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DEFLAZIONARE LA POPOLAZIONE CARCERARIA E’ NECESSARIO MA NON
BASTA
Roma, 24. gen. (Adnkronos) – “Le carceri? Scoppiano.
Clandestinita’ e marginalita’ ne sono gli ingredienti principali.
Deflazionare il contingente penitenziario e’ necessario, ma non
basta”. A dirlo all’Adnkronos e’ Gian Carlo Caselli, procuratore capo
di Torino, da sempre in prima linea sui problemi della giustizia.
“Occorre alzare lo sguardo e mettere mano alle questioni che vengono
risolte sbrigativamente con il carcere e che determinano la questione
carceraria: l’immigrazione, il consumo di stupefacenti, la malattia
mentale e la marginalita’ senza piu’ alcuna protezione”.
“Se diminuisce la spesa sociale, aumentano quella sanitaria e
penale”, prosegue il magistrato, che al problema delle istituzioni
penitenziarie dedica una parte del suo nuovo saggio “Assalto alla
giustizia” (Melampo editore). In tempi di crisi economica, spiega,
potrebbe essere utile invertire la tendenza. “Se la pena per un
tossicomane, invece che una ‘porta girevole’, diventasse una via alla
riabilitazione che tenesse conto della sua fragilita’, potrebbero
diminuire i costi umani che la cecita’ tariffaria reitera. Senza
accorgersi, oltretutto, che un presunto principio di giustizia
s’infrange appena usciti dal carcere per la necessita’ di ‘farsi'”.
– Quanto agli stranieri (ormai il 47,9% della
popolazione dietro le sbarre), gli operatori penitenziari “concordano
nel riscontrare l’impegno di quelli che sono ammessi al lavoro interno
o esterno -aggiunge Caselli- Ma al termine della pena costoro vengono
espulsi o tornano nel limbo della clandestinita’. Allora perche’ non
pensare al carcere come momento di emancipazione anche per loro? Se il
carcere fornisse gli strumenti per salvaguardare l’esigenza di
migliorare la propria vita che spinge ad emigrare e’ molto probabile
che lo straniero sfuggira’ al e dal crimine e contribuira’, in patria
o in Italia, allo sviluppo sociale ed economico”.