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Bonus bebè. Può chiederlo anche chi ha un “normale” permesso di soggiorno

Il sistema online dell’Inps non è riservato solo ai titolari di carta di soggiorno. I patronati agli immigrati: “Inviate le domande, se le respingono faremo ricorso”

 
Roma –  1 giugno 2015 – Hanno atteso il bonus bebè per mesi, ma quando è arrivato sono stati tagliati fuori. Per mamme e papà immigrati non è detta però l’ultima parola…
 
Facciamo un po’ di ordine. La legge che ha istituito il bonus  (fino a 160 euro al mese per tre anni ai neogenitori)  dice che i cittadini stranieri possono averlo solo quando sono titolari di un permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (la cosiddetta carta di soggiorno), di un permesso per asilo o per protezione sussidiaria.   
 
Quella legge  però contrasta con una direttiva europea, già in vigore, secondo la quale i titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare devono essere equiparati ai cittadini comunitari (e quindi anche agli italiani) per il godimento delle prestazioni sociali. Il bonus bebè, quindi, spetterebbe anche a chi per esempio ha un permesso per lavoro autonomo o subordinato, per attesa occupazione o per motivi familiari
 
L’Inps, nella circolare con i dettagli sul bonus , si è attenuta alla legge italiana (requisito: carta di soggiorno), però poi ha lasciato aperta una porticina: il suo sistema online permette anche a chi ha un permesso diverso dalla carta di soggiorno di compilare e inviare la domanda. È per questo che diversi patronati stanno consigliando agli immigrati titolari di un permesso valido per lavorare di provarci comunque
 
È così, ad esempio, per i patronati Inca Cgil. Ma anche Anolf e Inas di Milano scrivono:  “Sulla base degli orientamenti della giurisprudenza in tema di discriminazione, che già in passato ha esteso ai titolari di permesso di soggiorno analoghi benefici  il Bonus bebè deve essere riconosciuto e concesso a chi ha un permesso valido per lavorare. Per tutti questi soggetti verranno, quindi, inviate le relative domande all’Inps”.
 
Che fine faranno quelle domande? “Appare evidente  – spiega Inca Cgil – che allo stato attuale saranno respinte. Sarà pertanto necessario procedere ad inoltrare i ricorsi amministrativi e giudiziari”. “Poiché verosimilmente le domande non verranno accolte, ci impegneranno a tutelare gli stranieri per l’eventuale ricorso” promettono Anolf e Inas Milano.
 
Insomma, il consiglio è di inviare comunque la domanda, che gratuita, rispettando i termini: entro 90 giorni dalla nascita/adozione del bambino o entro il 27 luglio 2015 per quelli nati tra il  1 gennaio e il 27 aprile 2015.  Se verrà respinta, si potrà fare ricorso, con buone speranze di vincerlo, ma la speranza maggiore è che intanto il governo o l’Inps cambino idea, adeguandosi finalmente  alla normativa europea e aprendo il  bonus bebè a tutti gli immigrati.
 
Stranieriinitalia.it
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