Roma – 10 gennaio 2012 – Tagliare la burocrazia e migliorare l’utilizzo del capitale umano attraendo cervelli e manodopera qualificata.
Sono gi obiettivi di una riforma dell’immigrazione necessaria, che però il governo Monti non ha inserito nella fase due della sua azione. Eppure, scrive oggi Tito Boeri su Repubblica, una riforma “sarebbe in grado di aumentare il potenziale di crescita della nostra economia e di tagliare sprechi di denaro pubblico”.
“Il fatto stesso di trattare di immigrazione nell’ambito di un pacchetto per la crescita – sottolinea l’economista – sarebbe il segnale di un cambiamento di prospettiva, un rovesciamento dell´atteggiamento politico e culturale sin qui prevalente, che ha visto nell´immigrazione solo gli sbarchi di clandestini a Lampedusa e i danni legati alla criminalità. L´immigrazione, se ben gestita, può aiutarci a tornare a crescere e contribuire a farci superare la crisi del debito”.
Secondo Boeri “il nostro Paese sta già chiedendo un contributo fiscale molto rilevante agli immigrati, anche senza contare questo ennesimo balzello lasciatoci in eredità da Giulio Tremonti [la tassa sui permessi di soggiorno n.d.r.”. La pressione fiscale ha da noi raggiunto quasi il 50 per cento, portando via metà del reddito generato da tutti coloro che operano in Italia, immigrati compresi. Potrebbero decidere di andare a lavorare altrove, privando di assistenza molti anziani non più autosufficienti e impedendo così ai loro famigliari di lavorare”.
Bisognerebbe invece “ favorire la progressione sociale e professionale degli immigrati che vogliono lavorare legalmente da noi”. Oggi però “questa progressione è bloccata dagli ostacoli imposti dalla legge Bossi-Fini all´immigrato che vuole cambiare lavoro per aumentare il proprio reddito, dalla difficoltà di ottenere il riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali acquisiti all´estero e dall´impossibilità di accedere ai concorsi pubblici”.
Ne fanno le spese anche le seconde generazioni. “su cui tipicamente si cementa l´integrazione delle minoranze nei Paesi di accoglienza”.”Per incentivare i figli degli immigrati a integrarsi e a investire in istruzione, bisognerebbe invece premiarli concedendo loro il permesso di soggiorno di lungo periodo o addirittura la cittadinanza in caso di merito scolastico”.
Per attrarre cervelli dall’estero, Boeri propone poi “di garantire a chi si iscrive a un dottorato in Italia di avere un visto per tutta la durata del proprio corso di studi”, e al termine di questo “un permesso di soggiorno che permetta loro di cercare (o di crearsi) un lavoro all´altezza delle proprie competenze”.
“Il principio – conclude l’economista – deve essere quello di coinvolgere le scuole e le università nella valutazione e nella selezione degli immigrati. Hanno tutti gli incentivi a scegliere bene i propri studenti. E sono in grado di compiere queste valutazioni molto meglio della burocrazia creata dalla Lega”.