al burqa, bensì all’hijab, il velo che cinge il capo ma lascia scoperto il volto.

E per difendere i propri diritti, la comunità muoverà oggi la propria richiesta ufficialmente in un incontro con il prefetto Camillo Andreana.

"Più volte è capitato che venisse chiesto alle nostre donne di spostare il velo o di toglierlo, altrimenti non ci avrebbero rilasciato il documento – spiega Mohamed Saleh, vicepresidente del Centro islamico di via Cenisio a Bergamo -. Nel sito del Ministero dell’Interno si dice invece che il velo, che lascia libero il volto, è permesso. Allora perché queste difficoltà? Ci risulta che per altre categorie di persone, come le suore ad esempio, non si faccia alcun problema. Così abbiamo chiesto un incontro con il prefetto".

Secondo Camillo Andreana si tratta di un "non problema". "Non é vietato – chiarisce il prefetto – avere sui documenti di identità fotografie che ritraggano il soggetto con il velo in testa. Questo incontro con il Centro islamico è importante per fissare in modo chiaro il rispetto reciproco: chi vuole integrarsi in Italia deve attenersi a quanto dice la nostra legge. E dall’altra parte, invece, deve esserci la tutela dei costumi diversi dai nostri, sempre nel rispetto delle regole".

Ma in realtà pare che sia di nuovo tutta colpa dei computer. Perché dalla questura spiegano che è solo un fatto tecnico: i macchinari rifiuterebbero le fotografie che hanno la superficie del volto giudicata dal computer insufficiente per l’identificazione.

Ecco le foto con il velo che il Ministero dell’Interno ammette e non ammette sui documenti di identità:

Antonia Ilinova

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