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Cap Anamur: tutti assolti

Erano accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dopo il salvataggio di 37 naufraghi. La nave attese tre settimane prima di poter attraccare

Palermo – 7 ottobre 2009 – Si è chiuso oggi ad Agrigento, con tre assoluzioni piene, il caso della Cap Anamur, nave dell’omonima associazione umanitaria tedesca protagonista di un controverso salvataggio nel Canale di Sicilia.

Il 20 giugno 2004, la Cap Anamur intercettò e caricò a bordo 37 migranti che andavano ormai alla deriva su un gommone. Quando però chiese di sbarcarli sulle coste siciliane iniziò un lungo scaricabarile tra Italia, Malta e Germania.

Secondo il nostro governo, la nave era entrata in acque maltesi, e quindi avrebbe dovuto attraccare a Malta, mentre dei richiedenti asilo dovevano occuparsi le autorità di Berlino perché la Cap Anamur batteva bandiera tedesca.

Le trattative durarono tre settimane e solo il 12 luglio la nave attraccò a Porto Empedocle. All’arrivo, il comandante Stefan Schimdt, il primo ufficiale Vladimir Dachkevitce e il presidente dell’associazione Elias Bierdel furono però arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la Cap Anamur fu sequestrata.

La vicenda giudiziaria è andata avanti per cinque anni, stamattina è arrivato l’ultimo atto. I pm avevano chiesto 4 anni di reclusione per Schimdt e Bierdel e l’assoluzione per Dachkevitce, ma i giudici del tribunale di Agrigento hanno assolto tutti gli imputati "perchè il fatto non costituisce reato".

"Questa sentenza e’ importante per tutti quelli che fanno del bene. L’unico rammarico che ho e che col denaro speso per seguire il processo per cinque anni si poteva fare del bene alla gente e risolvere tante emergenze legate al fenomeno dell’immigrazione clandestina” ha detto il comandante Schimdt dopo il verdetto.

Soddisfatto anche il consiglio Italiano per i Rifugiati. "Una condanna – sottolinea il direttore Christopher Hein – avrebbe rappresentato un segnale disastroso per tutti coloro che nel Mediterraneo sono esposti quotidianamente al salvataggio di vite umane; chi soccorre le persone in mare avrebbe infatti avuto il sospetto e il timore di compiere un’attività illecita in totale disaccordo con gli obblighi derivanti sia dalla legge internazionale che dall’antica tradizione marittima”.

EP

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