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Bonus bebè solo ai bimbi italiani, ancora discriminazioni

Un regalo da 200 euro ai nuovi nati in un piccolo centro in provincia di Lodi. Ma la giunta comunale esclude i figli degli immigrati

 

Roma – 14 febbraio 2017 – Terranova dei Passerini è un paese con meno di mille abitanti in provincia di Lodi. Dall’Unità d’Italia a oggi, la popolazione di questo piccolo centro agricolo  si è praticamente dimezzata. Ogni fiocco rosa o azzurro che compare sulle porte delle sue case dovrebbe essere, quindi, occasione di festa per tutti.

La giunta comunale di centro-destra, però, fa dei distinguo. Per il sindaco Roberto De Poli, il suo vice Matteo Belloni e l’assessore Giovanni Bruschi, l’evento è davvero lieto solo se il bambino è italiano, i figli degli immigrati (in paese ci sono una cinquantina di residenti stranieri) non contano. 

Tutto messo nero su bianco anche lo scorso 26 gennaio, quando si sono riuniti per deliberare all’unanimità (in tre, deve essere stata un’impresa…) le regole per l’erogazione di un “contributo ai neonati di Terranova dei Passerini”. Un bonus bebè, insomma, che si aggiunge a quello dello Stato. 

Nella delibera si legge che l’amministrazione vuole “attivare politiche a sostegno della famiglia ed esprimere ammirazione per quelle coppie che decidono di dare la vita in un momento così delicato della vita economica e sociale italiana e del mondo intero”.   Così come “seguire i cittadini di questo Comune sin dalla nascita, e, in particolare, aiutarli nel rapporto con le istituzioni”. 

Infine, De Poli, Belloni e Bruschi vogliono “esprimere, con un contributo economico, il proprio augurio ai nascituri ed ai loro genitori, riconoscendo che proprio la nascita di un figlio è il momento più importante per la vita di una coppia”. Ecco allora il regalino una tantum ai nuovi nati: 200 euro, che non saranno molti, ma, come si dice, buttali via…

La delibera definisce anche i requisiti. Uno è che “la madre e il nascituro devono essere residenti a Terranova dei Passerini al momento della nascita e per i successivi sei mesi”. L’altro è “essere cittadino italiano”. Ecco servita, ancora una volta, la discriminazione a misura di bambino.

 

Elvio Pasca

 

 

 

 

 

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